Italia
Ancora poche donne ai vertici delle principali organizzazioni dei media nei 27 Paesi dell’Unione Europea, più la Croazia. Lo rileva il primo Rapporto pubblicato dall’European Institute for Gender Equality (Eige) sulla presenza del gentil sesso in questo specifico settore.
Dai dati raccolti emerge che le donne nelle professioni dei media sono in aumento, in particolare come giornaliste, ma sono ancora notevolmente sotto-rappresentate a tutti i livelli decisionali, anche a causa dell’assenza di interventi normativi e pratiche organizzative finalizzate all’inclusione.
L’indagine, condotta da un consorzio formato da Università di Liverpool, Università di Padova, Osservatorio di Pavia e Università di Zseged con la collaborazione di 28 team di ricerca dei Paesi interessati, evidenzia situazioni molto diverse tra loro. Paesi come Bulgaria e Lettonia, ad esempio, registrano un numero di donne superiore agli uomini a tutti i livelli decisionali; in Estonia, Lituania, Romania, Slovenia, Finlandia e Svezia le donne ai vertici dei media sono tra il 40 e il 50%. Ma in Italia, Grecia, Irlanda e Malta le percentuali sono decisamente sotto la media europea, che si attesta intorno al 30%.
Nel nostro Paese, sono state monitorate quattro organizzazioni – Rai, Mediaset, Corriere della Sera e Repubblica – dalle informazioni raccolte risulta che le giornaliste italiane sono penalizzate: solo l’11% occupa posizioni di rilievo ai vertici nei due principali broadcaster e quotidiani italiani, un risultato molto lontano dall’obiettivo strategico fissato dalla Piattaforma di azione di Pechino nel 1995.
Il problema non è tanto l’accesso alla professione, come spiega il Rapporto, ma l’avanzamento di carriera.
“Le donne – si legge – sono spesso superate nelle promozioni e sono quindi significativamente sottorappresentate nelle strutture decisionali delle società di media. Nonostante il livello alto di istruzione“.
Secondo i ricercatori, gran parte dei media continua a essere dominata dai maschi e questo inibisce tutte le donne in tutti i settori nell’avanzamento di carriera, considerata l’importanza che giornali e televisioni hanno nell’influenzare la società civile.
Risulta così che nell’industria dei media dell’Europa a 27, l’84% degli amministratori delegati è uomo e il dato è peggiore se consideriamo i ruoli applicativi, come quello di direttore generale. Non ci sono, quindi, donne In quelli che l’European Institute for Gender Equality definisce “senior-decision making posts’. E anche l’Italia non è messa bene. Nonostante l’attuale presidente Rai sia una donna, Anna Maria Tarantola, e in passato la Tv pubblica abbia avuto un altro presidente ‘rosa’, Lucia Annunziata, e il Direttore generale Lorenza Lei, è ancora troppo poco per far scalare la classifica al nostro Paese.
Claudia Padovani, senior researcher del Consorzio europeo che insieme a Monia Azzalini, ha condotto lo studio per Eige, ha commentato: “L’Italia è avanti più degli altri nel processo di femminilizzazione della professione mentre risulta ai livelli più bassi per presenza di donne a livello dirigenziale complessivo”.
“In Europa – ha concluso Padovani – siamo al 32% di presenza femminile, in Italia siamo fermi all’11%”.
Il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato una conclusione dedicata all’avanzamento delle donne ai livelli decisionali nei media, richiamando tutti gli Stati membri della Ue, le loro istituzioni e le aziende che operano nel settore dei media al rispetto degli obiettivi strategici di Pechino.
Per maggiori informazioni:
Advancing gender equality in decision-making in media organisations