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Le accuse, pesanti, di cyberspionaggio sui sistemi informatici americani a opera della Cina, non sono state pronunciate stavolta a denti stretti da qualche funzionario, ma messe nero su bianco dal Pentagono, che accusa direttamente di ‘cyberintrusione’ non qualche sparuto gruppo hacker, bensì direttamente il Governo di Pechino e il suo esercito.
Il rapporto del dipartimento della Difesa americano – che punta il dito anche sugli investimenti cinesi in una nuova flotta di navi portaerei e su sistemi militari anti-accesso – afferma che le attività di cyberspionaggio condotte dalla Cina sono finalizzate a entrare in possesso di informazioni militari e dettagli su programmi di difesa strategici.
“La Cina sta usando la sua capacità di sfruttamento delle reti informatiche per supportare la raccolta di informazioni sui sistemi strategici Usa – difesa in primis ma anche altri importanti settori industriali”, spiega il rapporto di 83 pagine, preparato annualmente sotto la direzione del Congresso.
Accuse a cui la Cina ha risposto seccamente, definendole ‘propaganda priva di fondamento’ e in grado di danneggiare “la cooperazione e il dialogo tra i due paesi”.
Gli analisti hanno sottolineato che il rapporto evidenzia chiaramente le implicazioni della modernizzazione degli apparati militari cinesi e l’espansione delle mire del Paese oltre Taiwan, all’intera regione.
“Detto in parole povere, la Cina sta cercando di espandere la sua influenza in altre aree, cercando di recuperare il suo ruolo storico nel mondo”, ha affermato Anthony Cordesman del Center for Strategic and International Studies.
Secondo Cordesman, il rapporto “Military and Security Developments Involving the People’s Republic of China” del Pentagono è molto dettagliato e dovrebbe essere letto con attenzione da chiunque voglia avere un quadro esaustivo degli sforzi militari della Cina.
A febbraio, la società di sicurezza informatica Mandiant, tra i consulenti del governo americano, aveva accusato l’unità 61398 dell’esercito popolare cinese di essere responsabile del furto di “centinaia di terabyte di dati di almeno 141 aziende in diversi settori”, oltre di attacchi a infrastrutture di enorme importanza come le attività energetiche americane.
‘Colpi’ perpetrati a partire dal 2006 e per i quali l’unità ‘speciale’ – che avrebbe sede nel quartiere di Pudong a Shanghai – si avvale di migliaia di membri.
Secondo Mandiant: “La natura delle attività svolte dall’unità 61398 è considerata dalla Cina come un ‘segreto di Stato’. Noi riteniamo tuttavia che essa conduca ‘operazioni informatiche nocive'”.