Italia
Come noto, l’inadeguatezza normativa del contrasto alla pirateria digitale risulta, fra l’altro, formalmente stigmatizzato – oltre che dai numerosi interventi critici dei giuristi high-tech e dell’industria culturale italiana (Confindustria Digitale, FIMI, ANICA solo per citare alcuni dei principali stakeholder del settore) – anche, a livello internazionale, dall’inserimento dell’Italia – da parte dell’Office of the United States Trade Representative (USTR) – nella c.d. “watch list” del “2013 Special 301 Report”. (Leggi Articolo Key4biz)
A livello comunitario, il mercato unico digitale viene considerato come la “quinta libertà” e, conseguentemente, ne viene ritenuto prioritario lo sviluppo: senza tutela dei contenuti, si ribadisce, il mercato digitale non potrà crescere adeguatamente.
La fondamentale tutela dei contenuti digitali è strettamente correlata, ad avviso dello scrivente, al fondamentale ruolo svolto dalle figure soggettive che – a vario titolo – prestano servizi della società dell’informazione.
Si tratta del tema controverso – e in continua evoluzione – della responsabilità degli Internet Hosting Provider — ossia di quei prestatori di servizi della società dell’informazione che “ospitano’ contenuti forniti da terzi — oscilla tra gli opposti estremi dell’applicazione incondizionata del beneficio dell’irresponsabilità – previsto dalla Direttiva CE 31/2000 e dal correlato recempimento interno di cui al D.Lgs. 70/2003 per i meri “intermediari di servizi” passivi – e la disapplicazione, a determinate condizioni, di tale beneficio.
Il legislatore interno — sulla scorta di quello comunitario che si è ispirato al Digital Millenium Copyright Act degli Stati Uniti — ha tipizzato unicamente la figura soggettiva dell’ISP passivo – mero intermediario di servizi di mere conduit, caching e hosting – quale beneficiario dell’esclusione di responsabilità.
Tuttavia, nell’elaborazione giurisprudenziale più recente è emersa la necessità — in relazione alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale sui contenuti digitali (in particolare, musica e audiovisivi) — di individuare una figura soggettiva atipica — l’ISP attivo — al fine di poter escludere l’applicabilità del beneficio di irresponsabilità di cui al D.Lgs. 70/03 e conseguentemente censurare le condotte tecniche agevolative — si ribadisce, non meramente automatiche e passive — dell’ISP attivo, in regime di corresponsabilità, per il fatto illecito del soggetto autore del contenuto contra ius. Qualificazione soggettiva che la giurisprudenza ha utilizzato – in taluni casi – per inquadrare la peculiare responsabilità di motori di ricerca, social network e aggregatori di contenuti di terzi in genere. Ma il tema è tutt’altro che consolidato essendo il dibattito ancora aperto.
L’obsolescenza dell’E-Commerce Directive (ECD) è testimoniata, oltre che dagli sviluppi giurisprudenziali – interni e comunitari – summenzionati, anche dall’avvio di due consultazioni pubbliche promosse dalla Commissione UE – succedutesi tra il 2010 e il 2012 – proprio al fine di sondare le criticità registrate da parte degli stakeholder del settore nella prospettiva di revisione della stessa.
Consultazioni pubbliche preliminari a una revisione dell’ECD oltre che a una specifica iniziativa, ormai matura e necessaria, di armonizzazione orizzontale – a livello comunitario – delle procedure di notice and action per la rimozione dei contenuti digitali illeciti da parte degli “intermediari” della società dell’informazione: tema controverso e, tuttavia, fondamentale per la tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettroniche e conseguentemente dello sviluppo dell’Agenda Digitale comunitaria, e di riflesso, interna.
A quanto sopra rilevato, si aggiunga – a livello interno – che la nuova consiliatura AGCom ha recentemente ripreso in considerazione – dopo ben due tentativi, infruttuosi, di regolamentazione delle procedure di rimozione selettiva dei contenuti illeciti di cui alle note Delibere AGCom 668/10 e 398/11 – lo scottante dossier delle rimozioni selettive dei contenuti illeciti “in salsa italiana” ponendo in consultazione pubblica – da poco chiusa – un nuovo schema di regolamento: trattasi della nota Delibera AGCom 452/13, dello scorso 25 luglio, recante schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative del D.Lgs. 70/2003.
