Europa
Una nuova tegola si abbatte sulla direttiva europea in materia di protezione dei dati personali, dopo la ‘frenata’ di molti Stati membri nel corso del Consiglio dei ministri europei della Giustizia di venerdì: secondo Hubert Legal, capo del servizio giuridico del Consiglio europeo, il principio del ‘one-stop-shop’ – il meccanismo dello ‘sportello unico’ considerato il ‘pilastro’ della proposta della Commissione – “indebolirebbe i diritti umani”.
Sulla base di questo principio, quando il trattamento dei dati personali avviene in più di uno Stato membro, le attività di monitoraggio dovrebbero essere affidate a una singola autorità di vigilanza, ossia quella dello Stato membro in cui ha sede l’azienda che controlla o gestisce (controller e processor) i dati.
“Come consulente legale degli Stati membri, ho il dovere di avvisarvi sui pessimi risultati che si otterrebbero in fatto di rispetto del funzionamento della giustizia e di diritti umani”, ha affermato Hubert Legal (Come riferito dal Financial Times).
Anche se il meccanismo apporterebbe notevoli vantaggi alle aziende in termini di minore burocrazia, un cittadino che subisse un abuso dei dati personali dovrebbe affrontare, oltre al danno, anche la beffa, ossia le barriere linguistiche e finanziarie legate all’avvio di una causa legale in un altro stato membro. Secondo Legal, insomma, ai cittadini dovrebbe essere consentito fare causa ai colossi del web nel loor paese.
“Sportello unico per chi? Per le aziende, certo, ma non per i cittadini che dovessero subire un abuso, per i quali non sarebbe un ‘one-stop-shop’: le ‘fermate’ infatti, sarebbero almeno tre e tutte e tre potrebbero rivelarsi inefficaci”, ha aggiunto Legal.
Venerdì, la maggior parte dei paesi europei, tra cui anche l’Italia, ha espresso dubbi sul principio del ‘one-stop-shop’, che pure era stato approvato dal Consiglio europeo due mesi fa: la necessità di poter presentare ricorso nel proprio paese è stata sostenuta, oltre che dal nostro paese – rappresentato dal sottosegretario Giuseppe Berretta – anche Germania, Francia e Spagna. La Gran Bretagna si era già pronunciata in maniera negativa sull’intera impostazione della riforma.
Ovviamente amareggiata Viviane Reding, commissario Ue alla giustizia, che si lascia andare a un amaro sfogo su Twitter parlando di ‘ibernazione del Consiglio’: “I ministri – ha scritto – hanno fatto un passo indietro”, riaprendo questioni che a ottobre sembravano essere invece condivise.
“A ottobre avevamo ragioni per essere ottimisti, avendo raggiunto un accordo sul fatto che il meccanismo dello sportello unico fosse un pilastro della riforma” del data protection, ha detto ancora Reding.
“Ora – ha aggiunto – stiamo riaprendo questioni che sembravano chiuse…dov’erano i servizi legali del Consiglio a ottobre, perché non hanno letto le conclusioni del Consiglio?”
Un nuovo colpo, insomma, alla riforma che dovrebbe aggiornare una direttiva emanata nel 1995. Un ‘ribaltone’ che probabilmente farà tirare un gran sospiro di sollievo alle tech company americane, che si sono molto ‘spese’ negli ultimi tempi per convincere l’Europa ad annacquare le misure della riforma, anche se oggi sono le stesse compagnie che – travolte dallo scandalo Datagate – chiedono al Governo americano una riforma delle norme che regolano l’attività di spionaggio.