Le PMI digitali, ‘anomalia’ italiana: crescono anche in tempi di crisi

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Molte le criticità rilevate dalle imprese: ii primi posti il costo dello Stato sul lavoro, l'accesso al credito bancario ma soprattutto i vecchi modelli ‘fordisti’ di offerta finanziaria, e l'ancora scarsa disponibilità in Italia di investimenti privati.

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Sono soprattutto piccole imprese, fatte di under 35 molto preparati e lontani dalla logica del posto fisso. Spaziano dai Servizi Web al Mobile e Internet of Things, dal Software e Big Data alla Consulenza, dai nuovi Media Sociali al Design, passando dalle Produzioni multimediali, il Digital Entertaintment e il Finance 2.0: è questo l’identikit del Made in Italy digitale disegnato da ASSINTELdigitale nella prima ricerca svolta in Italia sull’universo della nuova impresa digitale.

Aziende che sfuggono alle classificazioni tradizionali – sono organizzazioni liquide, che fanno della creatività e dell’innovazione anche sociale la loro ragion d’essere – e che hanno un primato dalla loro parte: crescono anche negli anni bui della crisi: persino in questo 2013 il fatturato sarà in miglioramento o stabile per i tre quarti dei 230 mila soggetti censiti, di cui 170 mila rientranti nella categoria ‘nuove imprese digitali’.

 

“Sono la punta di diamante della nostra imprenditoria e tengono agganciata l’Italia alla modernità”, ha sottolineato Giorgio Rapari, presidente Assintel, che aggiunge: “I dati della ricerca danno luce ad uno scenario mai indagato e tuttavia decisivo per la nostra economia: in Italia esiste un universo fluido di nuove imprese che, nonostante la crisi strutturale, funzionano. Portatrici di innovazione, sono le punte di diamante di una nuova imprenditoria che dobbiamo riconoscere e  valorizzare, perché contribuisce in maniera decisiva all’innalzamento del nostro PIL e della nostra competitività”.

“Cercano un centro di gravità permanente”, ha sottolineato Maria Grazia Mattei, Vice Presidente di Assintel e coordinatrice di ASSINTELdigitale. “Hanno al centro della loro attività il web e la creatività, parlano linguaggi nuovi e si muovono su logiche fluide e poco strutturate. Per questo non si riconoscono nei tradizionali modelli di rappresentanza e soffrono una sindrome da disadattamento al contesto burocratico. Ed è proprio ricalcando queste esigenze che ASSINTELdigitale sta costruendo un luogo identitario adatto a loro”.

Di seguito, i dati salienti della ricerca svolta per ASSINTELdigitale dallo Studio Giaccardi e Associati e presentata in Camera di Commercio di Milano.

 

Le imprese digitali sono piccole e medie imprese, con mediamente 17 collaboratori e un fatturato di 1.000.000 di euro. Ma il 44%, essendo giovanissime, si colloca sotto i 100.000 euro l’anno. Il 75% di esso è nel B2B e l’87% è generato in Italia. Nel 2013 le previsioni sono controcorrente rispetto al buio del Paese: in crescita nel 68% dei casi e stabili per il 28%.

Il 63% è digital native, cioè è nata recentemente sui nuovi paradigmi digitali, ed è mossa in primo luogo da passione e incontri professionali precedenti; il restante 37% deriva da una evoluzione delle “vecchie” imprese IT.

Per due terzi sono SRL, ma il modello organizzativo è per lo più “liquido”: il 60% delle imprese è infatti strutturato sul singolo processo/commessa ed è per lo più informale. Protagonista assoluto dell’organizzazione e della comunicazione interna è il web, vera piattaforma di collaborazione per l’85% di esse. Il 33% lo utilizza anche per vendere online.

L’identikit del lavoratore digitale: giovane (67% under 35, che sale al 72% nelle imprese native digitali), maschio (64%), laureato (il 65%) o addirittura con master/dottorato/PHD (12%), con esperienza lavorativa all’estero (29% nelle imprese digital native).

Ma soprattutto con un contratto atipico per oltre un terzo di essi (CoCoPro e Partite IVA). Il cosiddetto posto fisso, a tempo indeterminato, resta predominante solo per le imprese tradizionali IT based, più grandi e organizzate, mentre è un non-luogo per quelle native digitali (solo il 26%): i costi dello Stato sul lavoro per le loro organizzazioni piccole e liquide sono troppo alti. In esse molto spesso il titolare è factotum e i carichi di lavoro diventano critici.

L’occupazione è in costante crescita: a fine 2012 sono oltre 620.000 gli addetti digitali, in crescita di quasi 75.000 unità (+13,7%) rispetto all’inizio della crisi nel 2009. Ma il dato più interessante è che ad essi si aggiunge oltre un altro terzo di professionisti atipici, cioè oltre 250.000 persone strutturali nei processi produttivi della nuova impresa digitale, che abbiamo stimato attraverso l’indagine di campo.

 

Le maggiori criticità dichiarate dagli imprenditori:

Ai primi posti il costo dello Stato sul lavoro, l’accesso al credito bancario ma soprattutto i vecchi modelli “fordisti” di offerta finanziaria, e l’ancora scarsa disponibilità in Italia di investimenti privati.

Ci sono poi i problemi di tipo organizzativo: troppo carico di lavoro su poche persone, mancanza sul mercato di competenze tecniche e manageriali adeguate , e parallelamente una scarsa offerta formativa adeguata alle loro esigenze.

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