Unione Europea
Il nuovo Regolamento della Commissione europea sul mercato unico digitale, presentato nelle scorse settimane dal Commissario Neelie Kroes è al centro di un’analisi molto ‘critica’ di John Strand, Ceo della società Strand Consult che evidenzia ben 8 ‘false premesse’ della proposta.
Strand comincia col puntualizzare che – vista la lunga gestazione – era ovvio che la proposta fosse molto attesa e che, quindi, fosse anche attentamente scandagliata e criticata. Le critiche, in effetti, non si sono fatte attendere – sono giunte nell’immediatezza sia dalle associazioni di settore (come ETNO e Anfov) che dall’organismo dei regolatori europei (BEREC) – ma, nota Strand, la Ue le ha bollate come ‘frivole e inaffidabili’.
Strand si sofferma, quindi, sulla misura ‘roam like home’ (parla ovunque come a casa) che – separando i prezzi del servizio dai costi sottostanti – porterà a un calo dei prezzi nel breve periodo, ma rischia di avere “conseguenze disastrose a lungo termine e di creare un incentivo perverso per l’arbitraggio delle carte sim”.
“La Ue – aggiunge – sembra essersi dimenticata che molti paesi e operatori hanno lavorato a lungo per giungere al modello di roaming attualmente in essere. La promessa di livellare i prezzi del roaming a quelli pagati a casa sembra quindi essere stata mossa dalla necessità di ottenere un sostegno popolare alla proposta per il mercato unico digitale, senza curarsi dei costi dell’industria e dei diversi regimi fiscali nei diversi paesi”.
Un altro settore in cui la Ue avrebbe potuto fare di più è quello del consolidamento: la proposta, pur evidenziando che il consolidamento è necessario, non prende misure adeguate per sostenerlo e per consentire, quindi, agli operatori, di creare margini e ricavi tali da rilanciare gli investimenti.
“Con questa proposta la Commissione ha un’importante opportunità per riconquistare la leadership e non dovrebbe preoccuparsi delle critiche. Dovrebbe invece ascoltare le domande e le preoccupazioni per capire in che modo migliorare il suo progetto”, afferma Strand, aggiungendo quindi che la società di analisi da lui diretta “lavora da 20 anni con l’industria mobile e ha quindi un’idea concreta della storia e delle sfide del settore”.
Proprio sulla base di questa esperienza ha quindi identificato le 8 ‘false premesse’ della proposta.
1) La Commissione sostiene che le condizioni per gli investimenti nelle infrastrutture negli Usa sono migliori, quindi l’Europa dovrebbe fare semplicemente quello che fa l’America, portando come esempio il vantaggio nell’LTE maturato oltreoceano. Eppure, Usa e Ue hanno storie molto diverse nel settore delle telecomunicazioni. La Commissione non spiega perchè gli operatori americani hanno investito pesantemente nelle infrastrutture negli anni più recenti ma queste ragioni – un mix di storia e fortuna – non sono cose che l’Europa può creare.
2) La Commissione asserisce altresì che Asia e Africa sono più avanti nel rollout dell’LTE, ma ancora non è sostenibile assumere che l’Europa debba semplicemente fare quello che fanno altre regioni. Bruxelles omette di ricordare che gli operatori in Africa e Asia hanno semplicemente riadattato il vecchio spettro a una nuova tecnologia mentre l’Europa ha scelto il refarming delle frequenze (ovvero la liberazione dei canali precedentemente utilizzati dalle vecchie tecnologie), un processo molto più lungo, volto – tra le altre cose – a massimizzare gli introiti dei governi nazionali. La differenza tra il semplice riutilizzo dello spettro e il refarming e sostanziale, infatti paesi come il Regno Unito, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia che hanno deciso di riallocare lo spettro 1.800 Mhz allo stesso modo di alcuni paesi asiatici, dispongono già dell’LTE.
3) In merito all’alto livello d’indebitamento delle telco europee, la commissione fa alcune affermazioni semplicistiche. I debiti elevati sono la conseguenza di decisioni consapevoli dei governi, dei regolatori nazionali, delle aziende telefoniche e degli azionisti. Ci sono molte ragioni per cui gli operatori hanno problemi economici, dalla feroce concorrenza sui mercati nazionali ai prezzi esorbitanti delle licenze, all’aumento dei dividendi per il finanziamento degli investimenti nei nuovi mercati fuori dall’Europa.
4) La Commissione commette l’errore, comune a molti politici, di fraintendere i dati sulla velocità della banda larga sulla base di un presupposto sbagliato: ossia che il semplice aumento la velocità della banda larga spingerà lo sviluppo economico. La realtà è che la banda larga è uno dei molti importanti input economici dell’ecosistema digitale. C’è inoltre una grande differenza tra quello che è disponibili e quello che i consumatori scelgono di acquistare. Per esempio, il 65% della bitazioni danesi è raggiunto da una tecnologia che fornisce 100Mbps, ma solo lo 0,7% ha scelto di abbonarsi al servizio.
5) La Commissione sostiene che gli utenti mobili all’interno dell’Unione europea pagano prezzi assai diversi per gli stessi servizi. La maggiore differenza di prezzo è quella relativa alle chiamate nazionali su rete mobile: una differenza del 774% tra la Lituania, il paese dove queste telefonate costano meno, e i Paesi Bassi, il paese più caro. Ma lo studio di riferimento non fa che raccogliere dati dei regolatori nazionali che non hanno un formato standardizzato di calcolo dei prezzi. Lo studio è quindi fuorviante e aggiornato a due anni fa. Per cui alcuni dei paesi che sembrano avere i prezzi più cari sono in realtà tra i più economici per i servizi mobili, secondo dati OECD.
6) La Commissione sostiene che i prezzi all’ingrosso del rame variano da 4-14 euro al mese, una differenza del 333%. Un’affermazione che non riconosce il fatto che i costi per costruire, gestire e mantenere una rete in rame variano sensibilmente nei 28 paesi ue. Kroes dimentica anche di ricordare che se un operatore guadagna 14 euro al mese, il regolatore nazionale ha facoltà di abbassare il prezzo, se vuole. A dire il vero, la Ue ha abbandonato l’idea di un regolatore europeo nella sua proposta, preferendo richiedere un potere di veto.
7) Nel sostenere che i prezzi dei servizi variano da un paese all’altro, la Commissione dimentica un elemento importante: le tasse. Ogni paese ha un proprio regime fiscale. E così, ad esempio, se una società tlc offre servizi Tv dal Lussemburgo paga solo il 3% di Iva, mentre in altri paesi l’imposta può raggiungere il 20-25%.
8) Un’altra falsa premessa nella proposta della Commissione è che la concorrenza incentiverà gli operatori a investire nelle infrastrutture. Lo scenario proposto può aumentare la competizione ma porterà anche a un incremento dei costi di vendita e di marketing. E così i prezzi scenderanno per i consumatori ma aumenteranno per gli operatori che avranno meno soldi da investire.
In conclusione alla sua analisi, Strand sottolinea che il modello ‘roam like home’ è morto e che probabilmente emergerà il modello ‘roam like local’ in cui ciascuno pagherà la tariffa prevalente del paese che sta visitando, senza un ‘supplemento’ roaming. Questo permetterà agli operatori di coprire i loro costi e di eliminare gli incentivi a sfruttare l’arbitraggio.