Unione Europea
La decisione della Ue di avviare un’indagine anti-dumping ‘ex-officio’ (Leggi articolo Key4biz) sui vendor cinesi di infrastrutture per le tlc ha ovviamente scatenato la reazione nervosa di Pechino, che sottolinea come la decisione ‘di principio’ – l’indagine è stata ‘congelata’ per cercare un accordo consensuale – rischia di compromettere seriamente le relazioni commerciali tra la Cina e l’Unione europea.
Secondo quanto riferito dall’agenzia Xinhua, il ministro Cinese del Commercio Shen Danyang avrebbe dichiarato che se la procedura dovesse portare all’attuazione di misure unilaterali, a risentirne saranno sia gli interessi della Cina che quelli dell’Europa.
Secondo il ministro, “Molti Stati membri non sono d’accordo con questa decisione, così come anche l’industria europea. Speriamo pertanto che la Ue blocchi un’iniziativa che non fa bene a nessuno”.
Le società europee di settore, Ericsson in primis, si sono subito dette contrarie a questa iniziativa unilaterale, visti gli importanti interessi commerciali maturati nell’immenso mercato cinese (Leggi articolo Key4biz).
“Le aziende europee attive nel settore delle comunicazioni wireless hanno conquistato una grossa fetta del mercato cinese e se la Ue proseguirà nel suo intento, anche la Cina prenderà le adeguate contromisure, sia in ambito WTO che in base alle leggi del paese”, ha proseguito il ministro.
Anche il premier cinese, Li Keqiang, ha affermato di stare vigilando sull’evolversi sia di questo dossier che di quello relativo ai pannelli solari, dopo che la Ue nei giorni scorsi ha deciso di imporre dazi medi del 47% sull’impostazione di pannelli solari dalla Cina.
Il dumping è una pratica commerciale che consiste nel far pagare i prodotti esportati a un prezzo maggiorato rispetto a quelli praticati nel mercato d’origine.
Questa pratica, insieme ai benefici legati a presunte sovvenzioni da parte del governo di Pechino costituirebbero, secondo il Commissario Ue al Commercio, Karel De Gucht, la basi per un vantaggio illecito nei confronti dei vendor europei, altrimenti molto competitivi.
Huawei e ZTE hanno negato di aver mai usato queste tecniche aggressive per imporsi sui mercati esteri.
Le due società, sconosciute fino a una decina di anni fa, controllano ora un quarto del mercato europeo delle infrastrutture wireless: secondo la Ue il ogni anno si importano dalla Cina infrastrutture tlc per un valore di oltre un miliardo di euro. Un rischio, oltre che per la competitività delle aziende europee, anche per la sicurezza, visto che sulle reti tlc vengono ormai trasmesse informazioni molto ‘sensibili’ (è questa tra l’altro la motivazione che ha spinto anche il Governo Usa a estromettere Huawei dal mercato americano).
Il vicepresidente Public Affairs di Huawei, Tony Graziano, ha quindi sottolineato come sia ‘ironico’ che la Ue abbia deciso di avviare un’indagine su un’azienda che diverse volte in passato ha collaborato con la DG Connect ed è coinvolta in 12 progetti finanziati con fondi comunitari nell’ambito del settimo programma quadro. Huawei è anche ‘membro osservatore’ di ETNO.
“Non dimentichiamo – ha aggiunto – che abbiamo presentato 830 domande di brevetto nella Ue e che i nostri 13 centri di ricerca e sviluppo impiegano 800 persone su un totale di 7.500 dipendenti in Europa”.