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Telecom Italia, Marco Patuano: ‘Avanti tutta col piano strategico. L’azienda è solida’

Italia


L’amministratore delegato di Telecom Italia, Marco Patuano, è stato ascoltato oggi alla Commissione Trasporti  della camera, dove ha ragguagliato i deputati sul piano industriale e sulle prospettive del gruppo.

Ha parlato a tutto campo, Patuano, della situazione debitoria della società; della vicende sudamericane e dei contestuali rapporti col socio Telefonica; della vendita di torri e immobili; della situazione occupazionale e della separazione della rete.

 

Indebitamento

Telecom Italia è un’azienda ‘solida’ che, come tutte le aziende solide “remunera i propri azionisti, pensa al proprio futuro e alla struttura del proprio capitale con un sano pragmatismo”, ha detto Patuano.

Il debito, che ammonta attualmente a 27 miliardi di euro, deve essere ulteriormente ridotto ma non per forza “deve essere pari a zero: la cifra obiettivo è due volte il nostro ebitda”.

 

Niente sconti a Telefonica

Telecom Italia non è stata ‘regalata’ a Telefonica, che “ha investito l’ha comprata sui mercati finanziari facendo riferimento a un prezzo di mercato”.

“Come manager mi devo preoccupare se questo azionista venga trattato o meno come gli altri. Certamente, viene trattato come un azionista importante ma non gli vengono fatti sconti per questo. Dove dobbiamo competere competiamo”.

 

Scorporo, l’importante è partire

La rete è “intrinsecamente parte di un operatore di telecomunicazioni” che ha per natura “un rapporto ombelicale con la propria rete”.

Bisogna però appurare, e questo è il tema centrale, se l’operatore è in grado di mantenerne il funzionamento “al miglior livello possibile nell’interesse dell’azienda del paese”.

“In questo senso ben venga il lavoro della commissione Caio” ma è anche vero che Telecom ha avviato la separazione funzionale attraverso il modello di Equivalence of input “la best practice in Europa”.

“Penso che l’importante è partire. Se bisogna andare oltre la best  practice non è che cambiamo indirizzo, siamo in Corso Italia, ma almeno partiamo”.

 

Brasile e Argentina

Il Brasile resta uno dei mercati strategici di riferimento per il futuro: “Continuerà a generare crescita; ha quasi esaurito la crescita della voce ma

crescerà nel mobile internet”.

Tim Brasil non è in vendita ma non è neanche razionale pensare di doverla tenere a tutti i costi. Ovvio che, “se arrivasse qualcuno e  mi dicesse ‘lo voglio comprare a tutti i costì, prendo l’offerta e la porto al cda”.

“Il vero tema è qual è la strategia alternativa. Oggi abbiamo un portafoglio che fa della dimensione internazionale un asset portante. Se dovessi ricevere un’offerta sul Brasile che mi cambia la visione strategica ciò deve avvenire a fronte di un’altra strategia, oggi non ancora disegnata”.

Quanto alla vendita di Telecom Argentina, non è stata fatta per “fare un favore” a Telefonica anche che se è palese che sussistono “situazioni di potenziale conflitto d’interesse” legati alla presenza del socio spagnolo  in Brasile e Argentina.

 

Piano strategico, avanti tutta. Di attesa si muore

E’ opportuno che un cda sfiduciato abbia adottato un piano strategico con scelte anche di un certo peso come la vendita di Telecom Argentina?

“Di attesa si muore, noi non abbiamo più tempo. Avendo la possibilità di non attendere ho deciso di iniziare”.

“Ho scoperto che la comunità finanziaria dice che il piano ha una sua logica e non vedo una grande contrarietà industriale degli azionisti. Alcuni azionisti stanno sollevando questioni di governance (la Findim di Marco Fossati, ndr) ed è giusto discuterne, ma non per questo dobbiamo fermare l’azienda”.

L’emissione da 1,3 miliardi ha ricevuto offerte per oltre 4,5 miliardi, “e questo conforta”.

 

Occupazione

Il confronto coi sindacati è necessario: “Non voglio creare un migliaio o un multiplo di migliaio di persone senza lavoro, sediamoci e vediamo come fare”.

Serve “una proposta che sia sostenibile economicamente”.

 

Consolidamento

Se nel più grande mercato europeo, la Germania, “si passa da 4 a 3 operatori” è logico immaginare che anche l’Italia segua questa rotta, passando “nel tempo da 4 a 3”.

Un consolidamento auspicabile purchè non si alteri “la concorrenzialità strutturale del mercato”.

 

Torri e immobili

Le torri sono una commodity, “se c’è qualcuno che è disposto a pagarle bene ben venga”. Ma a patto che non sia “un’operazione stupida dove ci perdo dei soldi”.

Quanto agli immobili, non si tratta di venderli: “bisogna riorganizzarli, poi quello che avanza si vende”. (A.T.)

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