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Meglio un approccio cautelativo, come quello scelto dall’Italia, o uno basato sull’evidenza scientifica? Policy-makers, istituzioni, regolatori, esperti in standardizzazione, ingegneri, progettisti e comunicatori al ‘Workshop on Human Exposure to Electromagnetic Fields’, svoltosi a Torino il 9 maggio.
Le telecomunicazioni e le tecnologie ICT sono ormai riconosciute come driver fondamentali per la crescita socio-economica, ma sono ancora molti i timori legati all’esposizione ai campi elettromagnetici, principalmente nei Paesi in via di sviluppo, dove molti apparati sono contraffatti ed è spesso carente anche l’informazione sanitaria necessaria a dissipare i dubbi della popolazione.
E’ pertanto necessaria una maggiore opera di sensibilizzazione sul tema dell’esposizione umana ai campi elettromagnetici per evitare che le persone, giustamente preoccupate per la loro salute abbiano dubbi o si oppongano all’installazione degli impianti. Così come è necessario creare standard armonizzati per l’esposizione e la misura dei campi elettromagnetici e per la valutazione della conformità degli apparati.
Sono queste alcune delle priorità emerse dal “Workshop on Human Exposure to Electromagnetic Fields (EMFs)” svoltosi il 9 Maggio nell’ambito dell’ottavo Simposio su ICT, ambiente e cambiamenti climatici che ha ospitato anche il primo meeting dell’ITU sulle città sostenibili (Leggi articolo Key4biz).
L’evento, organizzato dall’ITU e dal Ministero dello Sviluppo Economico, ha fornito un momento di discussione internazionale sull’esposizione ai campi elettromagnetici, riunendo un’ampia platea di esperti tra cui policy-makers, esponenti istituzionali, regolatori, esperti in standardizzazione, ingegneri, progettisti, comunicatori e altro.
L’obiettivo primario del workshop è stato quello di fornire una panoramica sulle questioni relative ai campi elettromagnetici a vantaggio di coloro che se ne occupano a livello politico ed economico-aziendale. Il tema delle preoccupazioni sulle misure relative all’esposizione umana è trattato in riferimento alla Risoluzione 72 (“Measurment concerns related to human exposure to electromagnetic fields”), emanata dall’ITU nel 2008 e rivista nel 2012. La risoluzione prevede che l’ITU si adoperi ai fini di: disseminare informazioni e conoscenza attraverso workshop e seminari; cooperare e collaborare con altre organizzazioni, in particolare con lo scopo di supportare i paesi in via di sviluppo nella adozione di standard condivisi; rafforzare il coordinamento con la OMS.
La Risoluzione è indirizzata soprattutto ai paesi in via di sviluppo, rilevando che alcune pubblicazioni in materia di effetti sulla salute dei campi elettromagnetici creano dubbi nella popolazione e che, in assenza di regolamentazione, il senso comune di diffidenza si acuisce e con esso viene progressivamente osteggiato lo sviluppo delle reti radio. Secondo la Risoluzione quindi l’ITU predispone rapporti allo scopo di identificare la necessità per i Paesi in via di sviluppo di affrontare il tema dell’esposizione umana ai campi elettromagnetici, cura attività di formazione per l’uso di strumentazione finalizzata alla valutazione dell’esposizione e supporta i Paesi nella costituzione di centri regionali per la valutazione della conformità dell’esposizione umana e dei telefonini.
Il workshop si è aperto con la keynote speech di Emilie Van Deventer, responsabile del progetto EMF della Organizzazione Mondiale della Sanità. Il progetto affronta il tema dell’esposizione ai campi elettromagnetici in maniera multidisciplinare allo scopo di creare conoscenza e informazione in merito. L’intervento di Emilie Van Deventer ha richiamato i principali risultati raggiunti ad oggi dalla ricerca scientifica in materia di esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza, che hanno portato alle attuali posizioni espresse dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Sono poi seguiti gli interventi di Michael Repacholi, presidente emerito dell’ICNIRP (Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti), che ha fornito ulteriori elementi sul quadro delle conoscenze in materia di esposizione dovuta ai telefonini e di Mike Wood e Tariq Al-Amri, che hanno fornito il quadro delle attività condotte dall’ITU nell’ambito di quanto previsto dalla Risoluzione 72.
Il pomeriggio è stato dedicato alla discussione del ruolo delle politiche strategiche e dell’adozione di standard condivisi in materia di campi elettromagnetici. Rudiger Matthes dell’ICNIRP ha illustrato le Linee Guida dell’ICNIRP per limitare l’esposizione umana ai campi elettromagnetici a radiofrequenza, adottate a livello internazionale da circa 150 Paesi e raccomandate in Europa sin dal 1999 (Raccomandazione 1999/519/CE).
Esponenti istituzionali dell’India e del Rwanda hanno illustrato le strategie adottate nei rispettivi Paesi, che riflettono scelte non sempre in linea con gli standard internazionali.
Il tema dell’adozione di approcci, regole e procedure standardizzate è stato affrontato diffusamente da Peter Zollman del GSMA, il quale ha richiamato la necessità di adottare con cautela politiche precauzionali in materia di radioprotezione.
Nel sottolineare la necessità di applicare i limiti di esposizione raccomandati dalla OMS, cooperare con la OMS per fugare eventuali incertezze scientifiche e adottare campagne di comunicazione sulla base di quanto indicato da organismi riconosciuti, Zollman ha sottolineato che l’applicazione non ragionata di politiche precauzionali non contribuisce a ridurre l’esposizione né a ridurre le preoccupazioni del pubblico, senza contare che tali politiche hanno spesso elevati costi in termini di impatto ambientale (50% di antenne in più rispetto alla media dei Paesi che adottano politiche standard) e di costi di sviluppo delle reti. Come controprova delle proprie osservazioni Zollman si è anche riferito al caso dell’Italia che ha scelto di adottare un approccio cautelativo in materia di radioprotezione, fissando limiti ben al di sotto di quanto raccomandato dagli standard internazionali.
Le motivazioni che hanno portato il regolatore italiano ad adottare un approccio cautelativo in risposta alle preoccupazioni del pubblico, a svantaggio di un approccio fondato sull’evidenza scientifica sono state richiamate nella presentazione tenuta da Doriana Guiducci per conto di Mario Frullone, Vice Direttore Generale della Fondazione Ugo Bordoni.
Il percorso normativo italiano dalle origini nel 1998 sino alla recente revisione dell’ottobre 2012 è stato ripercorso, mostrando la conferma delle scelte cautelative che ne stanno alla base e le ricadute in termini di esposizione per il pubblico e di effetto sullo sviluppo delle reti a banda larga.
La parte conclusiva del workshop è stata infine dedicata a numerosi interventi dedicati alle procedure per la valutazione di conformità dei telefoni cellulari e delle stazioni radiobase, che hanno richiamato gli standard, le metodologie e le procedure comunemente adottate dai manifatturieri e dagli operatori e i risultati delle valutazioni effettuati da alcuni enti governativi in India. (a.t.)