Unbundling: otto domande all’Agcom

di di Francesco Vatalaro (Professore ordinario di Telecomunicazioni, Università Tor Vergata - Roma) |

Non conosciamo ancora nel merito la nuova delibera Agcom e quindi un giudizio complessivo non può che essere rinviato, ma alcune domande sono d’obbligo.

Italia


Francesco Vatalaro

Recependo la policy regolatoria della Commissione europea, Agcom nel 2010 con la delibera n. 578/10/CONS procede alla definizione di un modello di costo per la determinazione dei prezzi dei servizi di accesso all’ingrosso alla rete fissa di Telecom Italia. Per sviluppare il modello, AGCOM si affida a un consulente molto esperto in materia,  il londinese Europe Economics, che provvede come da richieste e in linea con la policy della Commissione ad elaborare il nuovo modello, detto BU-LR(A)IC, secondo l’approccio di tipo “Scorched Node“, in base al quale il numero e la posizione delle centrali locali di Telecom Italia sono considerati come dati e non modificabili. Si tratta di una modellizzazione basata sul criterio dell’operatore efficiente riconosciuta a livello internazionale.

Vengono così calcolati i prezzi all’ingrosso da praticare agli operatori alternativi per gli anni 2010-2012. A seguito di un rilievo elevato dalla Commissione nella fase di notifica a Bruxelles della Delibera, Agcom – dopo avere nuovamente incaricato Europe Economics che esegue ulteriori approfondimenti – pubblica la versione definitiva della delibera in questione.

Nell’occasione Agcom  chiarisce che “durante la fase di costruzione del modello, la società Europe Economics aveva già condotto alcune verifiche volte ad accertare che la stima dei costi di manutenzione e commerciali fosse, ceteris paribus, in linea con quelle provenienti da modelli simili. In ogni modo (….) ha operato un ulteriore confronto tra la propria metodologia e le metodologie applicate in due modelli di pubblico dominio” di due operatori nordici. Le correzioni attuate attennero ai costi di manutenzione e alla fine si fissò definitivamente il canone di unbundling per il 2012 a 9,28 /mese (− 0,20 /mese rispetto al modello originale), mentre il valore ricalcolato per l’anno 2011 risultò di 9,02 /mese, e quello del 2010 si confermò al valore pari a 8,70 /mese.

È poi nota la successiva contestazione degli OLO che portò il Governo Monti prima e il Parlamento poi ad una norma che violava le prerogative dell’Agcom, per disaggregare il costo della manutenzione da quelli delle altre voci dell’unbundling, con il risultato che l’Italia rischiò la procedura di infrazione.

Non conosciamo ancora nel merito la nuova delibera Agcom e quindi un giudizio complessivo non può che essere rinviato, ma alcune domande sono d’obbligo:

  • Perché Agcom delibera in materia di prezzi all’ingrosso del 2013 a metà anno? Se vi erano motivi di perplessità residui sulla delibera del 2010 non si poteva intervenire prima (pur tenendo conto del processo necessariamente lungo della consultazione pubblica)?
  • Perché poche ore prima della delibera del Consiglio gli AD di tre importanti aziende del settore già “cantavano vittoria”: vi sono state fughe di notizia? Ricordiamo che in un caso precedente, conclamato dalla pubblicazione del testo della delibera prima che passasse dal Consiglio Agcom era stata interessata la procura della repubblica. Tutte le regole formali sono state correttamente seguite per la nuova delibera unbundling?
  • Se il modello LR(A)IC di Europe Economics era errato o oggi non più affidabile, o altro, in quali riguardi esso va considerato tale, tenendo anche conto che nel testo della vecchia delibera si  riteneva di dovere sottolineare che “l’Autorità ribadisce di non aver utilizzato i costi sostenuti dalla divisione wholesale di Telecom Italia”?
  • Se, viceversa, il modello era esatto e non vi può essere variazione di “input” da Telecom Italia, in quanto comunque non utilizzati, mentre come è noto si è fatto riferimento all’ipotetico “operatore efficiente”, perché oggi si registra una riduzione del prezzo rispetto al 2012, in regime di inflazione di poco crescente (e non certo calante)?
  • Considerato che Agcom già nel 2010 ha ritenuto di dovere apportare modifiche all’ “output” del modello LR(A)IC su richiesta della Commissione e che oggi, in condizioni generali e settoriali sostanzialmente immutate ma forse peggiorate, fornisce prezzi differenti, può l’Agcom rassicurare osservatori e mercato della scientificità del modello di costo che essa impiega?
  • Se la Commissione europea ha indicato da tempo una “policy” generale di stabilità dei prezzi ULL e mentre altri paesi (vedi ad esempio la Germania) addirittura aumentano, persino oltre la soglia massima prevista dei 10 euro, il prezzo wholesale, evidentemente anche per favorire lo sviluppo delle reti in fibra, perché il Consiglio Agcom va in controtendenza, con l’Italia fanalino di coda in Europa nello sviluppo della nuova rete?
  • Perché intervenire oggi, stante il ritardo del nuovo listino rispetto all’inizio dell’anno 2013, quando Telecom Italia ha da poche settimane annunciato di avviare un processo che dovrebbe portare alla societarizzazione della rete e all’applicazione dell’Equivalence of Input e, a tal fine, si appresta a dare ad Agcom tutte le informazioni necessarie per una revisione del quadro regolatorio in senso più “light”?
  • Perché, mentre tutta Europa tende a limitare il ricorso all’orientamento al costo, per favorire nuovi modelli di sviluppo della fibra, Agcom blocca inesorabilmente tutti i suoi obblighi a tale logica palesemente disincentivante?

Sono solo poche semplici domande a cui, di certo, l’Autorità non farà difficoltà a rispondere. Credo che nell’interesse della massima trasparenza e dello sviluppo di un settore in grave crisi, nel momento in cui si dovrebbe concentrare ogni sforzo verso l’obiettivo della nuova rete in fibra, l’Autorità non ci farà mancare risposte chiare e convincenti.

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