Italia
Datagate, i tre Garanti per la protezione dei dati personali – Stefano Rodotà, Francesco Pizzetti e Antonello Soro – a confronto oggi alla Camera al convegno “Datagate e Privacy: dati segreti, dati spiati, dati venduti”, promosso da Arturo Di Corinto. Una giornata di studio, per affrontare il tema scottante della tutela dei dati personali e della privacy, alla luce dell’affaire Nsa scatenato dalla talpa Edward Snowden, il contractor della National Security Agency che ha rivelato al mondo l’enorme portata della sorveglianza digitale messa in atto dagli Stati Uniti ei confronti dei suoi alleati.
“La sorpresa va ridimensionata, l’esplosione del Datagate era del tutto prevedibile, considerata la tendenza manifestata dall’amministrazione Usa dopo l’11 settembre che da quel momento ha cancellato tutte le garanzie sulla protezione dei dati personali dei cittadini stranieri”. Lo ha detto Stefano Rodotà, Garante nel periodo 1997-2005, aggiungendo che da allora nemmeno “l’Europa è al riparo, ma la linea degli Stati Uniti era assolutamente nota a tutti. Nonostante l’ipocrisia istituzionale, sulla questione dei dati Usa e Ue si sono accordati con reciproca convenienza”.
Secondo Rodotà, resta il “problema politico” , la rottura vera è arrivata con il caso Wikileaks e con le rivelazioni di Edward Snowden, la talpa del Datagate che, insieme al caso Prism “hanno riportato il tema della privacy all’onore del mondo“.
Oggi, secondo Rodotà, dopo lo scandalo Datagate, “c’è bisogno di dare una risposta istituzionale alla forte richiesta sociale di chiarezza”.
“In Italia la capacità del Governo di rispondere alla questione privacy è vicina allo zero – dice – se la risposta che si dà sul Datagate è quella di ridimensionare la vicenda, accettando l’argomento offerto dal sottosegretario Usa, secondo cui il tracciamento riguarda i meta data e non i contenuti e che quindi non c’è stato alcun danno all’Italia, allora non va bene”, sostiene il Garante, che si dice deluso dal comportamento del Governo italiano rispetto alla vicenda del Datagate, ridotto troppo in fretta ad una questione domestica.
Tanto più che, aggiunge Rodotà, la Corte Costituzionale tedesca si è espressa in materia, sostenendo che non è necessario conoscere i contenuti di una comunicazione digitale per profilare le abitudini relazionali delle persone tracciate, che rientrano nella sfera del privato.
“La Germania di Angela Merkel e il Brasile di Dilma Rousseff hanno portato la vicenda all’Onu – chiude Rodotà – la privacy non è un affare domestico, l’Italia vuole giocarla o no questa partita?”.