Brasile
Si moltiplicano gli appelli al Governo affinché vengano tutelati gli interessi di Telecom Italia, per quanto riguarda sia le strategie sugli asset sudamericani, sia il futuro dei dipendenti di quella è una delle maggiori aziende italiane, mentre il mercato sta già scommettendo sul possibile ingresso nella compagine azionaria di qualche operatore privo di conflitti di interesse e il titolo allunga il passo in Borsa.
A chiedere l’apertura di un tavolo su Telecom Italia che coinvolga oltre alle parti sociali anche il socio Telefonica, è stato oggi il segretario generale Uil, Luigi Angeletti, secondo cui “le scelte da operare per la definizione della vicenda Telecom saranno decisive non solo per il futuro dell’azienda, ma anche per lo sviluppo del Paese”.
Essendo in ballo non solo il destino dell’azienda e dei suoi lavoratori, ma anche lo sviluppo del Paese, Angeletti chiede con forza all’esecutivo di affiancare i sindacati nell’obiettivo di valorizzare il gruppo, pretendendo da Telefonica “garanzie occupazionali e industriali, a partire dalla rete, idonee ad assicurare una prospettiva competitiva a uno dei pochi grandi gruppi italiani”.
“Se così non fosse – conclude Angeletti – quelle che già sono soltanto buone intenzioni sulla crescita del Paese verrebbero definitivamente declassate al rango di chiacchiere”.
Ieri era stata l’associazione dei piccoli azionisti Asati a invitare il Governo ad intervenire “anche a livello diplomatico, come fanno i grandi Paesi, in Brasile affinché si tutelino gli interessi di Tim Brasil”.
L’associazione, che ieri è stata sentita a Palazzo Chigi dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi, fa riferimento alle indiscrezioni secondo cui l’obiettivo di Telefonica sarebbe quello di convincere Telecom Italia a cedere la quota del 67% in Tim Brasil il prossimo anno o anche prima. Un’accelerazione che, secondo le ricostruzioni di stampa, sarebbe dovuta alle pressioni dell’Antitrust brasiliano (CADE) sul gruppo spagnolo, che rischia anche una multa da 6,5 milioni di dollari per aver violato l’accordo Performance Commitment sottoscritto nel 2010 ano e vincolante per l’approvazione dell’ingresso dell’operatore spagnolo nel capitale del gruppo italiano.
In base all’accordo, volto a mantenere adeguate condizioni di concorrenza e indipendenza tra Vivo (operatore brasiliano controllato da Telefonica) e Tim Brasil, il gruppo spagnolo si era impegnato a mantenere separati gli interessi delle due società telefoniche in Brasile e, come hanno da subito denunciato i piccoli azionisti, il timore è che Telefonica acceleri sulla ‘svendita’ di Tim Brasil. Potrebbero essere lette in questo senso anche le ‘minacce’ del CADE, che potrebbero essere volte proprio a far scendere il prezzo della controllata carioca di Telecom Italia, anche se l’ad Marco Patuano ha ribadito in audizione alla Camera alcuni giorni fa che il Brasile resta uno dei mercati strategici di riferimento per il futuro.
La sanzione – proposta dallo staff tecnico del CADE, che comunque non è vincolante – potrebbe essere approvata già mercoledì prossimo, a conclusione del processo di revisione dei nuovi accordi sottoscritti da Telco e Telefonica lo scorso mese di settembre. La multa potrebbe poi essere incrementata di ulteriori 430 milioni di dollari per via del fatto che rappresentanti di Telefonica avrebbero partecipato a una riunione Telecom cui non avrebbero potuto presenziare in base agli accordi vincolanti con CADE.
Gli uffici tecnici dell’antitrust brasiliana, che hanno chiesto alla società di cedere immediatamente le azioni acquistate in Telco, minacciano infatti anche interventi più severi quali l’espresso divieto, da ora in avanti, di acquisire nuove azioni della holding che controlla il 22,4% di Telecom Italia o di qualsiasi altra società del gruppo italiano che abbia interessi in Brasile.
Secondo uno dei legali dell’Autorità, Gilvandro Araujo, il Cade non venne avvertito delle trattative tra Telefonica e i soci italiani di Telco per aumentare la partecipazione nella holding. L’operazione, che di fatto aumenta la dipendenza economica tra i due gruppi, sottolinea ancora il legale, “ignora completamente gli accordi in vigore” minandone l’essenza, non un qualche aspetto “secondario”.