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Telecom Italia, Catricalà: ‘A lavoro per coinvolgere CDP’. Domani Cda cruciale per il futuro

Italia


In queste ore febbrili per il Governo, che ha appena incassato la fiducia al Senato, c’è anche chi sta lavorando al dossier Telecom Italia, in attesa di conoscere gli esiti del cda di domani in cui dovrebbero essere ufficializzate le dimissioni del presidente esecutivo Franco Bernabè.

Il vice ministro allo sviluppo economico, Antonio Catricalà ha affermato stamani di essere a lavoro affinché la Cassa Depositi e Prestiti entri nella società che gestisce la rete di Telecom Italia.

Risponde così, il viceministro, al j’accuse di Bernabè, che in una lettera inviata ai presidenti delle Commissioni Industria e Lavori Pubblici aveva sollecitato un’accelerazione dei tempi dell’operazione di scorporo della rete e l’ingresso di CDP nel capitale, che consentirebbe a Telecom Italia di “considerare in una prospettiva più favorevole in termini di flessibilità temporale, la necessità di un aumento di capitale originata dalla necessità di garantire una struttura patrimoniale idonea a sostenere un prolungato sforzo di investimenti”.

Quanto invece al varo dei regolamenti della golden share e alla riforma della legislazione in materia di OPA, che dovrebbe obbligare Telefonica a un’offerta pubblica di acquisto su Telecom Italia, Catricalà ha riferito che “al momento non c’è ancora un gruppo che lavora alla modifica della legge sull’Opa e non si prevede una prossima discussione in Consiglio dei ministri, ma è possibile”.

“Vediamo come sarà il Dpcm e il decreto sui poteri speciali che sono di prossima emissione. Il Dpr va in Consiglio dei ministri, mentre il Dpcm che riguarda le infrastrutture strategiche per la sicurezza e la difesa non deve passare per il Cdm e questo facilita l’iter“, ha concluso.

 

In concomitanza con il determinate appuntamento di domani, intanto, i sindacati e i piccoli azionisti sono sul piede di guerra: i primi hanno annunciato l’attivo nazionale delle RSU di Telecom e un presidio sotto la sede di Piazza Affari a Milano, dove si svolgerà il CdA dell’azienda, accompagnato da un primo sciopero di quattro ore dei lavoratori della Lombardia che confluiranno alla manifestazione.

“Le due iniziative hanno lo scopo di sensibilizzare i vertici aziendali e l’opinione pubblica sulla difficile situazione di Telecom Italia, che, se non vincolata a precise scelte di politica industriale, rischia di indirizzare il futuro della compagnia telefonica nazionale su una strada di non ritorno che vedrà la scomparsa dell’azienda“, ha denunciato Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil, sottolineando che non è questione di difendere l’italianità dell’azienda o “utilizzare pretestuose minacce di pericoli per la sicurezza nazionale”. Il punto, ha aggiunto, è “vincolare l’operazione a precisi impegni sugli investimenti e sul futuro dell’azienda”.

Per Azzola, dunque, è essenziale una ricapitalizzazione di Telecom Italia, così da garantire gli investimenti e scongiurare il declassamento del debito.

L’intervento dovrebbe realizzarsi “attraverso la partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti per superare l’anomalia italiana che vede lo Stato assente da un settore strategico le decisioni sul quale sono fondamentali per gli interessi del Paese.”

 

Anche i piccoli azionisti riuniti nell’associazione Asati denunciano che la reale strategia di Telefonica, come emersa dalla rinegoziazione dei patti Telco, è quella di  indebolire la società italiana.

“Mantenere per il tempo più lungo possibile lo status quo, non acquisendo tutte le quote di Telco, al fine di non consolidare il debito di TI, avere tempo sufficiente per vendere Tim Brasil (9-12 mesi), non cedere la rete, altro tema sostenuto da Bernabè e Patuano, non effettuare forti investimenti in Italia, disinteressarsi del mantenimento dei livelli occupazionali del Gruppo, oggi 82.000,  danneggiare l’85% del capitale (ordinario e di risparmio di TI le famose minorities anche con il passaggio fuori mercato di azioni riconosciute a 1.1 euro) soprattutto rendere più debole la stessa Società”, spiega il presidente dell’associazione, auspicando che l’avvenuta fiducia al Governo Letta possa far riesaminare la questione nella sua intera gravità

Dal Cda di domani, i piccoli azionisti aspettano pertanto indicazioni sul nuovo piano industriale e sull’eventuale vendita di Tim Brasil, che – se fosse realizzata – dovrebbe avvenire a un prezzo di 9-10 mdi di euro, “valore oggi che si può ottenere a premio ma di difficile ottenimento se i contendenti sono solo i locali Vivo, Claro e OI Brasil”.

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