Tv per bambini, in Italia offerta ‘chiusa’ e a ‘due velocità’. Si rischia divario economico-culturale?

di Raffaella Natale |

Nel Rapporto OssCom, una panoramica sull’offerta tv per bambini e ragazzi, uno dei comparti dell’industria più direttamente coinvolto dai processi di riconfigurazione dei modelli editoriali e di business connessi alla digitalizzazione.

Italia


Tv e bambini

Televisione e infanzia’ è il Rapporto focalizzato sull’offerta televisiva per bambini in Italia, realizzato da OssCom (Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) per conto della Fondazione per la Sussidiarietà. Nasce dalla volontà di offrire alcuni strumenti conoscitivi circa l’esperienza televisiva di bambini e ragazzi e, in particolare, fornisce i dati di scenario e categorie teorico/interpretative che consentono una maggiore conoscenza di quella particolare porzione dell’attuale panorama televisivo rivolta ai più piccoli.

 

Obiettivo della ricerca è anche quello di formulare una valutazione culturale di questo fenomeno nell’attuale contesto sociale italiano; un’emergenza educativa su cui, da più parti, è stata richiamata l’attenzione, insieme alla necessità di discutere le trasformazioni che riguardano il sistema televisivo e in particolare il ruolo del servizio pubblico.

Il presente report restituisce i risultati della prima annualità (2011-2012) della ricerca, al fine di ricostruire e descrivere l’offerta televisiva specificamente rivolta al pubblico dei bambini e dei preadolescenti, la cosiddetta Children’s Television (CT).

 

Nell’analisi si considera anche che con il passaggio dall’analogico al digitale terrestre s’è determinata a livello globale una moltiplicazione delle piattaforme di distribuzione (DTT, Satellite, Cavo, Iptv, Hybrid Tv etc.) e di diversificazione dei modelli di business (free, premium, pay o pay-per-view).

Questo processo ha anche implicato una tendenziale frammentazione degli ascolti e delle audience. Frammentazione che risulta particolarmente significativa in relazione al più generale quadro economico di crisi, che vede gli investimenti pubblicitari in calo, specialmente sul mezzo televisivo.

In Italia, il satellite fa registrare un trend in costante crescita e costituisce un competitor importante mentre risulta poco significativo il mercato della tv via cavo.

 

L’offerta tv per bambini e ragazzi rappresenta uno dei comparti dell’industria audiovisiva più direttamente coinvolto dai processi di riconfigurazione dei modelli editoriali e di business connessi alla digitalizzazione del sistema televisivo, all’avvento della multicanalità e allo sviluppo delle reti tematiche e alla convivenza tra proposte free e pay.

 

In estrema sintesi lo sviluppo, in anni recenti, dell’offerta televisiva per ragazzi in Italia può essere descritto come un percorso di disinvestimento iniziale da parte delle grandi emittenti generaliste pubbliche (RaiDue e RaiTre) e private (Italia1) a favore della valorizzazione dei programmi per bambini come contenuto premium distribuito all’interno di spazi circoscritti, protetti e garantiti (secondo la logica del walled garden), accessibili a pagamento e – almeno inizialmente – attraverso l’infrastruttura tecnologica satellitare. In questo modo i programmi per bambini e ragazzi hanno cessato di essere specifici contenuti che occupavano (in maniera più o meno ampia e articolata) porzioni di palinsesto di reti a vocazione generalista/semi-generalista per guadagnare autonomia all’interno di spazi dedicati, targettizzati e declinati secondo modelli editoriali caratteristici e distintivi.

 

Successivamente – con l’avanzamento del processo di switch-off, la diffusione del digitale terrestre e lo sviluppo di un’inedita offerta multicanale – si è assistito, da un lato, al tentativo di replicare su DTT (sebbene in scala ridotta) il modello pay di Sky (con il pacchetto Premium Fantasy – oggi rinominato “Bambini” – parte del bouquet di Mediaset Premium); dall’altro, a un nuovo investimento in un’offerta tematica free sia da parte dei principali network nazionali, pubblici (Rai) o privati (Mediaset), sia da parte di nuovi soggetti, alcuni dei quali già presenti su piattaforma satellitare (si pensi a Switchover Media o DeAgostini).

 

Dal punto di vista distributivo si può osservare come canali e prodotti per ragazzi siano presenti, in forma free o pay, su tutte le principali piattaforme di distribuzione di contenuti televisivi; sul DTT troviamo sia l’offerta in chiaro di diversi player (Rai Gulp, Rai YoYo, Boing, Cartoonito, K2, Frisbee e, dal 18 marzo 2012, Super!, il canale di De Agostini già presente su satellite a pagamento che sostituisce su Sky DeASuper e su DTT prende il posto di Stv), sia il pacchetto “Bambini” (precedentemente denominato “Fantasy”) di Mediaset Premium che comprende Disney Channel, Disney Junior e Cartoon Network.

