Italia
Dopo il riassetto di Telco e Telecom Italia, con l’ascesa di Telefonica, si delineava un percorso “fortemente problematico” e “il depauperamento di Telecom Italia” è un processo che rischia di ridurre l’azienda ad “un puro soggetto italiano”. Da questo punto di vista “non potevo condividere questa strada”. “La strada scelta non risolve i problemi di Telecom Italia, è incerta quanto a esito finale: non si capisce il punto di arrivo di questo processo”. Lo ha detto oggi al convegno dell’Asati l’ex presidente esecutivo di Telecom Italia Franco Bernabè, ripercorrendo le motivazioni che lo hanno portato a rassegnare le dimissioni.
“Io non sono contrario – ha precisato – a una fusione tra Telecom e Telefonica se fosse fatta all’interno di un grande progetto europeo. Ma non si capiva quale fosse il punto di arrivo del processo” delineato con l’aumento della quota di Telefonica in Telco. Bernabè ha poi precisato che rivolge tutto il suo “incoraggiamento al management: Patuano ha un compito difficile davanti”.
Ricordando il momento delle sue dimissioni, Bernabè ha precisato che l’azienda era “in fase di stallo”. Lui aveva suggerito, per superare l’impasse, due vie di uscita: “un robusto aumento di capitale” oppure “introdurre un investitore strategico che apportasse del denaro fresco. Né l’una né l’altra via d’uscita sono state accettate”. Bernabè ha già fatto sapere che darà le sue deleghe, come piccolo azionista di Telecom, all’Asati che oggi organizza il convegno.
Marco Fossati: ‘Sacrificare di Tim Brasil solo se si vende cara la pelle’
La cessione “di un attivo come Tim Brasil potrebbe compromettere il futuro di Telecom Italia e obbligherebbe tutti gli azionisti a mettere mano al portafoglio”, ha detto Marco Fossati, che tramite Findim detiene una quota del 5% in Telecom.
Se Telecom Italia dovesse arrivare “a fare il sacrificio” di cedere Tim Brasil “venderemo cara la pelle per far capire la differenza tra una vendita e una svendita – ha aggiunto – l’importante è che non si vada alla velocità della luce come nel caso del convertendo e della cessione di Telecom Argentina”.
in vista del cda del 20 dicembre, fossati aggiunge che “forse non avremo i numeri per ribaltare il cda, ma non finisce tutto a dicembre. dobbiamo lavorare e restare vigili”, sul futuro dell’azienda.
“Ho fatto delle critiche a Bernabè, ma chiunque, anche Steve Jobs fosse stato al suo posto non avrebbe potuto fare nulla, perché una visione diversa da Telefonica non avrebbe potuto avere seguito”. Ha detto Fossati, azionista di Telecom, partecipando ad un convegno dei piccoli azionisti di Telecom. “Vedremo i risultati, forse non avremo i numeri per revocare il Cda, ma siamo vigili, non finisce tutto a dicembre”.
È la valutazione di Marco Fossati, azionista di Telecom Italia con il 5%, che ha chiesto di revocare nell’assemblea del 20 dicembre l’attuale Cda dell’azienda. Commentando il fatto che Iss, uno dei più grandi advisor per i fondi, ha dato indicazione di votare per la revoca del Cda, Fossati ha spiegato che “una buona fetta” dei fondi potrebbe seguire questo suggerimento e appoggiare dunque la sua posizione.
“Crediamo – ha aggiunto – che i fondamentali dell’azienda non siano valorizzati a 0,70″. Secondo Fossati “questo cda ha distrutto valore e deve andare a casa”.
L’amministratore delegato di Telecom Marco Patuano “ha detto che il nostro piano e’ molto simile al suo, quasi come se glielo avessimo rubato dal cassetto. Ma io non credo che converga assolutamente – ha aggiunto Fossati – Per noi è fondamentale potenziare la rete per poi fare tutto il resto”.