Telecom Italia: via libera dal Senato alle mozioni su modifiche Opa e Golden Power

di Alessandra Talarico |

Per il giurista Albero Gambino, alla revisione della disciplina Opa resta da preferirsi ‘il corretto e puntuale esercizio del potere di veto riconosciuto allo Stato’. Bassanini (CDP) torna alla carica: 'La rete va scorporata'.

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E’ stata approvata dal Senato, con 208 sì e 44 astensioni, la mozione unitaria proposta da Massimo Mucchetti (PD) e Altero Matteoli (PDL) per chiedere al Governo di introdurre, con la massima urgenza, anche attraverso “l’adozione di un apposito decreto-legge, le necessarie modifiche al Testo unico della finanza del 1998” (1), in modo da “rafforzare i poteri di controllo della Consob nell’accertamento dell’esistenza di situazioni di controllo di fatto da parte di soci singoli o in concerto tra loro” (a) e da “aggiungere alla soglia fissa del 30%, già prevista per l’Opa obbligatoria, una seconda soglia legata all’accertata situazione di controllo di fatto” (b).

La mozione chiede altresì di “completare, entro il termine massimo di trenta giorni, l’adozione dei regolamenti di attuazione di cui alla legge n. 56 del 2012, in particolare per quanto riguarda l’esercizio da parte dello Stato della golden rule nel caso di imprese di interesse strategico, specialmente quando sono in gioco infrastrutture da cui dipende la sicurezza del Paese”(2).

 

Il Governo – rappresentato dal sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Sabrina De Camillis – ha espresso parere favorevole sul punto 1), lettera a), Per quanto riguarda la lettera b), il Governo si è rimesso all’Aula.

Parere favorevole è stato espresso anche sul punto anche se le parole: “entro il termine massimo di 30 giorni” sono state sostituite con le parole: “con la massima urgenza”.

 

Approvati anche 4 dei 5 punti una mozione del Movimento 5 Stelle i cui si chiede al Governo non solo di attivarsi per rafforzare i poteri della Consob e completare l’adozione dei regolamenti sulla Golden Power – in linea con la precedente mozione, ma anche di “assicurare un più rapido sviluppo delle reti in fibra di nuova generazione” e ad assicurare “piena tutela e valorizzazione dell’occupazione e del patrimonio di conoscenze e competenze di Telecom Italia”.

Bocciato invece dall’Aula il quinto punto in cui si chiedeva di adottare “…tutte le misure finalizzate ad assicurare che l’infrastruttura di rete sia pubblica o comunque sotto il controllo pubblico, così da garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona e della promozione dell’iniziativa di impresa nel Paese”.

 

Nel suo intervento, De Camillis, che ha ricordato innanzitutto come in tema di Golden Power il Consiglio dei ministri abbia proceduto all’esame preliminare di tre schemi di decreto del Presidente della Repubblica (Leggi articolo) che saranno ora trasmessi al Parlamento e al Consiglio di Stato e, con riguardo al terzo schema, anche alle Autorità indipendenti del settore per i pareri di competenza.

Intanto, è in via di pubblicazione il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che conferisce poteri speciali al Governo per esigenze della difesa e della sicurezza nazionale. Poteri “esercitabili anche nei confronti di imprese italiane ed europee”.

Al di là dei poteri regolamentari reali e concreti che si potranno esercitare, conformemente al diritto europeo “c’è il potere di fatto derivante da un Governo in carica che può in qualche modo determinare alcune scelte, anzi ribadisco che ha il dovere di farlo per questo asset così importante al fine di trarne vantaggi per il Paese”, ha ricordato De Camillis.

 

Sull’opportunità di preferire l’esercizio del potere di veto riconosciuto allo Stato alla revisione della disciplina OPA si è espresso anche il giurista Alberto Gambino, direttore scientifico della Rivista Diritto Mercato Tecnologia, secondo cui quanto approvato oggi in Senato “…si pone in realtà quale rimedio residuale e non unanimemente apprezzato nel tentativo di bloccare l’acquisizione di Telecom da parte di Telefonica”.

