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Senza pistole e passamontagna, ma armati solo di un computer. E’ così che una banda di criminali informatici ha messo a segno una rapina da 45 milioni di dollari alle banche di 26 Paesi.
L’operazione è stata gestita dalla procura di New York che ha ringraziato le autorità di quindici di Paesi per la loro collaborazione: Belgio, Canada, Emirati Arabi, Estonia, Francia, Giappone, Germania, Italia, Lettonia, Malesia, Messico, Repubblica Dominicana, Romania, Spagna e Tailandia.
Coinvolti otto criminali: sette di loro sono stati arrestati e l’ottavo, ritenuto il capo della banda, Alberto Yusi Lajud-Pena, noto come “Prime” o “Albertico”, sarebbe stato ucciso nella Repubblica Dominicana lo scorso 27 aprile.
I vertici dell’organizzazione si troverebbero fuori dagli USA, ma gli inquirenti non hanno voluto dare dettagli in proposito.
La banda però aveva ramificazioni in 26 Stati e avrebbe agito in ‘due mosse’: il 22 dicembre 2012 e il 19 e 20 febbraio 2013 con le stesse modalità.
Per diversi mesi, gli hacker hanno penetrato i sistemi informatici dei gruppi bancari, piratato i codici segreti della carte prepagate ed effettuato i prelievi da diversi sportelli automatici “nel giro di qualche ora“.
Il procuratore di New York, Loretta Lynch, ha spiegato che i criminali hanno agito con “precisione chirurgica“, in modo “rapido e coordinato“.
“Parliamo – ha detto ancora la Lynch – di operazioni molto sofisticate e di cellule criminali organizzate, il cui ruolo era quello di ritirare il denaro nel più breve tempo possibile”.
Nella prima operazione, è stata colpita la banca araba Rakabank. Circa 4.500 prelievi effettuati in 20 Paesi per un totale di 5 milioni di dollari.
Nel secondo attacco, in circa 10 ore, l’organizzazione ha sottratto 40 milioni di dollari dagli sportelli Bancomat in 24 Paesi, attraverso 36.000 transazioni.
I criminali avrebbero in seguito depositato il denaro su un conto a Miami e speso il resto in auto e orologi di lusso.