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Lasciarsi ai tempi di Facebook: ecco perchè è così difficile dimenticare l’ex nell’era dei social network

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Passata l’epoca in cui, per dimenticare l’ex bastava liberarsi delle foto e di qualche lettera d’amore, l’era del digitale rende l’oblio un compito molto più arduo perchè le persone possiedono enormi collezioni di ricordi digitali e per lo più, in molti casi, questi ricordi non sono più tanto personali, perchè sono stati condivisi, commentati, ripostati su una miriade di siti di foto, blog, social network.

 

 

 

Dimenticare è un meccanismo di adattamento che permette di limitare l’impatto delle esperienze passate su quelle attuali, soprattutto quando i ricordi sono emotivamente molto ‘ricchi’ e in contrasto con il ‘sé’ attuale, ci dicono gli psicologi.

Ma, nell’era digitale – in cui ognuno di noi accumula una mole molto ingente di ‘beni’ (foto, sms, email, messaggi sui social network e così via) – è ancora così facile dimenticare gli aspetti della vita che ci hanno fatto male?

E cosa succede quando finisce un amore e si rischia di veder sbucare da qualsiasi dispositivo (tablet, pc, fotocamera, cellulare, lettore MP3) un ‘ricordo digitale’ che si trasforma in sconvolgente promemoria di eventi passati?

E’ quanto si sono proposti di indagare e Steve Whittaker dell’Università della California Santa Cruz e Corina Sas della Lancaster University, nello studio ‘Design for Forgetting: Disposing of Digital Possessions after a Breakup’.

 

Passata l’epoca in cui, per dimenticare l’ex bastava liberarsi delle foto e di qualche lettera d’amore, l’era del digitale rende l’oblio dell’amore che fu un compito molto più arduo perchè – spiega l’autore dello studio, Steve Whittaker“Le persone possiedono enormi collezioni di beni digitali” e per lo più, in molti casi, questi ricordi non sono più tanto personali, perchè sono stati condivisi, commentati, ripostati su una miriade di siti di foto, blog, social network.

Addirittura, emerge dal paper, i ricordi digitali superano quelli ‘fisici’ sia per numero (in una proporzione 5:4) che per diversità (19:3).

Sono molti di più, insomma, i ricordi stipati nel cellulare, nel Pc, nella fotocamera, nel lettore musicale che i regali, i bigliettini di San Valentino scambiati con l’ex.

Poco o nulla, tuttavia, si sa circa il “ruolo negativo dei beni digitali nel momento in cui si vogliono dimenticare taluni aspetti del proprio passati”, ha spiegato Whittaker.

Possedimenti la cui pervasività “crea problemi in caso di rotture poiché le persone ‘abitano’ il loro spazio digitale dove foto e musica stanno lì a ricordare costantemente della loro precedente relazione”.

 

Come ci si comporta, in genere, con questi ‘beni’ – spesso ‘evocativi e sconvolgenti’ – una volta finita una relazione? Sulla base delle interviste a 24 persone di età compresa tra 19 e 34 anni, ci sono tre modi di agire: c’è chi cancella tutto (12 su 24); chi mantiene i ricordi (8) e chi ‘smaltisce’ i ricordi in maniera selettiva.

 

Spiega poi Whittaker che anche all’interno di queste tre categorie individuate – ‘deleters’, ‘keepers’ e ‘selective disposer‘ – si sono manifestate molte sfumature: c’è chi vorrebbe dimenticare senza cancellare (generalmente è chi viene lasciato), chi ha pigiato il tasto cancella ma poi si è subito pentito.

 

Certo è che smaltire tutti i ricordi oggi è più difficile che mai visto che questi, soprattutto nel caso di relazioni che ‘funzionano’, sono disseminati in vaste collezioni e diversi dispositivi.

C’è poi la questione social network, dove le foto si possono ‘detaggare’ ma non cancellare se a inserirle è stato qualcun altro.

Una situazione, questa, emotivamente molto stressante perchè “le persone tendo a ‘impegnarsi’ nuovamente coi beni digitali, soprattutto nel caso delle foto”.

 

Tra le tattiche di disimpegno più frequenti, il cambiamento dello status (da ‘impegnato’ a ‘single’) sui social network, l’eliminazione dell’ex dagli amici e il blocco dell’accesso dell’ex al proprio profilo.

 

Per aiutare a dimenticare, Whittaker propone soluzioni tecnologiche che scrutino il cyberspazio alla ricerca di ricordi dolorosi, come ad esempio una ‘raccolta automatica’ delle immagini attraverso un software per il riconoscimento facciale, abbinato a un sistema che blocchi l’accesso alla ‘collezione’ di beni digitali per un determinato lasso di tempo, necessario, magari, a guarire dalle ferite.

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