Digital divide: in Italia le reti ci sono, ma le aziende non le sfruttano. La colpa? Per Anfov è della PA

di Alessandra Talarico |

200 aziende su 1000 ammettono di non usare internet (o di farlo di rado) o anche di non avere neanche un computer. A monte, il problema può essere fatto risalire all’assenza di servizi e soluzioni che invoglino gli utenti a usare la rete.

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Digital divide

Qual è la vera natura del digital divide italiano: infrastrutturale o, piuttosto, culturale?

Soprattutto se si guarda alle aziende, è il secondo aspetto quello che sembra più rilevante: molte, infatti, sembrano sottostimare l’influsso che la banda larga potrebbe avere sul loro business, dimostrando la veridicità dei dati Ue, secondo i quali il vero digital divide italiano è di ‘utilizzo’.

A conferma di questa tesi arriva una nuova indagine di Aquarius Logica (Al), che ha sondato l’interesse di un migliaio di aziende rispetto alla connessione satellitare e da cui si evince come le aziende italiane situate in aree di digital divide, in realtà, siano in generale soddisfatte per lo status delle condizioni di accesso a internet, sia per costo sia per velocità.

“L’interesse delle aziende nei confronti del satellite è molto tiepido” ha affermato Achille De Tommaso, presidente di Al e di Anfov, notando quindi che le reazioni indicano, quando va bene, che le aziende intervistate – generalmente di dimensioni molto piccole – ritengono di non avere bisogno di servizi internet “performanti”.

Molto alta – il 20% su 1000 – la percentuale di aziende che ammette candidamente di non usare internet (o di farlo di rado) o anche di non avere neanche un computer.

 

La sostanziale ‘indifferenza’ delle aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni, nei confronti della connettività internet era emersa sia da un rapporto sull’innovazione in Emilia Romagna che segnalava una mancata conoscenza rispetto a ciò che è possibile fare con la banda larga, sia da recenti dati Ue che indicavano, tra le altre cose, la scarsa propensione all’utilizzo dei sistemi di pagamento elettronici.

 

Dati che, quindi, spingono a chiedersi se “esiste veramente il digital divide delle infrastrutture oppure se il problema riguarda invece le aziende che, soprattutto se di piccole dimensioni, non sono interessate all’aspetto tecnologico”, ha sottolineato ancora De Tommaso.

 

Visto che in molte aree del paese la copertura è ormai completa, grazie anche al wireless, a monte, il problema potrebbe essere fatto risalire all’assenza di un’offerta allettante, cioè di servizi e soluzioni che invoglino gli utenti – le aziende nello specifico – a utilizzare la rete per velocizzare e rendere più efficienti ed economiche le loro operazioni.

La ‘colpa’, in questo caso, è anche della Pubblica amministrazione, che quasi vede il digitale come un ‘nemico’ che, secondo De Tommaso, “mette in discussione figure e organizzazione del lavoro”: ne è la riprova non solo la lungaggine del processo per arrivare ad avere i decreti di attuazione della fattura elettronica nei confronti della Pa, ma anche il mancato decollo della ricetta telematica e degli Open Data.

 

A fronte di questo scenario, invece di accelerare, si assiste alla costante discesa dell’Italia nelle classifiche mondiali dei Paesi più avanzati al mondo in termini di tecnologie ICT – secondo l’ITU siamo scesi quest’anno dalla 29a alla 30a posizione – e in termini di utilizzo dei servizi web. Secondo Eurostat lo scorso anno solo il 29% degli internauti italiani ha utilizzato la rete per comprare beni e servizi. Dati inferiori sono stati registrati solo in Bulgaria (17%) e in Romania (11%).

E l’Agenda digitale è sempre nel pantano dei decreti attuativi del Decreto Crescita 2.0, senza i quali sarà davvero difficile fare dei progressi degni di un paese che vuole stimolare la crescita economica.

 

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