Unione Europea
Una coalizione di editori, diversi fanno parte dell’European Publishers Council (EPC), ha invitato la Commissione Ue a respingere i rimedi proposti da Google, perché ‘totalmente indaeguati’ a far cadere l’accusa di sospetto abuso di posizione dominante sul mercato della ricerca online. Gli editori, tra i quali anche la Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG), chiedono alla Ue di procedere, comminando le sanzioni previste dal Trattato Ue se Google non dovesse correggere il tiro.
Secondo Amit Singhal, senior vice-president di Google, stringere ulteriormente le regole per risolvere i problemi di concorrenza “ostacolerebbe i progressi compiuti nella ricerca online“, bloccando l’innovazione e la trasformazione dell’industria.
Il manager ha spiegato che modificare ulteriormente il sistema di presentazione dei risultati di ricerca, frenerebbe tutti i miglioramenti apportati per renderla più funzionale alle esigenze degli utenti.
L’azienda americana ha presentato ad aprile alcune proposte alla Ue per chiudere il dossier e sanare il proprio ruolo che, secondo la Ue, “creerebbe un potenziale danno per in consumatori in termini di riduzione delle scelta, qualità e innovazione“.
Nel mirino dell’Antitrust Ue, quattro problemi precisi: appurare se Google abbia veramente abusato della propria posizione dominante nel campo delle ricerche online, facendo scivolare in basso nei risultati di ricerca i servizi dei concorrenti, come ad esempio alcuni siti di comparazione dei prezzi (noti anche come servizi di ricerca verticali) concedendo, invece, un “piazzamento privilegiato” ai propri; accertare se, come sostengono i concorrenti, Google abbia volontariamente degradato il Quality Score (il punteggio sulla qualità è uno dei fattori che determina il prezzo pagato a Google dagli advertiser) dei servizi di ricerca verticale concorrenti nei risultati di ricerca a pagamento, quelli cioè che compaiono in alto a destra nella pagina dei risultati; capire se Google impone clausole di esclusività ai partner pubblicitari, impedendo loro di mettere alcuni tipi di annunci pubblicitari forniti dai concorrenti sulle loro pagine, con l’obiettivo di escludere gli strumenti di ricerca dei competitor; verificare, in ultimo, se esiste una restrizione della portabilità delle campagne pubblicitarie Adwords verso le piattaforme concorrenti.
Il Commissario Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia, ha fatto sapere che Bruxelles si esprimerà dopo aver esaminato tutte le osservazioni giunte da parte delle aziende interessate che partecipano al market test che sarà chiuso il 27 giugno.
Ma gli editori scalpitano. Uno dei rimedi proposti da Google riguarda l’uso dei contenuti di parti terze e prevede che i fornitori possono rinunciare completamente al motore di ricerca che, in altre parole, suona come “se non volete che rubiamo i vostri contenuti dovete assicurarvi che non riusciamo a trovarli”. Ma rinunciare a un operatore che controlla il 90% della ricerca online significa diventare invisibili.
Francisco Pinto Balsemão, presidente dell’EPC, ha definito questa proposta ‘inacccettabile’ a dispetto degli sforzi degli editori di innovare e mettere a punto una tecnologia che permetterebbe ai tutti i provider di contenuti di far rispettare il diritto d’autore attraverso un linguaggio interoperabile valido per tutti i motori di ricerca.
“L’espropriazione sistematica della nostra proprietà intellettuale – ha sottolineato – è l’ultima azione predatoria che distrugge illegalmente il valore di ogni sforzo creativo”.
A questo c’è da aggiungere che in Germania, dove nelle prossime settimane entrerà in vigore la Lex Google, l’azienda ha deciso di agire e imposto agli editori che dal prossimo agosto chi vorrà continuare a essere presente su Google News dovrà firmare una rinuncia di copyright, diversamente resterà fuori.
Una mossa inaspettata anche perchè l’ultima versione della legge è più morbida verso il motore di ricerca che dovrà sì pagare gli editori per i contenuti indicizzati ma potrà liberamente pubblicare brevi stralci delle notizie.
Per l’azienda si tratta di un provvedimento necessario che permetterà agli editori di decidere se i loro contenuti resteranno accessibili agli utenti in futuro.
In Francia s’è preferita la via del compromesso con gli editori. Ma la compagnia americana aveva già precisato che quel modello non è replicabile.
In Italia gli editori attendono un provvedimento. Il Sottosegretario alla Cultura Giovanni Legnini ha sottolineato a più riprese la necessità di intervenire per trovare una soluzione, arrivando ad auspicare una negoziazione tra editori e Google arbitrata dal governo che preveda anche misure coattive (Leggi Articolo Key4biz).
E domani Legnini sarà in Commissione Cultura per essere ascoltato proprio in merito alle questioni riguardanti l’editoria.
Anche il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, ha chiesto al governo rimedi urgenti, preferendo però una soluzione alla tedesca.
Google segna intanto oggi un punto a proprio vantaggio in Spagna. L’avvocato generale della Corte di giustizia Ue ha dato ragione alla compagnia che aveva presentato un ricorso contro il Garante privacy spagnolo, sostenendo che l’azienda non è tenuta a far valere il ‘diritto all’oblio‘ e a cancellare i dati personali pubblicati da altri siti e che il motore di ricerca trova.
Secondo l’avvocato generale della Corte – le cui conclusioni sono quasi sempre recepite dalle sentenze – “i fornitori di servizi di motore di ricerca non sono responsabili, ai sensi della direttiva sulla protezione dei dati, del fatto che nelle pagine web che essi trattano compaiano dati personali”.