 

Sul satellite troviamo invece il pacchetto “Bambini” dell’operatore satellitare Sky (Baby Tv, Boomerang, DeAKids, Dea Junior, Super!, Disney Channel, Disney Junior, Disney XD, Disney in English, JimJam, Nickelodeon, Nick Jr e Planet Kids) e l’offerta di Al Jazeera, la principale emittente televisiva del Quatar che ha sviluppato a partire dal 2005 un’offerta tematica dedicata ai più giovani spettatori di lingua araba, articolata in due canali, distribuiti a livello globale in numerose aree geografiche e disponibili in Italia sui canali 690 e 691 di Sky.

 

Infine, per quanto residuali nel contesto italiano, IPTV e Mobile: sul primo versante troviamo l’offerta on demand di Mediaset Premium Net Tv (accessibile via web e con decoder DTT connesso alla rete) che ha acquisito i contenuti di Hiro, precedentemente incluso nel pacchetto Premium Fantasy; quella di CuboVision di Telecom Italia, che propone contenuti a pagamento dal catalogo Disney e quella di Fastweb (terminata alla fine del 2012) che – oltre a dare la possibilità di accedere, via IPTV, al pacchetto “Bambini” di Sky – aveva messo a disposizione negli anni contenuti on demand per ragazzi sui canali Jugo, Toon Toon, Disney On Demand Ragazzi/Bambini, Cartoon Network On Demand, OnTv Ragazzi e FastKids.

 

Sul secondo versante, invece, l’offerta mobile dell’operatore Tre Italia (3 Tv) che ha proposto contenuti free (Boing) e premium (Cartoon Network e Disney Channel), a cui si aggiunge la recente proposta di Sky che – sulla piattaforma per tablet, pc e smartphone Sky Go – offre agli abbonati 25 canali del proprio bouquet televisivo, tra cui i due canali del pacchetto “Bambini” Disney Channel e Disney Junior. Da segnalare anche Video Player, un’applicazione per la visione on-demand dell’offerta di Baby Tv attraverso computer con connessione alla rete (il servizio prevede la sottoscrizione di un abbonamento mensile di 3.50 euro).

 

Dal punto di vista della profilazione editoriale dei canali, il fenomeno più macroscopico ed evidente è quello di una sotto-segmentazione dell’offerta che ha portato i principali gruppi presenti sulle diverse piattaforme distributive a sviluppare una proposta ad hoc per il target pre-scolare (denominato “junior” dedicata alla fascia 3-6 anni), distinta da quella rivolta ai bambini con più di 6 anni (è quanto avvenuto per Disney con Disney Jr., Nickelodeon con Nick Jr., Mediaset e Rai rispettivamente con Cartoonito e YoYo e – in tempi ancora più recenti – a De Agostini con Dea Junior), fino alla realizzazione di un canale espressamente dedicato ai primissimi anni dell’infanzia come BabyTv (0-3 anni).

 

Dal punto di vista del numero di canali disponibili, l’Italia è uno dei Paesi europei che presenta un’offerta ampia, con 22 canali (escluse le versioni time-shifted), pari a Regno Unito, Spagna e Germania.

Lo sviluppo – da parte della Rai di due canali nazionali di CT dedicati ai due target school e pre-school dà conto di un impegno e di una volontà di presidio del segmento difficilmente riscontrabile a livello delle altre principali realtà europee (fa eccezione BBC, presente in UK con il canale pre-school Cbeebies e il canale scolare CBBC).

 

Sempre rispetto al quadro europeo, e in riferimento al ruolo dominante svolto dai player internazionali, vale la pena osservare che il caso italiano si presenta particolarmente frammentato, con una ricchezza di operatori privati (nazionali, internazionali o frutto di partecipate tra gruppi nazionali e transnazionali, come nel caso di Boing e Cartoonito, nati dalla partnership tra Mediaset e Turner) che non ha eguali a livello europeo.

 

L’offerta di CT in Italia risulta, a una prima analisi, ampia (dal punto di vista del numero di canali), accessibile (dal punto di vista delle piattaforme e dei costi), differenziata (dal punto di vista dei player), segmentata (dal punto di vista dei target).

