Web-Tax, emendamento ritirato al Senato. Francesco Boccia: ‘Sarà ripresentato alla Camera’

di Raffaella Natale |

Il presidente della Commissione Bilancio della Camera: ‘Parlamento e governo dovranno andare avanti speditamente e senza esitazioni. Non è certo il tempo di tentennamenti e rinvii’.

Italia


Francesco Boccia

Ritirato in Commissione Bilancio del Senato l’emendamento alla Legge di Stabilità riguardante la “vendita di servizi online” (n° 18.0.3), presentato dai senatori del Pd Francesco RussoValeria Fedeli e Rita Ghedini, che riprendeva i contenuti della proposta di Legge firmata dall’on. Francesco Boccia (Pd).

A quanto apprende Key4biz, i senatori del Pd hanno preferito ritirare l’emendamento ma non si abbandona il progetto, perché la proposta di Legge che Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera, ha presentato il 4 ottobre (di modifica del DPR 633/72) proseguirà il suo iter indipendentemente dalla Legge di Stabilità.

L’emendamento, come ha informato stamani Boccia, sarà ripresentato alla Camera.

 

“Gli emendamenti su Web e Tobin Tax, ritirati solo per questioni di tempo in commissione al Senato, saranno ripresentati alla Camera“, ha indicato Boccia. “Si tratta d’interventi che danno gettito e affrontano imprescindibili temi di equità e regolazione dei mercati. Parlamento e governo dovranno andare avanti speditamente e senza esitazioni. Non è certo il tempo di tentennamenti e rinvii“.

 

Boccia nei giorni scorsi in un’intervista a Key4biz si è espresso a favore di un intervento contro le aggressive pratiche di ottimizzazione fiscale alle quali ricorrono le multinazionali, specie gli OTT(GoogleAmazonFacebook ed Apple), per sottrarsi al pagamento delle tasse.

 

La strategia è quella del “doppio irlandese con panino olandese” (Double Irish With a Dutch Sandwich), che consiste nel trasferire i denari verso le sussidiarie irlandesi e olandesi, per poi traghettare il tutto nei paradisi fiscali. Nel 2012 gli OTT hanno versato all’erario italiano solo 9,157 milioni di euro.

 

La proposta di Boccia prevede l’obbligo per i committenti di servizi online – e parliamo quindi di commercio elettronico diretto e indiretto – di poter acquistare solo da soggetti in possesso di una partita IVA italiana. Soltanto così i profitti di queste aziende potranno rispettare un modello di tassazione corretto e soprattutto equo.

 

Contro la web-tax si è schierato Gianni Pittella, uno dei quattro candidati alla segreteria del Pd (in lizza con Gianni Cuperlo, Giuseppe Civati e Matteo Renzi).

“L’emendamento alla Legge di Stabilità che riguarda la ‘vendita di servizi online’ rischia di influenzare negativamente lo sviluppo dell’economia web, uno dei pochissimi comparti che ancora resiste alla crisi. Va cancellato”, ha detto Pittella, candidato alla segreteria del vicepresidente vicario del Parlamento europeo.

 

Il provvedimento ha creato contrasti anche con il M5s che sulle pagine del nostro giornale lo ha definito “contrario alle norme europee“, in particolare, ha spiegato Mirella Liuzzi, deputato del Movimento di Beppe Grillo, “costringere un’azienda estera ad avere una partita Iva italiana, ci sembra in contrasto con il Trattato di Roma” e con quanto già l’OCSE e il G20 stanno facendo in materia di tasse e web company.

Contro la web-tax ha preso posizione pure l’American Chamber of Commerce to the European Union (AmCham EU), sulla linea di quanto già dichiarato nei giorni scorsi dalla rappresentanza italiana.

L’AmCham EU è convinta che “la proposta di tassazione sui servizi online possa violare il principio di libero scambio di beni e servizi all’interno del Mercato Unico Europeo”. 

“L’emendamento proposto – sostiene – potrebbe imporre un ulteriore carico fiscale sui fornitori di servizi online, scoraggiando le imprese straniere dall’offrire servizi online in Italia, e potrebbe tradursi in un aumento dei prezzi per i consumatori”.

Secondo l’AmCham EU, “Le discussioni in corso nell’Unione Europea e nell’OCSE sono i luoghi appropriati per creare una chiara e coerente struttura fiscale internazionale”.

 

Ma Boccia nell’intervista a Key4biz  ha precisato che “nessuno vuole obbligare un’azienda estera ad aprire una partita Iva nel nostro Paese. La proposta che abbiamo presentato, in realtà, prevede l’obbligo per i committenti di servizi online – e parliamo quindi di commercio elettronico diretto e indiretto – di poter acquistare solo da soggetti in possesso di una partita Iva italiana”.

La proposta, secondo l’on. Boccia, non è quindi in contrasto col diritto comunitario né col Trattato di Roma sul libero mercato ed è anche “in linea con il dibattito che sta coinvolgendo anche altri Paesi europei, vedi il caso della Francia o della Gran Bretagna. È evidente che l’Ue deve prendere posizione, ma è anche nostro dovere tutelare le imprese italiane”, davanti a quello che è “un classico esempio di concorrenza sleale“.

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