Italia
Le ultimissime notizie sugli scenari azionari internazionali di Telecom Italia hanno portato alla ribalta Marco Fossati, investitore italiano da sempre molto critico con il management che guida l’azienda, responsabile a suo dire dell’erosione del valore delle sue azioni e che per questo dovrà sottoporsi in Assemblea ad una mozione di sfiducia che rischia di travolgere per la prima volta l’intero CDA.
In questo articolo vogliamo occuparci di Marco Fossati non tanto per le vicende note e dichiarate che afferiscono ad esempio ai suoi rapporti con Franco Bernabè e Marco Patuano. Il primo, essendosi dimesso, è diventato ora un prezioso alleato, essendo l’ex presidente esecutivo stesso un piccolo azionista che vede le cose da una prospettiva capovolta, quella di Asati. Discorso diverso per Patuano, ex braccio destro di Bernabè, che l’ha sostituito alla guida di Telecom, ed è tacciato di aver portato l’operatore italiano su un terreno iberico e di averlo escluso dalla partita del convertendo.
Ma vediamo nel dettaglio che è successo.
All’indomani della scalata di Telefonica in Telco, la scatola che controlla Telecom Italia, si sono verificate reazioni scomposte. La politica italiana è corsa ai ripari tentando di modificare le percentuali dell’OPA e intervenendo sul c.d. golden power per garantirsi una sorta di rivalsa nazionale sull’infrastruttura strategica qualora finisse in mani straniere. Franco Bernabè si è quindi dimesso in polemica con il CDA che non ha accettato l’aumento di capitale e nemmeno di trovare altre risorse all’esterno. Le cronache giornalistiche ci hanno riferito di azioni lobbistiche di un Marco Fossati agguerritissimo, impegnato in prima persona su scenari internazionali, tutto teso ad accumulare una massa critica sufficiente per estromettere gli attuali amministratori di Telecom.
Ma nessuno però, eccezion fatta per Il Sole24Ore, si è premurato di dirci cosa era accaduto il giorno prima della scalata di Telefonica, ossia che Fossati aveva cercato di vendere la sua quota proprio agli spagnoli ma non ci sarebbe riuscito. Un dettaglio non trascurabile perché di conseguenza il patron di Findim si è messo a rastrellare sul mercato lui stesso altre azioni fino a salire sopra la quota critica del 5% con un valore azionario che gli ha consentito di poter convocare l’assemblea. E neanche a dirlo il punto primo dell’Ordine del Giorno riguarda l’azzeramento dell’attuale CDA.
In questo periodo Marco Fossati è volato a incontrare investitori forti per creare un sodalizio finanziario capace di piegare il 22% di Telefonica in Assemblea, cambiare tutti gli amministratori e avviare il nostro operatore nazionale a diventare una public company. Era stato sentito pure il fondo americano BlackRock, un nome che ci tornerà utile a breve, quando parleremo della ‘notte dei lunghi coltelli’.
Il 7 novembre scorso è stata pubblicata sul sito di Telecom Italia la notizia dell’emissione di un convertendo da 1,3 miliardi, ossia obbligazioni che si trasformano in azioni. Appresa la notizia Fossati ha telefonato nel pomeriggio a Domenico Siniscalco che guida Morgan Stanley Italia incaricata di gestire l’emissione. Ma Siniscalco non ha saputo fornirgli alcun dettaglio negando perfino di essere stato informato. E così la mattina dopo Fossati si è ritrovato con un pugno di mosche in mano: in sole tre ore tutti i convertendo sono stati collocati e Telefonica, Blackrock e Och-Ziff hanno fatto la parte del leone.
A giochi fatti, Domenico Siniscalco si è dovuto dimettere da Assogestioni per conflitto di interessi. La Consob invece ha aperto un’istruttoria ma ormai è tardi perché un’operazione “con parti correlate di maggiore rilevanza” si può fare. Dunque Telecom Italia potrà difendersi in questo procedimento, rischiando magari di essere sanzionata con appena 10 milioni di euro per non aver seguito procedura e tempistiche in una maxi operazione da 1,3 miliardi di euro.
Fossati, dobbiamo riconoscerlo, in questa partita non si è mai arreso e tra un convegno e un altro, si è lasciato sfuggire di aver investito in F2i. Si stava giusto affrontando il dibattito sul conflitto di interessi che affligge alcuni consiglieri che provengono da Nokia e Telefonica che Fossati ha pensato bene di non essere da meno e di spostare una ventina di milioni dentro la scatola di Vito Gamberale. Sì, perché F2i è partecipata da Cassa Depositi e Prestiti e controlla F2i Reti e infrastrutture di TLC sorretta a sua volta da FSI, il fondo strategico di CDP, e che ha cambiato nome diventando Metroweb Italia con alla guida l’attuale Presidente di CDP Franco Bassanini.
Il disegno di Fossati dunque è chiaro e dal 2007 ad oggi non sembra essere cambiato molto. Se già cinque anni fa chiedeva l’azzeramento del management e l’intervento diretto di CDP dentro Telecom Italia oggi che ha spostato il suo interesse su F2i sembra proprio voler andare fino in fondo. Sicuri segni ci dicono che la partita è ancora aperta. Da un lato la società di consulenza Glass Lewis ha perorato le tesi di Fossati per cui i bond emessi letteralmente “overnight” da Patuano “hanno avvantaggiato Telefonica a danno degli altri azionisti”. Chiedendo esplicitamente un rinnovo del board, Glass Lewis ha rafforzato di molto la posizione di Fossati nella prossima Assemblea.
Come se non bastasse, nel frattempo si è aperta la partita del Brasile. Si, perché se nessuno è riuscito a frenare la scalata di Telefonica, ci ha pensato CADE, l’Antitrust brasiliana, a sanzionare pesantemente l’operatore spagnolo intimandogli di limitare la sua quota in Telco, visto che Telecom Italia controlla anche TIM Brasil. O in alternativa, Telefonica deve rinunciare ad alcune quote di Vivo. Sul Brasile che è strategico per Telefonica, si gioca la sopravvivenza di Telecom Italia stessa, che ha già dovuto vendere i gioielli in Argentina. La prospettiva di una public company si avvicina ma non è ancora dietro l’angolo.