Italia
Un piano di rilancio che preveda la divisione della società in tre unità operative (telefonia mobile, fissa e servizi) e per ciascuna una serie di partnership con altri operatori in giro per il mondo. Per Marco Fossati, il futuro di Telecom Italia, di cui è azionista con poco più del 5%, deve passare da queste strade, non dalla vendita – o meglio, dalla svendita – degli asset sudamericani.
L’obiettivo dell’investitore è quello di riportare il valore del titolo a 1,5 euro: target raggiungibile in 2-3 anni se si ‘azzeccano’ le strategie di rilancio, tra le quali, ad esempio, una partnership con GVT (gruppo Vivendi) in Brasile.
Le proposte di Fossati, rilanciate ieri nel corso di un incontro a Londra con gli analisti, sono comunque ‘attendiste’: si tiene oggi infatti il Cda della società telefonica, nel corso del quale l’ad Marco Patuano illustrerà i risultati finanziari al 30 settembre 2013 e l’aggiornamento di piano per il periodo 2014-2016.
Secondo i bene informati, il nuovo piano industriale triennale potrebbe prevedere un un’iniezione di liquidità fino a 2 miliardi di euro – attraverso l’emissione di nuove azioni o di un bond convertibile della durata di 7 anni – ma anche misure di austerity quali la cessione di asset (dalle torri agli immobili, ma anche della controllata argentina) e un taglio al dividendo.
Il cda dovrebbe inoltre convocare l’assemblea che, sempre su richiesta di Marco Fossati, dovrebbe valutare l’azzeramento del board.
“Sto cercando di promuovere una public company – ha detto ieri Fossati – per poterlo fare bisogna cambiare il consiglio con i quattro quindi alle minoranze e poi cambiare lo statuto”.
Fossati, che sta cercando di rientrare almeno in parte nell’ingente investimento effettuato in Telecom, ha predisposto anche una lista di nomi da sottoporre all’assemblea ma la sua intenzione è arrivare a definire una lista unica che trovi l’appoggio dei Fondi, tra cui Assogestioni e Blackrock.
Attendista anche la posizione di Generali che attende di conoscere il piano che sarà presentato oggi in Consiglio prima di esprimersi sull’adeguatezza delle proposte e delle scelte del management.
“Non abbiamo preferenze né una nostra visione delle cose. Il management è là per quello e noi abbiamo fiducia nel management. Vediamo cosa proporrà”, ha affermato il Ceo, Mario Greco.
Se Generali rientra nel pool di investitori ‘maggiori’, essendo il secondo azionista Telco (col 19%) dopo Telefonica (66%), l’attenzione delle minorities è invece puntata sul Sud America: il timore è che il conflitto d’interessi di Telefonica porti a scelte affrettate, a vendite che non riflettono il pieno valore di Telecom Argentina e Tim Brasil, fiori all’occhiello della società italiana.
Per il 22% delle controllata argentina sarebbe già arrivata un’offerta da un fondo locale, ma il prezzo sarebbe inferiore al valore di mercato.
Per Tim Brasil, che potrebbe generare un introito da circa 10 miliardi, il sospetto è che Telefonica potrebbe acconsentire all’iniezione di capitale per prendere tempo e vendere la controllata tra 1-2 anni, quando il clamore sull’operazione Telco-Telefonica sarà scemato.
Alla commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera si è svolta ieri anche l’audizione dei rappresentanti di SLC-CGIL, FISTel-CISL, UILCOM-UIL e UGL Telecomunicazioni sugli interventi a tutela dell’utilizzo per finalità di interesse generale delle reti, degli impianti, dei beni e dei rapporti di rilevanza strategica nel settore delle comunicazioni.
“Durante l’audizione, il sindacato ha ribadito che senza uno strumento che rimetta in discussione gli accordi che faranno diventare Telefonica controllore di fatto di Telecom Italia dal 1° gennaio prossimo, ogni discussione sugli investimenti in infrastrutture necessari a rimuovere il gap tecnologico del nostro Paese arriverà fuori tempo massimo” ha sottolineato Michele Azzola di Slc Cgil nel corso dell’audizione alla camera sulla vicenda Telecom.
Secondo il rappresentante sindacale, bisogna accelerare sulla modifica del decreto sull’Opa e poi avviare un negoziato con Telefonica che, “partendo da un aumento di capitale a cui far partecipare investitori ‘pazienti’ (CDP, fondi pensione, assicurazioni vita), sia in grado di produrre uno sforzo significativo per la costruzione della rete di nuova generazione.”
Il Senato ha già approvato una mozione in tal senso, ma in seno al Governo sono molte le posizioni divergenti, in primis quella del viceministro Antonio Catricalà (Leggi articolo Key4biz). Contro le modifiche alle norme sull’OPA si sono poi schierati anche l’economista Marco Onada e l’ex Commissario Consob Salvatore Bragantini.
Quanto alle possibili opzioni che potrebbero andare oggi sul Tavolo del Cda, “se le anticipazioni di stampa sul piano industriale di Telecom trovassero riscontro, saremmo di fronte al persistere di politiche finanziarie che per realizzare cassa a breve ipotecano il futuro”, ha detto ancora Azzola, ricordando le esperienze della vendita di immobili al tempo della presidenza di Marco Tronchetti Provera, “con immobili venduti a prezzo di libro e oggi affittati a canoni elevatissimi”.
“Speriamo che il nuovo piano industriale non riproponga soluzioni vecchissime che hanno abbondantemente depauperato l’azienda negli anni passati”, ha concluso.