Bitcoin: la moneta dei geek alla prova dell’economia reale

di di Maria Cristina Antonucci (Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR) |

La valuta digitale introdotta in rete nel 2009 è esplosa, diventando in pochi anni un fenomeno di massa attento alle esigenze degli amanti delle tecnologie. Il nuovo strumento di pagamento deve fare i conti con i rischi sicurezza e volatilità.

Stati Uniti


Maria Cristina Antonucci

Dalla sua introduzione in rete nel 2009 ad oggi, Bitcoin, la valuta digitale coniata ad hoc per gli utenti del web che siano in grado di fornire soluzioni a problemi matematici complessi mediante computer, è esplosa. In questi anni, Bitcoin da un lato è diventato un fenomeno della società di massa e dall’altro uno strumento di pagamento diffuso nel circuito del commercio globale più attento alle esigenze dei geek. 

 

E se è possibile produrre Bitcoins in ogni angolo del mondo in cui si trovi un pc collegato alla rete, diventa diffusa anche la possibilità di utilizzare questa “cripto-moneta” come mezzo di acquisto in sempre più luoghi del mondo, dopo l’originaria diffusione prevalentemente centrata sulla Silicon Valley. Infatti, l’accreditamento di Bitcoins su un conto utente avviene con modalità analoghe ad un trasferimento bancario con homebanking, mentre la possibilità di spendere il corrispettivo del valore economico presso esercizi commerciali che espongono il cartello “We accept Bitcoins” si verifica grazie all’impiego di strumenti di crittografia a chiave pubblica che certificano l’acquisto registrandone gli elementi di transazione. In questo modo, grazie ad indirizzi anonimi, basati su sequenze casuali di 33 caratteri, viene garantita e tracciata l’unicità del pagamento, impendendo di spendere secondo modalità multiple il credito accumulato sul proprio conto.

 

Ma che cosa succede nei flussi economici globali di una moneta la cui base viene creata – e gestita mediante un software open source – dal collettivo denominato Satoshi Nakamoto, dietro a cui si nascondono non meglio precisati fautori di strumenti alternativi al denaro? L’idea di creare un nuovo mezzo di pagamento completamente elettronico e supportato da sistemi di crittografia digitale, da distribuire come contropartita della soluzione di equazioni complesse  e righe di codice – i cui utilizzi finali sarebbe interessante conoscere – sembra rispondere in maniera piena alla logica di Internet come rete libera, autogestita, frutto di una comunità evoluta di sviluppatori in grado di autodeterminare forme di interazione finalizzate a creare il futuro del web.

 

In questo senso, l’introduzione di Bitcoins come remunerazione del lavoro di programmazione svolto, mediante il supporto del software open source scaricabile dal sito bitcoin.org costituisce con tutta evidenza una idea di tipo globale, che supera, mediante l’impiego del linguaggio di programmazione e la creazione di una valuta ad hoc,  le differenze territoriali e monetarie che costituiscono una delle ultime barriere che la globalizzazione incontra. Inoltre, il forte impatto dell’idea di una moneta non creata  e non gestita dal sistema bancario si inserisce perfettamente all’interno del contesto culturale del mondo geek, aperto alla innovazione tecnologica in tutte le sue forme, ma diffidente nei confronti degli usi economici  che l’integrazione dei sistemi finanziari ha fatto della rivoluzione telematica. In questo senso la moneta elettronica basata sulla crittografia risponde con strumenti di innovazione tecnologica alla antica questione della fiducia legata alla accettazione della moneta, rendendo sicure le transazioni commerciali, in un empireo tecnologico che lega capacità di programmazione, software open source, transazioni monetarie e crittografia. Tutto il meglio di una certa idea della Rete in un solo processo, insomma.

