‘Eye-phone’: quando basta uno smartphone per combattere la cecità

di Alessandra Talarico |

La LSHTM dell'Università di Londra ha messo a punto un sistema che grazie a un obiettivo per la scansione della retina e a un software per registrare i dati permette agli abitanti del Kenya di accedere alle cure senza recarsi in un centro specializzato.

Africa


Eye-phone

I telefonini di ultima generazione, oltre agli usi di puro intrattenimento che se ne fanno nei mercati maturi, si stanno dimostrando un potente strumento diagnostico in quei paesi dove l’accesso alle cure sanitarie non è proprio alla portata di tutti. Ne è l’ultimo esempio il sistema battezzato ‘eye-phone‘ per la diagnostica delle patologie oculari, messo a punto da un’equipe britannica e sperimentato in Kenya, che potrebbe presto permettere a milioni di persone di avere una diagnosi anche senza recarsi in un centro oftalmico.

 

È questa almeno la speranza del team di ricerca della London School of Hygene and Tropical Medicine dell’Università di Londra, guidato da Andrew Bastawrous, che sta testando il sistema nella regione keniota di Nakuru: il paese conta oltre 40 milioni di abitanti, ma i medici specializzati in patologie oculari sono solo 86, dei quali la metà operano nella capitale Nairobi.

 

Il sistema di diagnostica per smartphone consta di un obiettivo che scansiona la retina e di un software che registra i dati. Il costo è di circa un centinaio d’euro, contro le diverse decine di migliaia d’euro dei sistemi professionali che sono inoltre molto ingombranti.

Le informazioni così raccolte possono essere inviate agli specialisti che possono effettuare la diagnosi e predisporre un trattamento adeguato.

 

Il progetto, partito 5 anni fa, è ormai in fase finale: sono state ‘esaminate’ circa 5 mila persone sia con il nuovo sistema che con un apparecchio professionale. La comparazione dei risultati sembra essere positiva: l’eye-phone ha consentito di individuare diverse patologie quali il glaucoma, la cataratta, la miopia e l’ipermetropia.

200 i pazienti già operati, riferiscono i responsabili del progetto, secondo i quali l’80% dei casi di cecità nel paese africano potrebbero essere evitati con una diagnosi precoce della patologia che ne è all’origine.

 

 

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