Italia
Democrazia rappresentativa, diretta oppure liquida? Consultazione o deliberazione online dei cittadini? Sono state queste le domande che hanno tenuto acceso il dibattito e a cui hanno tentato di dare una risposta le esperienze e le piattaforme web di e-participation presentate e discusse al workshop “I Codici (software) della Democrazia”, organizzato dall’Università degli Studi di Milano il 13-14-15 settembre. Si è trattato di una tre giorni molto intensa che ha messo forse per la prima volta attorno ad un tavolo sviluppatori, ricercatori, amministratori e cittadini, con l’obiettivo di riflettere sui “codici”: quelli che definiscono le piattaforme software ed i codici su cui si modella la democrazia attuale e quella della rete.
Le keynotes di apertura di Doug Schuler, pioniere dell’informatica civica e presidente del Public Sphere Project, di Anna De Liddo, ricercatrice al Knowledge Media Institute della Open University sui temi della collective intelligence, e di Fiorella De Cindio, organizzatrice dell’evento e direttrice del Laboratorio di Informatica Civica presso l’Università di Milano, hanno dato la giusta cornice teorica e empirica alle sessioni successive, evidenziando come – dalle parole di quest’ultima – la rete offra nuove opportunità di partecipazione, sia stata molto efficace nell’abilitare proteste, ma ora sia necessario fare un passo avanti e capire come può servire a sviluppare nuove forme di governo e dunque di democrazia.
Osservata speciale è stata indubbiamente piattaforma deliberativa LiquidFeedback, sviluppata dai pirati tedeschi e importata recentemente anche in Italia, grazie al lavoro del Partito Pirata italiano, presente con Marco Ciurcina, e del Movimento 5 Stelle di Bergamo, presente con Andrea Ravasio. Si tratta forse di uno dei più importanti ed ambiziosi tentativi di superare la dicotomia tra democrazia diretta o democrazia rappresentativa, sfruttando le potenzialità della rete in termini di interazione costante, immediata e, appunto, liquida tra le persone. LiquidFeedback nasce con l’intento di risolvere il secolare problema dei partiti e della democrazia, che un secolo fa Michels teorizzava nella sua legge ferrea delle oligarchie, ed “embeddare” le strutture democratiche e decisionali tradizionali all’interno di un processo online di assemblea permanente, in cui tutti i militanti possano potenzialmente partecipare su ogni ambito di loro interesse. La delega e la rappresentanza non è esclusa, ma semplicemente cambia pelle, modellata dalle interazioni ed interfacce della rete. Una bella sfida, raccontata in prima persona da Carlo von Lynx, pirata tedesco, che ha condotto nei meandri della storia, della filosofia e del funzionamento del Partito Pirata, rimandando inevitabilmente alla storia, alla filosofia e al funzionamento di LiquidFeedback che ne è di fatto il motore.
In Italia, questo software è stato utilizzato e adattato ad un contesto differente e specifico, dove la partecipazione aperta ai cittadini è più impellente. Così, dopo l’iniziativa “Partito Liquido” della trasmissione TV Servizio Pubblico, si è passato in rassegna il progetto TuParlamento della Fondazione RCM, con il contributo del direttore Mario Sartori, che cerca di aumentare le potenzialità del software integrandola alla piattaforma di e-participation openDCN (su cui si concentrano le maggiori esperienze in real life) e stipulando un “patto partecipativo” tra i parlamentari impegnati nel progetto ed i cittadini iscritti. Il Parlamento Elettronico, spiegato dal team leader Emanuele Sabetta e sviluppato dal Movimento 5 Stelle Lazio, è entrato invece dentro il codice sorgente, arricchendolo di strumenti già in uso nelle istituzioni democratiche (come il tool di “emending” AT4AM, utilizzato dal Parlamento Europeo e dal Senato e presentato al workshop da Claudio Fabiani) o in via di sviluppo, ma cancellando in tronco uno dei pilastri del software e della filosofia liquida e non in linea con la visione diretta della democrazia del Movimento 5 Stelle: il proxy voting, o delega transitiva.
