Datagate, Garante Privacy a Letta: ‘Chiarire se anche italiani coinvolti’

di Alessandra Talarico |

Lettera di Antonello Soro al premier: “Il Governo accerti, si tratta di un’indispensabile operazione di trasparenza”. Domani al Copasir sarà ascoltato il sottosegretario Marco Minniti.

Italia


Antonello Soro

Francia, Germania, Italia, Messico…A quanto pare, nessun paese al mondo è sfuggito al monitoraggio delle comunicazioni da parte dell’NSA, l’Agenzia per la sicurezza nazionale americana.

Lo scandalo del Datagate si allarga a macchia d’olio, e il Garante per la Privacy Antonello Soro chiede chiarimenti al premier Enrico Letta per sapere se anche l’Italia è stata coinvolta nell’attività di spionaggio e di intercettazione dell’Nsa, l’agenzia Usa per la sicurezza. La richiesta di chiarimenti del Garante giunge a stretto giro dopo quella avanzata dal Copasir.  

 “Il problema delle attività di spionaggio della Nsa rende indispensabile che il Governo accerti, con tutti gli strumenti utili, se la raccolta, l’utilizzo e la conservazione di informazioni relative alle comunicazioni telefoniche e telematiche abbia coinvolto anche i cittadini italiani”. Questa la richiesta del Garante Privacy Antonello Soro contenuta in una lettera inviata oggi al premier Enrico Letta.

“Si tratta di una indispensabile operazione di trasparenza in quanto tali condotte, se confermate, avrebbero primariamente violato i principi fondamentali in materia di riservatezza dei cittadini e reso evidenti le debolezze connesse alla sicurezza delle reti e dei sistemi informatici rilevanti sul piano nazionale”, ha continuato Soro, richiamando il caso francese, che coinvolge 70 milioni di dati di cittadini intercettati.

Ieri, ad andare su tutte le furie è stato il Governo francese (Leggi articolo Key4Biz) che si è detto scioccato dal sopruso compiuto da un Paese alleato nei confronti delle comunicazioni di privati cittadini, i cui ‘profili’, desterebbero preoccupazioni per la sicurezza nazionale americana.

Ce n’è, ovviamente, pure per l’Italia: le intercettazioni effettuate nel nostro Paese, la cui esistenza è stata confermata da qualche settimana, avrebbero riguardato soltanto target mirati, per fini esclusivamente di antiterrorismo, assicura il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, i cui delegati sono stati nei giorni scorsi a Washington, dove sono stati ricevuti dal capo della Cia, John Brennan e dai vertici della NSA.

Il Copasir conferma, quindi, le intercettazioni di email, telefonate e qualsivoglia comunicazione digitale, pur sottolineando che queste attività non hanno toccato autorità e personalità di spicco del Bel Paese – come è successo, invece, nel caso  del presidente messicano, Felipe Calderon, o di quello brasiliano, Dilma Rousseff.

Sarà. Ma in ogni caso i nostri servizi segreti italiani erano o no erano a conoscenza di queste attività sul territorio?

Secondo quanto affermato dal deputato di Sel e componente del Copasir, Claudio Fava alla trasmissione radiofonica Effetto Giorno su Radio24 “i servizi italiani ne erano al corrente”.

È evidente da quanto pubblicato da Le Monde, che il sistema utilizzato per la Francia veniva replicato anche nei confronti di altri Paesi “cosa che – dice Fava – non è stata smentita dai vertici dei servizi segreti americani con i quali abbiamo avuto una serie di incontri due settimane fa a Washington”.

“Ci hanno spiegato che il loro scrupolo principale è stato quello di rispettare le leggi americane sulla privacy e intervenire a tutela della sicurezza del Paese. Che tutto questo confligga con le leggi nazionali di Paesi alleati è un punto di vista che loro non hanno, ma che noi dovremmo avere”, ha spiegato ancora Fava.

 

A questo punto, è essenziale che il Governo sia più chiaro e autorevole:  “Vedo – ha detto ancora Fava – che il ministro francese convoca l’ambasciatore americano a Parigi, quando abbiamo chiesto qualche mese fa ai servizi e al Governo cosa intendessero fare l’atteggiamento ci è sembrato abbastanza tiepido. Da quello che abbiamo saputo da fonte americana a Washington i servizi italiani sono sempre stati al corrente di questa attività di monitoraggio, che interveniva anche pesantemente sulla privacy dei cittadini italiani”.

Se la Francia, appena saputo della vastità del monitoraggio dell’NSA, ha immediatamente preteso chiarimenti, l’Italia non ha mai ecceduto nelle rimostranze. All’indomani dello scoppio dello scandalo, il ministro degli Esteri Emma Bonino ha sottolineato che  “…il caso Datagate va affrontato con risolutezza ma non strumentalizzato” (Leggi articolo key4biz).

Nessun accenno di indignazione o disapprovazione, come a dire: sappiamo che il mondo ormai va così, perché pestare i piedi a un alleato così importante?

 

Se ne saprà di più domani, quando al Copasir sarà ascoltato il sottosegretario Marco Minniti.

 

Stamani, intanto, dopo la chiamata intercorsa ieri tra il presidente francese Francois Hollande e Barack Obama, il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha tenuto un colloquio a porte chiuse col segretario di Stato americano, John Kerry. Bocche serrate all’uscita del colloqui, svoltosi nella primissima mattinata, in attesa di una conferenza stampa del ministro sulla delicata questione.

Della telefonata di ieri, l’Eliseo ha reso conto in una nota ufficiale, in cui sottolinea che il presidente Hollande ha espresso “profonda disapprovazione” per pratiche “inaccettabili” tra paesi “alleati oltre che amici” e che hanno violato la privacy dei cittadini.

I due capi di Stato hanno convenuto di “collaborare per stabilire i fatti e l’esatta portata delle attività di sorveglianza rivelate da Le Monde“, sottolineando che tali operazioni dovrebbero essere inquadrate in accordi bilaterali, “per servire al meglio la lotta al terrorismo”.

 

Intanto anche la Spagna è sul piede di guerra per le intercettazioni a tappeto sulle comunicazioni dei cittadini: la legge spagnola,  infatti, tutela anche i metadati, ossia le informazioni  associate alla chiamata – numero e identità degli utenti, durata o luogo di origine e destinazione – oltre al contenuto della chiamata stessa.

Anche i servizi segreti devono ricevere l’autorizzazione di un giudice per poter usare i dati, che gli operatori sono obbligati a conservare, ma possono cedere sono per finalità di polizia giudiziaria.

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