Stati Uniti
Parlando delle difficoltà che stanno affrontando l’Affordable Care Act, meglio noto come Obamacare, e del relativo sito web www.healthcare.gov, ci troviamo di fronte alla riproposizione del classico quesito se sia nato prima l’uovo o la gallina. In altri termini: le complicazione tecniche che il sito web ha sperimentato in questi primi giorni di attivazione hanno influenzato il rinvio della nuova policy di assicurazione – quasi gratuita – per i cittadini americani sotto la soglia di povertà o afflitti da malattie croniche o curate con metodi particolarmente onerosi, oppure il rallentamento del portale è stato predisposto in maniera funzionale a tenere opportunamente celate ai più alcune importanti informazioni riferite ai nuovi piani di assicurazione sanitaria? Come sosteneva un politico di vecchio corso della prima repubblica italiana, a pensare male si commette peccato, ma molto spesso si indovina.
Lo scorso primo ottobre viene ufficialmente messo online il sito www.healthcare.gov, lo strumento dedicato – previsto nell’Affordable Care Act – come principale mezzo di accesso per l’individuazione del piano di assistenza sanitaria più adatto alle esigenze tanto degli individui e delle famiglie, quanto dei titolari di piccole imprese.
Il portale web viene realizzato sulla scorta di una collaborazione tra contractors del progetto: i due principali soggetti coinvolti sono CGI Federal – responsabile per l’architettura ma non per l’integrazione, per una cifra, aggiudicata nel 2011, pari a 93 milioni di dollari – e Quality Software Services, responsabile per l’identity management system . Il costo finale del progetto finito non è mai stato chiarito dall’Amministrazione Obama, ma il sito Digital Trends ha stimato che il valore del progetto sia lievitato fino alla cifra di 634 milioni di dollari.
Il sito web ha immediatamente riscosso l’attenzione dei mass media, e dei cittadini, a causa di alcuni immediati malfunzionamenti e ritardi nel caricamento dei dati che hanno creato l’impossibilità di accedere ai servizi proposti. Infatti, l’obiettivo del sito è l’incontro tra domanda e offerta nel mercato dei piani di assicurazione sanitaria: per verificare quale tipo di assistenza sanitaria sia disponibile al miglior prezzo lo status socio-economico e le caratteristiche sanitarie del richiedente, è necessario che l’utente si registri, fornisca una serie di dati – anche sensibili, come il numero di previdenza sociale, il luogo e la data di nascita, il livello di reddito e la composizione familiare – per avere accesso ai piani di previdenza offerti dai database delle compagnie assicurative. Dal punto di vista tecnico nel sito web si verifica uno scambio di dati tra i sistemi informatici separati costruiti o gestiti da CGI, Software Quality Services, una unità di UnitedHealth Group ed Experian, oltre al sistema sanitario gestito dal governo.
Se una qualsiasi parte della rete dei sistemi non funziona correttamente, questo blocco determina una sorta di ingorgo bloccando la maggior parte degli utenti presenti sul sito in quel momento. Sin dal 2 ottobre, scorso è stata identificata una strozzatura nel processo in cui i diversi sistemi si intersecano in un componente software di Oracle . Il problema non è stato ancora rimosso del tutto e fonti autorevoli del New York Times prevedono che ci vorranno ancora settimane di lavoro per sistemare il bug.
Inoltre, sempre da un punto di vista delle tecnologie impiegate per la realizzazione del portale web healthcare.gov, è stato rilevato, secondo una fonte anonima riportata da New York Times, che siano presenti oltre 500 milioni di righe di codice, quando siti web con applicazioni multiple e un ben più ampio numero di utenti registrati, come Facebook e Twitter, hanno uno standard di circa 5 milioni di righe di codice.
Nonostante i dati riportati da testate giornalistiche mainstream e blog high tech siano in aperto contrasto sull’entità delle cifre spese e delle specifiche di codice impiegate nella programmazione del sito web, qualcosa non ha funzionato e non funziona in effetti nella parte tech della implementazione della policy di Obamacare, se, secondo i dati forniti da Fox News, sono state spedite dalle compagnie assicurative oltre 5 milioni di lettere di cancellazione dei programmi di previdenza sanitaria già stipulati – rivelatisi insostenibili economicamente per le società assicurative stanti i parametri di costo e il rischio sanitario dei clienti che hanno visto notificarsi il recesso contrattuale – e solo 106.185 cittadini americani hanno sottoscritto un nuovo piano assicurativo.
I conti non tornano, e problemi tecnici ci sono sicuramente stati nella creazione di un blocco iniziale con la richiesta di molti dati all’inizio della procedura di registrazione, nella già citata difficile integrazione tra sistemi di registrazione e sistemi di verifica della identità utente, bug di sicurezza seri, anche in presenza di molti dati sensibili inseriti dagli utenti nel sistema, che hanno sollecitato, a quanto rivela CNN, più di una dozzina di attacchi hacker verificati dal Dipartimento per la Homeland Security, una web chat, a quanto riportano gli utenti in difficoltà con il processo di registrazione, gestita in maniera inadeguata.
E tuttavia, il dubbio in chi si occupa di politica e di politiche pubbliche non può fare a meno di sorgere: e se dietro ai problemi tecnologici ci fossero altri, differenti ostacoli legati alla implementazione delle policies dell’Affordable Care Act? E se dietro ai colli di bottiglia informatici si nascondessero nuove forme di esclusione da parte del forte settore assicurativo statunitense, in grado di negoziare le proprie forme contrattuali non solo con i cittadini ma anche con il governo? In fondo, se l’estensione dei benefici di assicurazione sanitaria obbligatoria rappresenta un onere per il settore sanitario e quello assicurativo, è assolutamente pensabile che le imprese del settore cerchino di socializzare quel costo con i consumatori, per lo meno con quanti, nella platea degli utenti possono permettersi economicamente l’incremento dei prezzi.
Nessuna riforma è mai a costo zero; non lo è in particolare un intervento di politica pubblica che tende ad ampliare la platea di quanti beneficiano di un diritto a prestazioni che hanno un valore economico non indifferente, come le cure sanitarie, in un contesto in cui il disinvestimento statale dalle prestazioni di welfare si segnala come un trend continuo. E non c’è nulla di meglio che attribuire la responsabilità per un prestazione progettata forse in maniera non adeguata a livello di policy a chi gestisce la piattaforma web per l’accesso e la distribuzione telematica del servizio.
In questo senso, al di là e al di fuori delle responsabilità di chi ha realizzato l’architettura del portale e l’integrazione delle informazioni tra i vari database, che verrà necessariamente migliorata nel termine della fine del mese di novembre, resta la questione della implementazione delle politiche assicurative volte a distribuire i servizi previsti dalla nuova disciplina voluta dal Presidente Obama. In altre parole, cosa ne sarà di Obamacare quando il sito healthcare.gov funzionerà a regime? L’annuncio di una dilazione dell’applicazione di Obamacare fino al termine del 2014 sembra suggerire che forse, i problemi non siano solo nella architettura del sito, ma nel sistema stesso di applicazione della nuova disciplina da parte delle compagnie assicurative.
Insomma, per concludere con le parole di David Lumb “quando si crea un sito web che ha più righe di codice di Mac OS X, c’è sicuramente qualcosa che non va”. Forse non per caso, verrebbe da aggiungere.