Italia
“Voler cambiare la governance di Telecom è come tentare di cambiare il porcellum: tutti lo vogliono, ma nessuno lo fa”. Lo ha affermato nel corso del convegno “Italia Connessa: Trentino e Innovazione, perchè il digitale non resti solo in Agenda”, il presidente di Telecom Italia Franco Bernabè, che non ha mancato di lanciare qualche bordata all’Italia e all’Europa che pontificano sul digitale ma poi bloccano l’innovazione, la prima con la sua mancanza di ‘visione’, la seconda “con lacci e lacciuoli che frenano gli investimenti”.
La situazione del nostro Paese, ha detto Bernabè, è caratterizzata dall’instabilità e dall’incapacità di formare una classe politica degna di questo nome. Per gli investimenti, invece, ci vuole “stabilità, visione di lungo periodo, tutto il resto sono chiacchiere”.
Fino a quando non c’è stabilità, “è inutile fare investimenti”, ha sottolineato, rimarcando che, mentre la concorrenza ha portato a un abbassamento dei prezzi dei servizi che ha fatto si che gli italiani acquistassero più consapevolezza e cultura, le istituzioni sono invece arretrate su tutti i fronti.
“Penso che noi come paese abbiamo bisogno di competenze prima che di investimenti. Bisogna fare poche cose, sapere cosa fare e muoversi fino a ottenere i risultati. La ricetta non è semplice, sta nella governance, bisogna sapere cosa si vuole”.
“Quello che manca ed è mancato e’ una visione politica chiara di dove si vuole arrivare”, ha aggiunto, evidenziando quindi lo scollamento tra le istituzioni e la popolazione: quest’ultima è più consapevole dell’importanza dell’agenda digitale “ma non trova la risposta politica adeguata”.
A monte, quindi, c’è la ‘burocrazia’ di Bruxelles, che “continua a mettere i bastoni fra le ruote” a progetti innovativi come quello che avrebbe permesso di realizzare in Trentino una rete avanzatissima. Un progetto sperimentale bloccato da due anni “per verificare se si configuravano aiuti di Stato” . “Non è questo il modo di procedere”, ha dichiarato, ricordando che a breve la Commissione europea scadrà e “si dovrà ricominciare tutto daccapo”.
Dalla governance del paese a quella di Telecom, il passo è breve e anche in questo caso c’è poca attenzione al gradino più basso, in questo caso i poco tutelati piccoli azionisti: “…Servono cambiamenti di statuto, i voti in consiglio devono essere proporzionali ai voti in assemblea”. Per farlo, però, è necessario l’appoggio di Telco, che – come ha ricordato ieri in Senato – in assemblea ha la possibilità di bloccare tutto.
“E’ un po’ come per la legge elettorale italiana – ha ironizzato Bernabè – tutti vogliono cambiarla, ma sta bene a tutti quanti perché consente di nominare i rappresentanti con i listini bloccati”.
Sull’intesa tra Telecom e Telefonica – che porterà gli spagnoli al controllo di Telco e che sta monopolizzando, come al solito in netto ritardo l’attenzione della politica – è intervenuta anche la Consob, che effettuerà verifiche sul prezzo pagato dagli spagnoli ai soci italiani di Telco. A margine di un’audizione in Senato, il presidente della Commissione, Giuseppe Vegas, ha spiegato che la Consob ha già incontrato rappresentanti di Telco e la prossima settimana vedrà Telefonica, sottolineando che “Il prezzo è doppio rispetto alla quotazione attuale a quasi 1,1 euro. Ognuno è libero di pagare il prezzo che vuole, qui si incorpora un sovrapprezzo su cui Consob procederà a delle verifiche”.
Le regole attualmente in vigore in Italia, comunque, non obbligano Telefonica a lanciare un’Opa su Telecom Italia, dal momento che “l’attuale normativa italiana lega l’obbligo di opa al superamento del 30% del capitale con diritto di voto, indipendentemente dal fatto che alla partecipazione acquisita corrisponda una situazione di controllo della società quotata”, ha ricordato Vegas.
La normativa, tuttavia, potrebbe essere cambiata a breve, stando a quanto indicato dal sottosegretario all’Economia, Alberto Giorgetti, che in audizione al Senato ha spiegato che sono allo studio “possibili alternative: le società potrebbero essere autorizzate a definire per via statutaria la soglia inferiore a quella prevista per via normativa al superamento della quale scatterebbe l’obbligo di Opa”.
Eventuali modifiche alle regole attuali sarebbero benvenute dai piccoli azionisti dell’associazione Asati, che chiede al Governo, al Parlamento e alla Consob do attivarsi al più presto “affiche venga cambiata la normativa attuale in modo che venga resa operativa, insieme ai decreti attuativi della “golden power” entro dicembre 2013″.
Al fine di meglio tutelare i piccoli azionisti, secondo l’associazione sarebbe altresì opportuno ridurre anche la soglia prevista per consentire agli azionisti di “chiedere al CdA di convocare una assemblea, di fatto ostile a Telco, con all’ordine del giorno la modifica dello Statuto sociale e un adeguato aumento del capitale nonché la conversione delle azioni di risparmio in azioni ordinarie”.
Il Copasir, intanto, rinnova l’allarme sicurezza già lanciato ieri. Allarme condiviso anche dal Dipartimento per le informazioni sulla sicurezza presieduto da Giampiero Massolo, cui il presidente del Comitato per la sicurezza della repubblica, Giacomo Stucchi aveva chiesto una relazione urgente.
Nell’informativa, secondo indiscrezioni di stampa, viene confermata l’esistenza di una “ragionevole ipotesi di allarme” per la tutela della sicurezza delle infrastrutture critiche, a partire da quelle delle comunicazioni.
Si attende intanto il ritorno del premier Enrico Letta in Italia è atteso anche per discutere la questione della golden share. Lo ha ribadito il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato nel corso di un’intervista al Sole 24 Ore, spiegando che al Consiglio dei ministri di domani “ancora non c’è un provvedimento all’ordine del giorno ma potrebbe essere discussa un’informativa per prendere determinazioni”.