 

Tuttavia, grazie anche al successo della iniziativa, alcuni problemi sembrano emergere. Il primo tema riguarda la creazione di Bitcoins nel mondo digitale. L’utilizzo di reti botnet rende possibile la creazione di veri e propri tesori in Bitcoins, automatizzando la ricerca di risposte ai quesiti matematici complessi proposti mediante reti di calcolatori collegate. In questo senso, un post dello scorso luglio sul blog di Brian Krebs, segnalava il legame tra programmi per gestione di botnet, come il russo FeodalCash, distribuzione retribuita di malware su reti di pc, finalizzata al controllo remoto dei suddetti computer per lavorare alla produzione di bitcoin. L’ amministrazione di computer zombie, infettati grazie ad un trojan dal bot-master, legato a FeodalCash si rivela un’idea molto remunerativa di utilizzo delle botnet, molto di più, per esempio, del lancio di un denial of service nei confronti di un sito sgradito o attaccato per finalità economiche. E il forte nesso tra reti botnet e creazione di Bitcoins pone in altri termini l’idea di innovazione per la creazione di liquidità digitale, suggerendo di verificare come, a vantaggio di chi e per quali finalità le reti botnet  hanno iniziato a creare ricchezza elettronica.

 

Ma ci sono altre questioni aperte relative alla diffusione della nuova valuta digitale. Un recente articolo su Forbes, Gordon Chang ha indagato sulla diffusione di Bitcoin come valuta di scambio in Cina rilevando, in primo luogo come il successo della prima moneta elettronica abbia generato  la diffusione di modelli emulativi, come QQ, la valuta virtuale creata da Tencent, il social media leader nel sistema cinese. Inoltre si è verificato che operazioni di speculazione finanziaria – contro valute nazionali – abbiano utilizzato anche lo strumento di Bitcoins, dal momento che è stato notato da Adam Pasick su Quartz come “si tratti di una tipologia di moneta  espressamente ideata per sfuggire al controllo governativo“, visto che non esistono banche centrali in grado di gestire e limitare l’utilizzo e la circolazione di essa.

 

Inoltre un uso di Bitcoins per attività illecite è stato registrato anche negli USA, mercato ormai maturo per la valuta digitale: come notava Federico Rampini su Repubblica, la criptomoneta veniva impiegata come strumento di pagamento per acquisti di droga online tramite il sito web Silk Road, ora chiuso per provvedimento di FBI, che ha indagato sulla questione.

 

Ma il vero problema  di Bitcoin non riguarda gli usi, speculativi o destinati ad attività illecite, sostanzialmente replicati su quanto accade con gli strumenti di pagamento tradizionali, quanto la volatilità della moneta nel momento in cui si rende necessario tradurre in prezzo di acquisto il valore intrinseco della liquidità digitale. Innanzi tutto, si crea una differenziazione a seconda delle aree geografiche globali: i prezzi di Bitcoin sono frutto di scambi in borse globali, ma nel momento dell’acquisto di beni e servizi a Pechino o a San Francisco, si verificano differenze sostanziali, non legate esclusivamente alla differenza dei prezzi all’acquisto nei diversi luoghi del mondo.

 

E se l’attuale fase di valutazione nelle borse che trattano questa valuta digitale ha visto crescere il valore da 13 euro per Bitcoin nel gennaio 2013 ai 900 dollari per Bitcoin della scorsa settimana, la questione della variabilità globale del prezzo unitario della moneta sembra indicare possibilità di speculazione differenziate per mercati macro-regionali del sistema globale, rendendo incerto il potere di acquisto di chi contribuisce a creare la moneta.

 

Inoltre, la volatilità del valore intrinseco della moneta, oltre a suggerire che essa sia al tempo stesso un fenomeno di massa e una valuta a rischio di speculazione, richiama alla mente di chi ha qualche anno di analisi della vita digitale alle spalle, lo “sboom” del valore delle azioni delle prime Internet companies nel periodo  2000-2001. Il rischio che Bitcoin corre, in assenza di un’universalità delle regole relative alla creazione e distribuzione del valore della valuta digitale, è che la pressione speculativa faccia esplodere la nuova bolla presto, anche in considerazione dei limiti del valore economico raggiunto dalla unità di moneta. E sarebbe davvero un peccato che una istituzione economica globale così valida ed innovativa per le modalità di ideazione e creazione corra il rischio di perdere il proprio potenziale per una assenza di regole nel mondo reale, che produce impropri usi economici e sociali di essa. Occorre davvero una riflessione ulteriore per agganciare gli ottimi aspetti virtuali del nuovo strumento alla prassi economica reale, passibile di contraddizioni e incertezze.

 

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