“Resta da preferirsi – secondo Gambino – il corretto e puntuale esercizio del potere di veto riconosciuto allo Stato, come peraltro comprovato dall’inserimento nella mozione dell’impegno per il Governo di emanare la disciplina attuativa del cosiddetto Decreto Golden Power entro 30 giorni o comunque ‘con la massima urgenza’”.

 

Una utile ricostruzione del quadro normativo comunitario e nazionale all’interno del quale si inserisce l’operazione di acquisizione di Telecom, ancora frastagliato e incerto, è al centro del lavoro di poche ore fa dell’avvocato Elena Maggio, che indica nel corretto esercizio del c.d. golden power lo strumento con il quale Governo italiano potrà validamente intervenire per tutelare gli interessi del Paese a fronte dell’acquisizione da parte della compagnia spagnola Telefonica dell’azienda proprietaria della rete di telecomunicazione nazionale (leggi articolo Key4biz).

 

Con riferimento poi al rafforzamento dei poteri della Consob, De Camillis ha ricordato che all’esame del Senato c’è già un disegno di legge recante ‘Misure sulle semplificazioni degli adempimenti per i cittadini e le imprese e di riordino normativo’, che contiene anche disposizioni per la tutela degli investitori e del risparmio ed estende a tutte le aree di vigilanza della Consob i poteri ad oggi previsti solo in materia di market abuse, rafforzandone i poteri “per accertare la sussistenza di eventuali azioni di concerto e di patti occulti e di vigilare sulla corretta applicazione della disciplina sulle operazioni con parti correlate in casi di operazioni in potenziale conflitto di interessi”.

 

Per quanto riguarda però l’integrazione del vigente modello a soglia fissa con una previsione incentrata sul controllo di fatto, come proposto nella mozione, potrebbero esserci delle controindicazioni: “Innanzitutto – ha spiegato il sottosegretario – un sistema basato sull’accertamento del controllo di fatto potrebbe rendere più incerto il mercato del controllo societario; inoltre, potrebbe presentare problemi applicativi per l’Autorità di vigilanza connessi alla difficoltà di verificare ex post la sussistenza del controllo di fatto, verifiche che possono richiedere tempi non brevi considerata la necessità di esaminare gli effetti dell’acquisizione della partecipazione inferiore al 30 per cento almeno nella successiva assemblea per il rinnovo degli organi sociali”.

“Ancora – ha aggiunto – le discrezionalità connesse alle valutazioni dell’Autorità di vigilanza comportano un alto rischio di impugnative delle decisioni di quest’ultima presso l’autorità giudiziaria. Da ciò potrebbe derivare il rischio che l’OPA sia promossa dopo molto tempo dall’acquisizione del controllo, con problemi per i soci di minoranza che dovessero nel frattempo aver venduto le proprie azioni”.

 

Tali criticità di un’eventuale modifica della normativa OPA erano peraltro state segnalate già dal Presidente della Consob e del sottosegretario Giorgetti lo scorso 26 settembre (Leggi articolo). A queste criticità, ha precisato De Camillis, si aggiunge anche la necessità – tenuto conto dell’importanza della materia e delle implicazioni che essa ha sulle vicende societarie – di dover effettuare una valutazione d’impatto della regolamentazione, nonché di doverla sottoporre a pubblica consultazione.

 

Torna oggi alla ribalta anche il tema dello scorporo, riportato in auge dalle dichiarazioni del presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, secondo cui “…non c’è altra scelta che lo scorporo della rete e se questo non avviene spontaneamente allora spetta al regolatore decidere, lasciando all’incumbent il tempo di identificare come avviare questa separazione”.

Per Bassanini, “…la globalizzazione obbliga all’efficienza, e infrastrutture all’avanguardia sono la condizione per la realizzazione delle smart city, ossia di servizi più efficienti. Ma richiedono investimenti che non possono venire dai bilanci pubblici”.

Fondamentale, in tal senso, il “ruolo del regolatore”, perchè è altrettanto impossibile, per Bassanini, “…pensare che gli operatori telefonici riescano a fare ciò che chiede l’Agenda Digitale”, perché eccessivamente indebitati e senza le risorse “per investimenti che per loro natura hanno un risultato nel medio-lungo periodo, mentre mercato e azionisti invece vogliono dei ritorni a breve”.

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