‘Giallo’ sulla decisione AgCom sull’unbundling. Sfida a Bruxelles?

di di Raffaele Barberio |

Un’eventuale riduzione dei costi dell’unbundling andrebbe in netto contrasto con gli obiettivi dichiarati della Ue di tenere stabili i prezzi del rame perché diversamente nessun investitore nazionale ed estero si sentirebbe incentivato ad investire.

Italia


Raffaele Barberio

C’è una certa suspense in Europa per la decisione AgCom sull’unbundling attesa nei prossimi giorni, che riguarda i prezzi a cui Telecom Italia affitta le proprie linee agli operatori alternativi di telecomunicazioni (Wind, Fastweb, Vodafone ecc.).

Sembra una vera e propria sfida che l’Agcom vuole lanciare a Bruxelles ad un anno dall’annuncio della Commissaria Neelie Kroes per la stabilizzazione dei prezzi dell’undbundling.

Sull’argomento Key4biz ha già scritto lo scorso venerdì (cfr. Prezzo dell’unbundling. Scontro AgCom-UE?), ma per capire meglio cosa sta succedendo e quali conseguenze può determinare la decisione, richiesta dagli OLO, di un abbassamento “forzato” dei costi unbundling da parte dell’AgCom (la decisione dovrebbe essere presa in questo mese di luglio), occorre passare al vaglio i principali elementi che compongono il quadro. Solo così si potrà valutare il perché di una decisione poco comprensibile e sicuramente intempestiva, anticipando di poche settimane, con uno “sgarbo istituzionale”, la Raccomandazione che la Commissione Europea si appresta ad emanare.

Come se in Agcom ci fosse la consapevolezza della necessità di accelerare la decisione che altrimenti non potrebbe essere più presa con la nuova raccomandazione

 

 

Perché una decisione sull’unbundling ora?

 

Va innanzitutto considerato il perché AgCom abbia deciso di prendere questa decisione.

E perché ora.

Gli operatori europei hanno iniziato ad offrire l’unbundling agli inizi del 2000. Ai tempi andava di moda la teoria della “ladder of investment“.

Di cosa si tratta?

In sostanza per facilitare i nuovi entranti si era stabilito di fissare prezzi molto bassi proprio per consentire loro di entrare sul mercato, e questi prezzi sarebbero poi dovuti salire negli anni successivi. Il risultato è che oggi i prezzi dell’unbundling in Europa si sono praticamente dimezzati rispetto al 2000 e l’Italia è stata per un lunghissimo periodo il Paese con i più bassi prezzi in Europa.

Solo recentemente l’Agcom è stata costretta a rivederli per riflettere i costi reali di Telecom Italia. L’ultimo cambiamento delle tariffe di unbundling risale al 31 dicembre scorso.

Non si comprende pertanto la ragione di un ulteriore modifica dei prezzi, dopo appena pochi mesi, considerato che il valore italiano è nella forbice indicata dalla Ue e compresa tra gli 8 e i 10 euro.

Insomma un segnale incomprensibile che è anche un messaggio poco rassicurante per gli investitori nazionali ed esteri, che guardano ormai all’Italia come un Paese “inaffidabile” dove le regole vengono riviste e modificate da Agcom continuamente e dove addirittura le certezze del diritto è minata anche da misure assunte con valore retroattivo.

 

 

Come si è arrivati alla quantificazione della riduzione attesa?

 

Attualmente il costo dell’unbundling è di 9,28 euro. 

Gli operatori alternativi italiani, hanno chiesto con una grossa campagna di lobby e di comunicazione, della cui efficacia va dato atto,  una riduzione del 10%, ovvero di 90 centesimi circa o poco più.

Da quanto risulta a Key4biz,  l’AgCom vorrebbe riconoscere un valore molto vicino, secondo alcuni di circa 60 centesimi.

La Commissione Europea, d’altra parte ha indicato chiaramente la necessità di stabilizzare il valore del rame.

Prezzi in discesa non aiutano gli investimenti e creano problemi al settore.

