Tv, anche in Italia comincia a cedere il modello verticale. Il futuro è streaming, ma ancora tante resistenze

di Raffaella Natale |

L’arrivo delle web company sul mercato dei contenuti spinge i broadcaster a rivedere le strategie di distribuzione, ma ostacoli di tipo giuridico, economico e pratico ostacolano il cambiamento.

Italia


Video streaming

I broadcaster, da anni ormai in lotta contro la distribuzione illegale dei loro contenuti online, cominciano ad adattarsi all’esplosione dei video su internet e alla massificazione del file-sharing, investendo sui servizi streaming.

Per anni, i canali televisivi hanno ragionato secondo una logica ‘verticale’ distribuendo i loro contenuti in rete in un universo chiuso, spesso limitato ai loro siti ufficiali. Ma Twitter, Facebook, le tv connesse e sistemi di riproduzione dei video hanno mutato lo scenario. Con pochi clic, i contenuti trasmessi sul piccolo schermo o internet possono essere copiati e messi online su un blog, una piattaforma (YouTube, Dailymotion…) o condivisi con migliaia di persone sulle reti sociali.

Tra l’altro, negli USA, le Tv tradizionali sono sempre più messe in difficoltà dai siti legali di video streaming, come Netflix o Hulu, che permettono la visione in streaming e si pongono ormai come concorrenti diretti.

 

In Italia, dove questi siti non sono ancora presenti, si comincia già a ragionare sul da farsi.

Alessandro Araimo, senior partner di Roland Berger, ha spiegato ad Affari&Finanza di Repubblica, che “Se si vuole valorizzare al meglio i propri contenuti, visti anche i costi di acquisizione o di produzione bisogna andare su tutte le piattaforme. In un sistema integrato verticalmente si penalizza, di contro, proprio il valore potenziale dei contenuti. E si innesca un circolo vizioso: meno ricavi da contenuti, meno risorse per produrne e comprarne di nuovi. Una spirale di declino“.

Un handicap tanto più grave se si pensa che i costi dei diritti stanno di nuovo lievitando, proprio per l’incremento di domanda che viene dalle web company.

 

Luigi Gubitosi ha fatto sapere di star trattando con Google, per rendere disponibili su YouTube alcuni contenuti della Tv pubblica (Leggi Articolo Key4biz) mentre a Mediaset pare ci sia uno scontro in atto tra Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi, il primo a favore di un ‘rinnovamento’ dei sistemi di distribuzione che punta a internet, e il secondo, nonostante la giovane età, difensore del vecchio modello di Tv integrata e verticale.

La ‘squadra’ di Confalonieri ha infatti voluto l’accordo strategico con la piattaforma ItaliaOnline per il video streaming (Leggi Articolo Key4biz), mentre quella di Pier Silvio è dietro al progetto Infinity che segue sempre i vecchi schemi di pay-Tv (Leggi Articolo Key4biz).

 

Ma vediamo cosa succede in altri Paesi europei. In Francia si discute ancora del Rapporto Lescure (Leggi Articolo Key4biz) che contiene 80 proposte per adattare l’industria culturale alla rivoluzione digitale.

Nel Rapporto si indica “la massificazione irreversibile degli scambi gratuiti su internet”, ritenendo che la legalizzazione degli scambi trova oggi troppi ostacoli di tipo “giuridico, economico e pratico”.

 

“Bisogna smetterla di pensare di poter fermare il mare con le mani“, ha spiegato Olivier Abecassis, CEO di TF1, che sta per lanciare la nuova versione della piattaforma online Wat.tv, perché ciò che deve succedere, ‘succederà comunque’.

Oltre ai contenuti di TF1, Wat.tv distribuisce i video di più partner, come BFMTV, Mk2, Gaumont o Universal, condividendo le entrate pubblicitarie.

Gli utenti hanno la possibilità di esportare i video su siti o blog e da giugno, con la funzione ‘instant share’, condividere le loro scelte sui social network.

Un sistema che permette di sfruttare il potente mezzo delle reti sociali, arrivando a tutti gli utenti, e anche di avere un controllo diretto su tutta la catena di distribuzione.

 

Anche la Tv pubblica francese s’è rinnovata, adottando strategie per soddisfare le nuove esigenze che 15 anni d’internet hanno prodotto nei telespettatori.

 

Ampliare l’offerta significa sicuramente dare la possibilità all’utente di restare nell’ambito dei servizi legali. Prezzi bassi e disponibilità dei contenuti potrebbero essere l’arma vincente contro la pirateria e la via d’uscita per l’industria dei contenuti e dei broadcaster.

Costruirsi un palinsesto su misura e avere la possibilità di poter vedere i programmi preferiti anyway, anywhere, anytime, piace a tutti. Se a questo aggiungiamo la potenza dei social network come mezzo per pubblicizzare i programmi, il gioco è fatto! E’ questa la nuova direzione della Tv, perché è così difficile da comprendere?

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