Senza alcuna pretesa di esaustività si possono formulare alcune prime osservazioni – in estrema sintesi e per macro temi – con riserva di ritornare in argomento per ulteriori approfondite analisi, se e quando, la prudenza è obbligatoria considerati gli esiti pregressi, entrerà in vigore il nuovo Regolamento AGCom.
Permangono, allo stato, diverse criticità, già rappresentate con riferimento ai precedenti tentativi di regolamentazione anche se non mancano note positive; fra queste si possono richiamare certamente l’enfasi data al tema della valorizzazione dell’offerta legale, l’esclusione di obblighi di filtraggio preventivo da parte degli ISP oltre che due soluzioni pragmatiche – sotto il profilo della funzionalità del procedimento disciplinato – e precisamente:
- L’esclusione dall’ambito soggettivo del regolamento AGCom degli utilizzatori finali della rete Internet – c.d. downloader – e dall’ambito oggettivo delle attività dicondivisione diretta (c.d. peer to peer) tra utenti finali, che rimangono, quindi, di competenza esclusiva dell’AG ove emergano fatti di reato. L’obbiettivo dichiarato – forse discutibile sotto il profilo dell’enforcement auto-limitato, ma realistico, considerate le risorse a disposizione – è il contrasto alla pirateria digitale degli uploader;
- L’esclusione dell’avvio d’ufficio delle verifiche – che avrebbe, in concreto, paralizzato AGCom di fronte al mare magnum di Internet – a fronte di una più realistica attivazione della procedura di rimozione selettiva su istanza dell’interessato.
Così pure pare meglio delineato – rispetto ai precedenti interventi – il doppio binario di tutela giudiziaria e amministrativa, con esplicita, doverosa, consacrazione della preminenza giudiziale.
Sul piano definitorio si segnala una più accurata messa a punto della nomenclatura interna, peraltro non ancora, del tutto, precisa.
Basterebbe, in tal senso, limitarsi a richiamare testualmente le definizioni utilizzate dal D.Lgs. 70/03 e con uno sforzo aggiuntivo offrire criteri distintivi inequivoci – utili almeno ai fini della definizione di una specifica regolamentazione amministrativa delle procedure di rimozione e delle tempistiche applicabili – rispetto a quelli “attivi” di recente emersione giurisprudenziale.
Corre l’obbligo, pervero, di rilevare che l’ennesimo tentativo di regolamentazione si innesta in uno scenario normativo immutato in permanente, ingiustificabile, assenza, nonostante il lasso di tempo trascorso dal primo tentativo di regolazione – risalente al 17 dicembre 2010 – ad oggi, di una norma primaria – idealmente, una nuova legge sul diritto d’autore digitale – che estenda espressamente i poteri di AGCom al di fuori del ristretto contesto dei contenuti audiovisivi previsto esplicitamente dal Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici (TUSMAR).
AGCom ha, quindi, ritenuto doveroso disciplinare un contesto economico-tecnologico che certamente giustifica l’intervento in concreto, ma che dal punto di vista strettamente teorico richiede di sgombrare il campo da potenziali rischi giudiziari: il potere di intervento non deve, quindi, essere ritenuto legittimo solo in via interpretativa ma deve essere incontrovertibile per tutti – per tabulas – anche per coloro – e non è certamente il caso dello scrivente, che non da oggi, ne ravvisa l’opportunità e il ruolo strategico per lo sviluppo dell’economia digitale – che avversano il rafforzamento delle tutele dei contenuti online.
Al netto delle notazioni positive, corre, quindi, l’obbligo di rilevare che (sic!) anche per il nuovo tentativo di regolamentazione amministrativa persiste, a prudente avviso dello scrivente, la surrichiamata fondamentale censura, già mossa in ordine ai precedenti schemi di regolamentazione, sotto il profilo dell’ambito applicativo giuridicamente a rischio, in quanto esteso, si ribadisce, indistintamente a tutti i contenuti digitali – definiti nello schema di regolamento “opere digitali” – diffusi a mezzo internet.
Né pare sufficiente, per risolvere il problema prospettato, il generico richiamo espresso, nella rubrica del provvedimento AGCom, a “procedure attuative ai sensi del D.Lgs. 70/2003”, trattandosi di procedure che vanno ben oltre la mera attuazione regolamentare amministrativa.