L’Italia è inoltre collocata all’interno della forbice indicata dalla Commissione Europea per cui non dovrebbero esserci ulteriori cambiamenti nei livelli dei prezzi se non un aggiustamento legato all’inflazione.

In questo senso, non si comprende, ancora una volta, il perché di un nuovo intervento al ribasso da parte dell’AgCom.

 

Quali le missioni dell’AgCom?

 

Il compito di AgCom non è solo quello di tutelare i consumatori come erroneamente si ripete (anche da parte di autorevoli rappresentanti dell’AgCom medesima).

Non è solo quello.

Le Garanzie di cui l’Autorità (per le Garanzie nelle Comunicazioni, appunto) è nume tutelare, riguardano infatti anche le imprese.

Ripetere a gran voce che le tariffe al pubblico sono tra le più basse d’Europa, come è avvenuto negli ultimi tempi, non è un punto di vantaggio per il mercato, perché le imprese (tutte) hanno necessità di avere i margini, diversamente non ci saranno investimenti e senza quelli non c’è crescita, aumenta la disoccupazione, si desertificano le competenze, sino ad un punto in cui anche avendo per ipotesi nuove risorse, sarà addirittura impossibile ritornare ai livelli perduti.

Tutte le imprese di telecomunicazioni in Italia sono in difficoltà più o meno gravi.

Occorre allora chiedersi perché.

E’ difficile disgiungere le decisioni sulle regole da una visione “politica” che quelle decisioni devono avere per salvaguardare il mercato, per assicurarne sviluppo e, a un tempo, tutelando la competizione per le imprese e le convenienza per il consumatore.

 

 

Possibile conflitto tra AgCom e Commissione Europea?

 

La decisione che AgCom potrebbe assumere nei prossimi giorni appare, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, poco opportuna e può essere interpretata come uno “sgarbo istituzionale”, perché la Commissione Europea proprio a settembre (ovvero tra qualche settimana) emanerà un’attesa Raccomandazione sul tema dell’unbundling.

Una circostanza questa che potrebbe creare non poco imbarazzo.

Allora perché tanta fretta da AgCom, considerato che, se scartiamo il mese di agosto notoriamente inutilizzato per ferie, la decisione che l’Autorità assumerebbe tra qualche giorno anticiperebbe solo di poco la Raccomandazione europea?

Una eventuale riduzione dei costi dell’unbundling andrebbe sicuramente in netto contrasto con gli obiettivi e piani dichiarati della Commissione Europea di tenere stabili i prezzi del rame (quindi né abbassarli né alzarli, ma di legarli alla dinamica dell’inflazione), perché diversamente nessun investitore nazionale ed estero si sentirebbe incentivato ad investire sulle reti di nuova generazione in fibra.

E allora delle due  l’una: se la decisione AgCom è in linea con la Raccomandazione che sarà emanata da Bruxelles il prossimo settembre, non c’è motivo di anticiparla di qualche settimana. Se, al contrario, si pone in netto contrasto, assumerebbe il tono della sfida e non si capisce perché l’Autorità italiana debba prendere questa china.

Da quanto risulta a Key4biz, le volontà sono state già dichiarate e la decisione AgCom appare come ineluttabile.

Questo vuol dire che essa andrà in contrasto inevitabile con gli intendimenti e le visioni “politiche” di sviluppo del settore assunte dalla Commissione Europea.

Non tenerne conto oggi sarebbe un grande errore.

In tal caso, come è facile prevedere, la UE non mancherà di censurare l’accaduto ed assumere le misure conseguenti.

Già in altra occasione, all’epoca del Decreto Sviluppo e dell’accesso disaggregato, prendemmo posizione in favore dell’AgCom contro quello che sembrava un atto prevaricatorio del Governo e del Parlamento nei confronti dell’Autorità, lesivo dell’indipendenza di quest’ultima.

E l’Unione Europea bacchettò Governo e Parlamento italiani.

Oggi siamo convinti che, a parti invertite, la UE possa avere elementi concreti per valutare negativamente le decisioni in oggetto e adottare le azioni conseguenti.

 

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