Italia
Per evitare il passaggio del controllo di Telecom Italia a Telefonica, si doveva pensare prima a un intervento ‘strutturale’ di sistema, ha detto stamattina in audizione in Senato il presidente Franco Bernabè, sottolineando di aver appreso solo dai comunicati stampa dell’intesa che va a modificare l’accordo parasociale tra gli azionisti Telco e che porterà Telefonica ad assumere il controllo della holding e a diventare azionista di riferimento di Telecom Italia.
Che le reti tlc siano infrastrutture strategiche, perchè è su di esse che vengono veicolate informazioni sensibili dell’intero Paese, non è certo un segreto eppure la politica italiana sembra averlo intuito solo ‘a cose fatte’.
Il presidente del Copasir – Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica – Giacomo Stucchi si è accorto stamani che la cessione del controllo di Telecom a Telefonica “…pone seri problemi di sicurezza nazionale, visto che la rete Telecom è la struttura più delicata del Paese, attraverso cui passano tutte le comunicazioni dei cittadini italiani ed anche quelle più riservate”.
Ma perchè, si chiedono in molti, il Governo non ha esercitato la golden share, ossia non ha usato i ‘poteri speciali’ previsti dalla legge per tutelare l’interesse della collettività in quelle società che si occupano di settori di rilevante importanza? Forse, dovremmo pensare, se il Governo non fosse stato avvisato “a cose fatte”, come ha affermato in Senato il viceministro allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni, Antonio Catricalà, avrebbe messo mano al regolamento attuativo per le tlc – come ha già fatto per i settori Sicurezza e Difesa – del decreto legge che il governo Monti emanò lo scorso anno per allineare la normativa italiana a quella europea?
O, semplicemente, la questione è stata altamente sottovalutata?
Lo stesso Catricalà, nei giorni scorsi spiegava che “Gli asset sottoposti a poteri speciali perdono di contendibilità e di valore”.
“Davvero pensiamo – ha aggiunto – che sia uno strumento salvifico? Davvero pensiamo sia un’arma che si può utilizzare a favore del Governo? O è un deterrente, un’arma che ha solo un colpo e poi si resta disarmati? Se la risposta non è chiara si capisce il perchè in materia di telecomunicazioni il recente Governo e questo Governo non hanno ancora stabilito che è un settore soggetto a poteri speciali”. Inoltre, ha affermato, “…Telecom Italia ha già una sorta di ‘golden share’ nel proprio statuto”.
Stamattina, invece, Catricalà sembra aver cambiato, idea su diverse cose.
Sulla golden share, innanzitutto: “La rete di telecomunicazioni è un asset fondamentale che seppur privato comporta un interesse strategico generale per l’intera collettività, per la crescita e lo sviluppo del paese” e come tale, ha aggiunto Catricalà, “è oggetto di una particolare attenzione da parte del governo italiano”.
Per tutti questi motivi, nonché per il patrimonio di “conoscenze, ingegneria, competenze” che Telecom Italia rappresenta e che non dovrebbe in alcun modo andare disperso, la rete “potrebbe anche rientrare tra gli oggetti dei poteri speciali su attività e infrastrutture strategiche previste dalla legge 56/2012”, che include i settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché’ le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
Quanto ai poteri speciali previsti dallo statuto di Telecom Italia, “al momento non hanno valore. Il governo deve definirli nuovamente. Il lavoro è quasi completato anche se è stato complesso”, ha affermato Catricalà.
Anche secondo Matteo Colaninno, responsabile Economia del Pd, il Governo dovrà a questo punto valutare l’utilizzo dei poteri speciali e avviare un bilancio sulle privatizzazioni.
“Per il Partito Democratico – ha affermato – nessuna preclusione al fatto che un grande investitore industriale come Telefonica investa in asset italiani, anzi! Ma lo deve fare rispettando gli interessi strategici italiani, dando garanzie su occupazione e politica industriale”.
Sulla questione dell’applicazione del ‘golden power’ sulla rete Telecom, però, bisognerà attendere il ritorno in Italia del premier Enrico Letta, negli Usa – ironia della sorte – per promuovere gli investimenti esteri nel nostro Paese.
Letta martedì riferirà in Parlamento e, ha detto ancora Catricalà, “potrà essere più completo e esaustivo anche perché già da tempo si stanno svolgendo gli approfondimenti tecnici necessari a definire gli ambiti entro i quali, conformemente al diritto europeo, si possono legittimamente esercitare i poteri speciali”.
“Sul piano tecnico – ha aggiunto – abbiamo lavorato tanto, ma ormai è una decisione di carattere politico, di vertice”.
Ma Catricalà ha cambiato idea anche su un altro tema al centro dell’attenzione, quello dello scorporo: se fino a due giorni fa sosteneva l’impossibilità di imporre lo scorporo della rete fissa , oggi afferma invece che la separazione societaria si può fare per legge, anche se sarebbe meglio “sfruttare l’occasione e andare avanti con il progetto di scorporo della rete messo a punto dalla società”.
“Quello che non si può assolutamente fare è un esproprio senza indennizzo”, ha affermato ancora rispondendo ai giornalisti a margine di un’audizione in Senato, rassicurando poi sul fatto che “gli spagnoli non possono imporre le loro leggi”.
Il premier Letta, dal canto suo, ha risposto da New York alle pressioni dei sindacati, preoccupati per le possibili ripercussioni sui livelli occupazionali. A rischio, secondo la SLC Cgil, ci sarebbero 16 mila posti di lavoro.
Cgil, Cisl e Uil, ritrovando unità, hanno chiesto un incontro urgente al presidente del Consiglio e al ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato per un esame della situazione in vista dell’adozione delle misure necessarie: i tre Segretari nazionali Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, in una lettera sottolineano come “…La modifica dell’azionariato di Telecom Italia provoca conseguenze rilevantissime su tutto il comparto delle telecomunicazioni, settore strategico per il futuro del nostro Paese”.
Molto netta, quindi, la posizione del segretario nazionale di Slc Cgil, Michele Azzola, che, riguardo alle dichiarazioni rilasciate da esponenti del Governo e di forze politiche in merito alla vicenda Telecom sottolinea che “…Chi oggi si lava la coscienza con pilateschi richiami ad un semplice affare tra privati, si sta assumendo la responsabilità di velocizzare il declino industriale del Paese, mettendo a rischio l’innovazione delle reti di telecomunicazione e la possibilità del Paese di ammodernarsi oltre a decretare la fine della compagnia telefonica nazionale.”
Secondo Azzola, l’operazione Telecom-Telefonica avrà ricadute occupazionali rilevantissime, soprattutto nei settori dell’innovazione, dell’IT e dello sviluppo “oltre all’incognita sugli oltre 10000 addetti alle attività di customer”.
Massima disponibilità al confronto è giunta nell’immediato dal ministro Zanonato, mentre il premier, intervistato da Bloomberg tv ha ricordato come in un mercato “aperto” come quello europeo l’acquisizione della società italiana da parte di Telefonica riguarda innanzitutto il livello occupazionale ma anche la questione degli asset strategici. “Siamo ora nel mercato europeo, stiamo discutendo di compagnie europee, come Enel o Endesa. Non è un problema di nazioni, ma un problema di interessi strategici”.
Decisamente più soft è invece la posizione di Francesco Caio, Commissario del Governo per l’attuazione dell’agenda digitale, secondo cui sbaglia chi pensa ancora solo al contesto ‘italiano’: “la nostra nazione è l’Europa”, ha detto Caio, sottolineando che la cosa importante è che “si trovi un assetto per gli investimenti necessari per continuare a mantenere la qualità della rete”.