La presenza di molti esponenti del Movimento 5 Stelle, e l’essenza stessa del tema in oggetto, ha dunque posto inevitabilmente interrogativi sul ruolo dei partiti ma anche della rappresentanza politica nell’epoca della rete: decisori e responsabili della sintesi politica o meri portavoce e attuatori di soluzioni provenienti dall’intelligenza collettiva che la rete è in grado di amplificare?
Anche questa domanda ha accompagnato tutto il workshop, evidenziando sin da subito le differenze tra il mondo emergente dalla rete e dai movimenti ed organizzazioni più recenti, e quello più istituzionale. Se durante il dibattito con amministratori e politici (tra cui Umberto Ambrosoli, il sindaco di Udine Furio Honsell, la deputata PD Lucrezia Ricchiuti, moderati da Peter Gomez) il pensiero dominante (con l’unica eccezione del consigliere laziale del Movimento 5 Stelle, Davide Barillari) è stato quello del “primato della politica”, nelle sessioni successive la discussione si è dimostrata più aperta a scenari più ambiziosi, se non utopistici, e foriera di maggiori spunti.
La sessione del sabato ha messo questa volta a confronto gli sviluppatori ed i promotori di altre importanti piattaforme web, svelando un impressionante sottobosco di iniziative e progetti attivi nel territorio italiano, ma confermando la notevole diversità di visioni nonchè di linguaggi di programmazione e progettazione che ciò comporta. Per esempio Airesis, la piattaforma sviluppata da un gruppo di sviluppatori indipendenti riuniti nell’ Associazione Tecnologie Democratiche, volutamente creata sul modello Facebook (anche per lo stile) ma dotata al suo interno di meccanismi deliberativi (di voto sia palese che segreto). Come ha affermato, Alessandro Rodi, team leader del gruppo, Airesis è ancora in fase evolutiva, ma sta richiamando la partecipazione di molti gruppi 5 stelle, interessati al suo ambiente gradevole, più evoluto dei vecchi Meetup. E insieme alle sue funzionalità di e-democracy. Su una traiettoria simile e altrettanto strategica si colloca BiPart, dell’Associazione Centro Studi per la Democrazia Partecipativa, un ambiente nato per aiutare prevalentemente lo sviluppo dei bilanci partecipativi tra le comunità locali, cioè processi strutturati dove la cittadinanza è chiamata a proporre e scegliere come gestire le risorse pubbliche. Una piattaforma, come sottolinea Carlo Brunelleschi CEO di Maiora Labs e sviluppatore, quest’ultima, pensata fin dall’inizio per sostenere e facilitare un processo non solo online, ma anche di incontri e assemblee fisiche. Infine Vilfredo, presentato dall’ideatore Pietro Speroni di Fenizio, un software di deliberazioneper piccoli gruppi che spicca per la capacità di guidare la comunità verso una soluzione che sia pienamente condivisa e non il risultato di una votazione.
Del workshop è rimasta irrisolta una questione cruciale, che ha diviso la platea: la rete e la partecipazione dal basso sono uno strumento in supporto e dell’attività politica tradizionale, oppure la politica e le istituzioni democratiche sono destinate a cambiare pelle, “embeddando” al suo interno i codici software che la tecnologia e il sapiente sforzo creativo di decine e centinaia di sviluppatori e fruitori della rete stanno facendo emergere? Non vi è convergenza neanche tra i più accesi promotori della e-democracy, salvo che in un punto che ha invece trovato tutti d’accordo: la necessità di avviare un intenso lavoro di messa in rete, discussione e condivisione, finalizzato a tracciare un percorso condiviso, un linguaggio condiviso, che ad oggi è mancato e che questo workshop forse è riuscito a far partire.