Al fine di evitare prevedibili ricorsi, a prudente avviso dello scrivente, occorrerebbe statuire, quindi, in sede di normativa primaria con riferimento alla disciplina della tutela amministrativa del diritto d’autore nelle comunicazioni elettroniche, almeno, quanto segue:
- Estensione esplicita summenzionata a tutti i contenuti digitali veicolati mediante reti di comunicazione elettronica;
- Espresso potere provvedimentale AGCom, ossia non solo regolamentare e di vigilanza ma anche ordinatorio, accertativo e sanzionatorio;
- Competenza sui ricorsi avverso provvedimenti AGCom inerenti il contrasto alla pirateria digitale disciplinati dall’emanando regolamento riservata in esclusiva all’AGO — sulla falsariga di quanto fatto con il D.Lgs. 196/03 in materia di controversie inerenti la tutela dei dati personali anche in relazione ai provvedimenti del Garante per la Protezione dei Dati Personali (art. 152, comma 1 — D.Lgs. 196/2003) trattandosi di provvedimenti potenzialmente lesivi di diritti soggettivi anche costituzionalmente protetti. Nel caso di specie, da riservarsi ratione materiae alla competenza esclusiva delle Sezioni specializzate dei Tribunali delle imprese (già Sezioni specializzate in materia di proprietà intellettuale e industriale);
- Tipizzazione del diritto al risarcimento del danno da rimozione ingiustificata;
- Esonero della responsabilità in capo al prestatore di servizi della società dell’informazione che ottemperi diligentemente e in buona fede all’ordine di rimozione successivamente rivelatosi infondato;
- Decadenza dal beneficio dell’esonero di responsabilità del mero intermediario della società dell’informazione (prestatori di servizi passivi di mere conduit, caching e hosting di cui agli artt. 14, 15 e 16 del D.Lgs. 70/2003) che non ottemperi tempestivamente all’ordine di rimozione selettiva di AGCom.
A giustificazione del nuovo tentativo di regolazione amministrativa – in assenza di una solida copertura primaria – non può non evocarsi, pervero, la preoccupante amnesia, per non dire idiosincrasia, del legislatore italiano sul punto specifico della tutela dei contenuti digitali che, si ribadisce, meriterebbe ben altra attenzione in quanto fondamentale fattore strategico, come riconosciuto anche a livello comunitario, di crescita economica.
I contenuti creativi sono, infatti, un elemento chiave per lo sviluppo del mercato unico digitale: non basta che l’Agenda Digitale – comunitaria e italiana – si occupi di creare le “autostrade digitali” occorre anche farsi carico della tutela dei contenuti digitali che viaggeranno sulle nuove infrastrutture.
Le priorità dello sviluppo digitale – nonostante le crescenti attese e i summenzionati richiami dell’industria dei contenuti – paiono, invece, essere altre.
Dal recente “Crescitalia 2.0” – D.L 18 ottobre 2012, n.179 convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221, provvedimento delineante la c.d. Agenda Digitale italiana – al Decreto “del fare” – D.L. 21 giugno 2013, n. 69 convertito in L. 9 agosto 2013, n. 98 – una sequela di occasioni mancate per fare chiarezza e delineare un quadro giuridico incontrovertibile in cui innestare il processo regolatorio di AGCom in tale delicata materia.
Occorre, sollecitamente, rimettere al centro dell’Agenda Digitale italiana – in attesa della promessa armonizzazione orizzontale, a livello comunitario, delle procedure di notice and action per la rimozione dei contenuti illeciti da parte degli “intermediari” della società dell’informazione – il tema urgente e non più rinviabile della riforma della legge sul diritto d’autore per la miglior tutela dei contenuti digitali: lo richiede, innanzitutto, l’opportunità di cogliere tempestivamente un fattore di crescita e sviluppo globale, lo richiedono a gran voce, e non da oggi, gli operatori dell’industria dei contenuti.
Auspicando di essere smentito, quanto prima, dai fatti di cronaca, si potrebbe concludere – per stigmatizzare icasticamente l’avversione del legislatore verso lo spinoso tema della riforma della tutela delle opere digitali – parafrasando le celebri manzoniane parole: la riforma del diritto d’autore 2.0 non s’ha da fare, né domani, né mai…
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