Telecom Italia, il board valuta le opzioni per il futuro. Telefonica pronta a crescere?

di Alessandra Talarico |

Secondo la stampa spagnola, France Bernabè pronto a dimettersi se non ci sarà aumento di capitale.

Italia


Franco Bernabè

Si è tenuta oggi la prima di una serie di riunioni informali del board di Telecom Italia che, alla presenza dei soci di Telefonica, sta cercando una soluzione all’intricata matassa del futuro assetto azionario dell’azienda. Le riunioni, secondo quanto riferito da una fonte vicina alla società, “continueranno nei prossimi giorni al fine di arrivare al cda del 3 ottobre con una decisione”.

Ma l’accordo sembra ben lungi dall’essere prossimo, con Bernabè che – secondo indiscrezioni di stampa non confermate – starebbe cercando di convincere gli azionisti ad approvare un aumento di capitale da 3-5 miliardi di euro e sarebbe pronto anche a dimettersi se questo non fosse avallato.

Al termine dell’incontro di oggi, il consigliere Tarak Ben Ammar si è limitato a dichiarare che si è trattato di ‘un pranzo tra amici’ e che per nuovi dettagli “ci vuole un po’ di pazienza”. Bocche cucite, insomma, fino al 3 ottobre.

Del resto, nulla di certo è ipotizzabile, sul futuro del gruppo, prima della data fatidica del 28 settembre, quando i soci Telco – Telefonica (46,18%), Intesa Sanpaolo e Mediobanca (11,62% ciascuna) e Generali (30,58%) – comunicheranno se vorranno restare in partita o sciogliere il patto di sindacato. Entro quella data, anche Telefonica dovrà chiarire se vuole o meno impegnarsi e in che modo. Una prima offerta da 800 milioni di euro sarebbe già stata rifiutata.

 

Sempre secondo la stampa, l’ipotesi di aumento di capitale metterebbe in difficoltà la società di Cesar Alierta, alle prese con un debito di oltre 50 miliardi di euro. La soluzione, a questo punto, sarebbe la cessione di Tim Brasil, il cui valore potrebbe superare i 10 miliardi di euro.

 

Alierta, dal canto suo, sarebbe oggi a Milano per cercare una soluzione che consenta di mantenere la struttura societaria futura il più possibile simile a quella attuale. Un compito quanto mai arduo visto che le intenzioni di Mediobanca sono già palesi: l’ad Alberto Nagel ha fatto sapere che l’istituto non intende mettere altri soldi sul piatto e ha raccomandato a Generali (di cui Mediobanca è primo azionista con una quota del 13,5% circa)  di uscire da patto. 

 

Intesa SanPaolo ha invece fatto sapere di essere disponibile a valutare qualsiasi soluzione che serva a tutelare gli interessi della banca, sia in qualità di azionista che di creditore.

Gian Maria Gros-Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa ha affermato stamani che sono in corso discussioni: “Non riteniamo che il nostro mestiere sia quello di gestori, ma abbiamo una posizione importante sia come creditori sia come azionisti e intendiamo tutelare il futuro di Telecom e il nostro investimento”.


Secondo lo scenario tracciato da Il Sole 24 Ore, Telco è destinata a sciogliersi, facendo di Telefonica il primo azionista Telecom con una quota del 10,3%, ma all’orizzonte potrebbe profilarsi anche una nuova maggioranza – con la cessione del 12% in capo ai soci italiani a un nuovo partner ‘sinergico con i progetti industriali di Telecom – che avrebbe il sostegno della Findim di Marco Fossati, che controlla il 5% della società.

 

Il ‘problema’ Telecom Italia, però, non riguarda solo i suoi azionisti, ma ‘tutto il Paese’,come ha affermato stamani in audizione presso la Commissione Lavori Pubblici del Senato Vito Gamberale, amministratore delegato di F2i.

Gamberale, chiamato in causa nell’ambito dell’indagine conoscitiva sullo scorporo della rete, ha sottolineato che “…se un problema di Telecom è di un eccesso di debito che non deriva da investimenti, il problema è un aumento di capitale”, per poi aggiungere che “il problema della ricapitalizzazione di Telecom è un problema serio”.

Gamberale ha quindi spiegato che è importante anche comprendere la ratio dello spin-off, ossia se Telecom intende realizzare lo scorporo “…per superare i suoi problemi finanziari o per sviluppare la rete” e ha poi chiarito che una forte spinta all’urgente questione dell’infrastrutturazione del paese potrebbe venire da “una collaborazione sinergica tra Telecom e Metroweb” (di cui F2i controlla il 53,8% del capitale).

Soffermandosi quindi sulle diverse problematiche del settore delle tlc, Gamberale ha puntato il dito contro gli OTT, come Google e Skype. Sono, ha affermato “i veri parassiti del sistema”, delle “sanguisughe della rete”. E’ un problema, ha concluso, “da affrontare non solo in Italia ma a livello europeo”.

 

Intanto, secondo il Sole 24 Ore, il piano industriale sarebbe già pronto e dovrebbe essere incentrato su un aumento degli investimenti nella fibra ottica – senza aspettare lo scorporo della rete – e su una riorganizzazione che potrebbe includere la societarizzazione, oltre che della rete d’accesso, anche delle attività di customer care. La riunione informale di oggi dovrebbe far luce anche sulle risorse economiche necessarie a sostenere il piano.

Secondo quanto riferito invece da fonti sindacali, il gruppo si avvia a una riorganizzazione in cinque divisioni: uno scenario che potrebbe far presagire future cessioni.  

“Le società controllate da una holding sarebbero cinque, fisso, mobile, call center, servizi e rete”, spiega la fonte citata da Reuters, secondo cui  “…poi teoricamente sarebbe più facile procedere a una cessione”.

 

La società, infine, ha reso noto di aver concluso con successo il lancio di un’emissione obbligazionaria a tasso fisso per 1 miliardo, destinata ad investitori istituzionali. “L’ottima qualità del book di ordini conferma il favore della comunità finanziaria europea verso il credito Telecom Italia, permettendo di prezzare l’emissione con un rendimento inferiore rispetto alla guidance inizialmente annunciata”, afferma in una nota. Il rendimento dell’emissione, pari al 5,054%, risulta largamente inferiore al costo medio del debito, che a fine giugno si attestava a 5,4%. L’emissione si inserisce nel processo di rifinanziamento del debito in scadenza. 

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