Italia
“Il Governo assicura il massimo impegno per porsi come costante e attento riferimento per tutti gli operatori economici coinvolti, a garanzia sia dei livelli occupazionali oggi assicurati da Telecom sia per la tutela della sicurezza della rete e dello sviluppo tecnologico del paese”.
Così il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha risposto all’interrogazione presentata da Paolo Nicolò Romano (M5S) per sapere quali iniziative il Governo intenda intraprendere per salvaguardare un asset strategico per il Paese, garantendo il controllo nazionale dell’infrastruttura di rete e i posti di lavoro della più importante compagnia telefonica del Paese.
“Il tema della separazione della rete di accesso di Telecom Italia è estremamente delicato”, ha affermato il Ministro, sottolineando che le linee direttrici a cui il Governo si ispira a proposito di questo ‘dossier’ sono tre: “la prima è la certezza che la rete è un asset strategico per la sicurezza, la crescita e la competitività del Paese; la seconda è dovuta alla considerazione che l’azienda è autonoma, indipendente e quotata in Borsa e la terza riguarda il rispetto del ruolo della Cassa Depositi e Prestiti, i cui investimenti devono essere profittevoli per la crescita del Paese”.
Zanonato ha ricordato tuttavia che la possibilità dello Stato di intervenire con poteri speciali – la cosiddetta Golden Share – nei settori strategici “è stata oggetto di una procedura d’infrazione da parte della Ue che ha recentemente portato una riforma in questo settore e non è stato ancora varato il previsto DPR che deve individuare le attività di rilevanza strategica oggetto di applicazione delle previste tutele”.
Resta fermo, tuttavia, in attesa di tale regolamentazione “il potere dello Stato di intervenire a tutela di interessi essenziali per la sicurezza e lo sviluppo infrastrutturale del paese”.
E resta fermo anche il fatto che Telecom Italia, in quanto operatore dottato di significativo potere di mercato, “è soggetto a una serie di obblighi regolamentari stabiliti da Agcom con proprie delibere per altro in fase di revisione”.
In base all’articolo 50 ter del Codice delle Comunicazioni elettroniche, ad esempio le imprese verticalmente integrate come Telecom Italia devono informare l’autorità “nel caso in cui intendano trasferire i loro beni relativi alla rete di accesso o una parte di essi a un soggetto giuridico separato sotto controllo di terzi ovvero istituire un’entità commerciale separata per fornire a tutti gli operatori al dettaglio prodotti di accesso pienamente equivalenti al fine di consentire all’autorità di valutarne l’effetto”, ha aggiunto il ministro.
La societarizzazione della rete sarà il tema al centro del cda Telecom Italia di domani, e anche il Governo guarda con attenzione a quali saranno le mosse che l’operatore storico annuncerà circa il futuro dell’infrastruttura fissa.
Lo scorporo, certo, è un’operazione complessa, che non avrebbe precedenti in Europa e molte sono le incognite che pesano su un progetto che, si teme, potrebbe lasciare il principale operatore telefonico italiano senza il suo asset di maggior valore a fare da garanzia sul debito.
In un’intervista su Il Sole 24 Ore, il ministro, ha spiegato che lo scenario rappresentato dall’integrazione con 3 e lo scorporo della rete “potrebbe essere interessante se non ci fosse l’onere del debito che appesantisce l’azienda in modo importante”.
Per il Governo “quella di Telecom è una delle grandi partite nazionali che ha al centro una rete strategica per il Paese” ha aggiunto il ministro, precisando comunque che “si tratta di un’azienda privata che si muove secondo criteri privati”.
A gravare sulle decisioni del gruppo, anche il fatto che la Commissione europea sta lavorando a una nuova raccomandazione sui costi di accesso alle reti di nuova generazione. Lavori che procedono non proprio a tutta velocità, vista anche la difficoltà a trovare la ‘quadra’ sui prezzi di unbundling, e che potrebbero indurre Telecom Italia a rinviare ogni decisione a dopo la presentazione della versione definitiva della raccomandazione.
Ma quale sarebbe, il destino di una società come Telecom Italia priva di un asset strategico come la rete infrastrutturale d’accesso?
Sullo spin-off – che è stato anche il tema al centro di un incontro tra il presidente Franco Bernabè e il premier Enrico Letta – pesa il giudizio di Moody’s: secondo l’agenzia di rating, l’operazione, oltre a non avere impatto sul debito, finirebbe per indebolire la posizione di Telecom Italia sul mercato nazionale. Una posizione già molto difficile per via del contesto economico del Paese e che potrebbe impedire al gruppo di raggiungere alcune delle performance operative prefissate per il 2013, mettendo “a dura prova la capacità del management di raggiungere i ratio finanziari necessari a mantenere il rating attuale” (Baa3).
In attesa di conoscere gli esiti del Cda di domani, intanto, l’ad di Wind Maximo Ibarra guarda con attenzione alla possibile realizzazione di una newco per la rete, in cui sarebbe disponibile a conferire anche una parte dei propri asset fissi, così da avere una quota di minoranza nella società.
Ibarra ha dichiarato a Il Sole 24 Ore, che lo scorporo della rete e la creazione di una società delle reti “sarebbe una decisione di buon senso…un progetto strategico che serve al Paese”, a patto però che sia assicurata “una governance indipendente, un perimetro chiaro e con un livello di unbundling non penalizzante rispetto a quello che ci attendiamo”.