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Fa paura, a molte aziende, vedere le loro inserzioni pubblicitarie accanto a post offensivi e così, molti grandi brand stanno sospendendo le loro campagne su Facebook, che corre ai ripari, ammettendo che qualcosa non ha funzionato nel suo sistema per l’identificazione e la rimozione dei messaggi incitanti all’odio.
Secondo il Financial Times, Nissan, Unilever e Nationwide hanno ritirato i loro spot dopo i diversi commenti negativi postati, con tanto di ‘screenshot’ degli abbinamenti imbarazzanti, sul social concorrente – Twitter – e la denuncia di alcune associazioni per i diritti delle donne per la pubblicazione sul social network di post ad alto contenuto misogino accanto alle pubblicità dei noti brand.
Sono, questi, gli ‘effetti collaterali’ delle pubblicità mirate, cioè quei messaggi promozionali ‘costruiti’ sulla base dei gusti e delle ricerche degli utenti.
L’attivazione di nuovi strumenti per aiutare gli inserzionisti a piazzare questi spot ha contribuito all’aumento del 38% del fatturato registrato da Facebook nel primo trimestre (pari a 1,46 miliardi di dollari).
Certo, identificare e rimuovere contenuti offensivi da oltre 100 miliardi di pagine è un processo complesso e che può richiedere tempo e Facebook ha fatto sapere che molti contenuti misogini sono stati rimossi dal sito, ma anche di star lavorando a un aggiornamento delle guideline utilizzate per valutare le violazioni degli standard sui messaggi incitanti all’odio.
Il gruppo ha anche fatto sapere che chiederà l’aiuto di esperti legali e delle associazioni per i diritti delle donne – che nei giorni scorsi hanno scritto a Mark Zuckerberg per chiedere di modificare le policy sulla pubblicità – “per assicurare che queste guidelines riflettano le best practice” e si è impegnato a migliorare la preparazione dei moderatori.
Le conseguenze a dir poco imbarazzanti per la reputazione delle aziende si sono comunque trasformate in una grana non da poco per il social network che punta proprio sulla pubblicità per incrementare i profitti e che ora dovrà prendersi la responsabilità dei contenuti se vuole continuare a crescere.