Telecom Italia, Bassanini (CDP): ‘Non investiamo nella rete se l’azienda ha le risorse per farlo’

di Alessandra Talarico |

CDP sollevata dalla necessità di investire nella rete, potrebbe destinare i suoi fondi in altri progetti – dalle PMI alla scuola e alle amministrazioni pubbliche: ‘abbiamo mille ragioni per fare finanziamenti e se Telecom può farcela da sola, meglio così’

Italia


Franco Bassanini

Se Telecom Italia ha le risorse per investire nella rete, ben venga. La CDP, anzi, è più contenta così. Parola di Franco Bassanini: il presidente della Cassa Depositi e Prestiti è intervenuto stamani, a margine di un evento di Microsoft Italia, sulle vicende dell’operatore storico italiano, alle prese con uno dei periodi più travagliati della sua storia.

“Non abbiamo intenzione di investire nella rete se Telecom Italia ha le risorse per farlo”, ha affermato Bassanini, sottolineando che se la società “ha un piano industriale che le consente di investire nella rete in linea con l’Agenda digitale europea, noi siamo molto contenti”.

La CDP, del resto, sollevata dalla necessità di investire nelle infrastrutture di rete, potrebbe destinare i suoi fondi in svariati altri progetti – dalle PMI alla scuola e alle amministrazioni pubbliche: “abbiamo mille ragioni per fare finanziamenti e se Telecom può farcela da sola, meglio così”.

 

Quanto allo scorporo della rete, la decisione spetta sempre e comunque all’azienda, che, a quanto pare, ha deciso di bloccare il progetto avviato a maggio (Leggi articolo) dall’ex presidente Franco Bernabè. Stop che potrebbe essere ufficializzato al prossimo cda del 7 novembre per far prevalere un piano incentrato sull’equivalence of imput.

 

Lo aveva già detto, del resto, l’ad Marco Patuano, che ha assunto le deleghe di Bernabè dopo le sue dimissioni: “Telecom Italia è sempre pronta a realizzare nella rete il modello già indicato di ‘equivalence of input’ (EoI) per la parità assoluta di accesso per tutti gli operatori” ma la concretizzazione di questo modello in forma di scorporo o societarizzazione o in un’altra formula “dipenderà dal dividendo regolatorio”.

 

Venerdì 8 novembre, intanto, il gruppo illustrerà i risultati finanziari dei primi nove mesi e l’aggiornamento di piano per il periodo 2014-2016.

 

Si potrà dunque avere qualche dettaglio in più sul futuro dell’azienda, anche alla luce dell’agitazione delle minorities con Marco Fossati di Findim in prima linea nella difesa dei diritti e degli interessi degli azionisti di minoranza.

Una strategia che punta all’azzeramento dell’attuale cda – che potrebbe essere ottenuto creando una nuova maggioranza in assemblea grazie ai fondi italiani ed esteri che controllano circa il 30% del capitale e potrebbero essere determinanti per l’esito della battaglia contro Telco e il peso di Telefonica nella holding. Resta da vedere se il cda del 7 convocherà l’assemblea chiesta da Fossati o se questo avverrà in una successiva convocazione del consiglio.

 

In gioco ci sono gli asset sudamericani, che il socio spagnolo vorrebbe vendere per fare cassa, alleggerire il debito dell’operatore italiano e indebolire temibili concorrenti in America Latina, dove si incrociano gli interessi dei due gruppi.

 

Secondo l’ad di Vodafone, Vittorio Colao – nei giorni scorsi osannato dalla stampa francese quale unico manager italiano con una ‘visione veramente internazionale degli affari, con un forte senso di team building e di strategia a lungo termine’ – per Telecom Italia andrebbe bene un modello a “capitale diffuso” in cui gli azionisti hanno tutti lo stesso peso e nessuno vale più di altri se non sulla base del numero delle azioni in portafoglio.

 

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