Ciononostante, emergono alcuni potenziali elementi di criticità. Il primo è relativo a una sorta di divide tra chi accede alla programmazione di CT attraverso il DTT e chi vi accede attraverso la piattaforma satellitare, dal momento che solo i secondi possono fruire dei contenuti premium caratteristici dei principali broadcaster statunitensi o di alcuni editori nazionali tra i più originali e creativi; la tendenza a privilegiare i contenuti satellitari da parte di chi ha questo tipo di accesso rischia anche di tradursi in una sorta di clausura all’interno del walled garden a pagamento. I primi, invece, rischiano di restare, a loro volta, chiusi in un walled garden nazionale. Una forma di divide, solo in parte ridimensionata dalla partecipazione di Turner all’offerta free su DTT di Mediaset (Boing e Cartoonito) o di DeAgostini, e dall’offerta Premium di Mediaset, introduce il secondo elemento di criticità, rappresentato dal fatto che lo scenario della concorrenza e il ruolo centrale dei canali transanazionali anche al di fuori della loro principale piattaforma di distribuzione alimentano il rischio di una omologazione dei contenuti e dei formati.

 

A differenza di quanto avviene in altri contesti nazionali in Europa (per esempio nel Regno Unito), il sistema televisivo italiano sembra sì riconoscere l’offerta di programmi per bambini e ragazzi come parte integrante dei compiti di pubblico servizio -insieme, per esempio, all’informazione- ma finisce per affidare tale responsabilità alla sola concessionaria di servizio pubblico, senza alcun altro vincolo per gli operatori commerciali, pur a carattere nazionale. Sulla Rai finiscono così per gravare tutti i compiti previsti dalla normativa a sostegno della produzione e della distribuzione di CT.

 

Nello stesso tempo, gli operatori commerciali, a carattere sia nazionale sia transnazionale, agiscono sul terreno della CT come su uno dei principali segmenti del mercato televisivo, in competizione sia tra di loro sia con la Rai; ne deriva un investimento prevalentemente a carattere economico, che finisce per condizionare anche la tipologia e i formati dell’offerta.

Si tratta di una situazione che presenta sia vantaggi, sia potenziali criticità: da una parte, la pluralità degli operatori è una precondizione per il pluralismo dei contenuti e delle proposte editoriali; dall’altra il regime di concorrenza sembra per certi aspetti condizionato dal fatto che uno dei player agisca sulla scorta di un mandato normativo e non di semplici valutazioni di opportunità, mentre altri si muovano esclusivamente entro le regole del mercato. Come si è visto, in mercati piccoli come quello italiano tale situazione può facilmente limitare il pluralismo effettivo, producendo effetti di tipo omologante.

 

Si determina, inoltre, una CT “a due velocità” dove il differenziale non è più solo tecnologico, tra chi ha o non ha accesso alla tecnologia, ma più ampiamente economico-culturale: tra chi investe nell’abbonamento pay perché ne ha le possibilità economiche, le skills culturali o un sistema di valori (in termini di economia morale del nucleo familiare) che gli consentono di coglierne le potenzialità e chi ha possibilità o priorità diverse.

 

Un secondo elemento di criticità è legato alla già rilevata tendenza all’omologazione: l’esiguità del mercato, lo scenario della concorrenza e il ruolo centrale dei canali transnazionali anche al di fuori della loro principale piattaforma di distribuzione possono alimentare il rischio di un appiattimento dei contenuti e dei formati sull’esempio dei maggiori player a carattere commerciale.

Esempio di questa tendenza è il progressivo diffondersi nell’ambito della programmazione dei canali tematici per bambini e ragazzi di produzioni (spesso localizzate) basate su format destinati a un pubblico adulto riformulati per il target bambini e ragazzi, spesso legato al fatto che i broadcaster fanno riferimento al medesimo, ristretto, numero di case di produzione sia per la programmazione rivolta ai bambini, sia per quella rivolta agli adulti. E’ il caso dei ‘talent show’ a carattere fortemente performativo o dei ‘tutorial’ il cui contenuto è prevalentemente focalizzato sull’acquisizione di competenze da applicare nella vita quotidiana (dall’abbigliamento, al fai da te, all’arredamento) piuttosto che su conoscenze di carattere enciclopedico o più ampiamente culturale.

 

Il quadro dell’offerta e delle sue criticità sin qui descritto solleva dunque una serie di questioni che coinvolgono tutti i diversi stakeholder che ruotano intorno alla CT (bambini e ragazzi, famiglie, istituzioni formative, producer, broadcaster, policymaker, autorità di controllo etc.); le aspettative reciproche costituiscono altrettanti snodi che investono il sistema televisivo a tutti i livelli fin qui analizzati.

 

Per maggiori informazioni:

Televisione e Infanzia

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