RCS punta sul digitale per uscire dalla crisi. Pietro Scott Jovane: ‘Agili per affrontare il cambiamento’

di Alessandra Talarico |

Il Piano industriale al 2015 si concentra sullo sviluppo delle attività digitali sia in Italia sia in Spagna e prevede la dismissione di asset non strategici per circa 250 milioni.

Italia


Pietro Scott Jovane

Focus sul digitale, ma non a scapito della carta. Grazie al nuovo Piano industriale al 2015 che RCS ha presentato alla comunità finanziaria, il gruppo sarà “in grado di competere non soltanto con i player tradizionali, ma anche nei confronti di quelli digitali”, ha affermato l’amministratore delegato, Pietro Scott Jovane.

Ieri, il Consiglio di Amministrazione di RCS MediaGroup ha approvato il Bilancio consolidato e il progetto di Bilancio al 31 dicembre 2012, l’operazione di rifinanziamento per 575 milioni di Euro del debito bancario in scadenza e lo schema di ricapitalizzazione della Società per complessivi massimi 600 milioni di euro.

 

Il piano di sviluppo, ha affermato Pietro Scott Jovane, è fortemente sostenuto da consiglieri e azionisti e “porterà Rcs fuori da questo momento difficile”. “E’ il risultato – ha aggiunto – di un grande lavoro e tutto il management del gruppo si è focalizzato nei mesi scorsi sui suoi punti rilevanti”. Rcs, secondo Scott Jovane, deve riuscire a “muoversi rapidamente in diverse direzioni” per fronteggiare la crisi del settore e l’obiettivo è trasformare il gruppo editoriale “in un nuovo player, più agile e pronto a competere in un mondo in continuo cambiamento”.

Il focus sul digitale, ha aggiunto l’ad, “non significa che abbandoneremo la carta” che continua ad essere parte del business. “Le tendenze digitali, che vengono tradizionalmente considerate come delle minacce per il nostro mercato – ha detto – sono una delle migliori opportunità che ha RCS per allargare la propria influenza, raggiungere nuovi mercati pubblicitari e diventare più redditizia”.

 

Per quanto riguarda nello specifico i risultati 2012, RCS ha registrato ricavi netti consolidati pari a 1,6 miliardi (1,86 miliardi nel 2011) e un ‘rosso’ di 509 milioni di euro dovuto in particolare alle svalutazioni legate agli impairment test sulla controllata spagnola Unidad Editorial (403 milioni). Sul risultato ha pesato particolarmente il calo dei ricavi pubblicitari, dei ricavi diffusionali e degli editoriali diversi. I ricavi pubblicitari sono pari a 611 milioni (730,9 milioni nel 2011), principalmente per gli andamenti delle aree Quotidiani Italia e Quotidiani Spagna, anche influenzata dall’adozione di un nuovo modello di business per la televisione digitale.

I ricavi da attività digitali di Gruppo hanno raggiunto i 142 milioni (escludendo il contributo di Dada) e costituiscono il 9% dei ricavi complessivi.

Per quanto riguarda la pubblicità tradizionale, si prevede un calo medio annuo dell’8% sia a livello di mercato e sia a livello di gruppo. Sul fronte digitale il mercato è invece previsto in crescita dell’11%, con Rcs invece in crescita del 16%.

 

“L’aggravarsi della situazione di sfavorevole congiuntura generale e di profonda trasformazione dell’editoria ha condizionato e continua a riflettersi significativamente sui risultati del Gruppo, richiedendo una rapida implementazione del Piano per lo Sviluppo 2013-2015, precedentemente approvato”, ha sottolineato il gruppo in una nota.

Il Piano si concentra principalmente sullo sviluppo delle attività digitali (contenuti, e-commerce, video, social community) sia in Italia sia in Spagna e prevede la dismissione di attivi non strategici per circa 250 milioni di euro entro il prossimo anno e la riduzione per 145 milioni di euro entro il 2015 dei costi di prodotto, di organizzazione e di personale.

Tra gli asset più prossimi alla cessione rientra Dada per la quale è stata aperta una ‘data room’ “con tre o quattro interessati”, ha affermato il direttore finanziario Riccardo Taranto, sottolineando in merito si attendono sviluppi “tra la fine di questo mese e il mese di maggio”.

Nel 2012, il gruppo Dada ha registrato ricavi per 84,8 milioni (111,2 milioni nel 2011) con un Ebitda in crescita da 7,9 a 11,7 milioni, principalmente per lo sviluppo dei ricavi e le azioni di contenimento dei costi.

 

Allo stesso tempo, ha affermato sempre Taranto, il gruppo sta  “esaminando” i “potenziali investitori interessati al complesso di via San Marco”, la sede del gruppo editoriale nel centro di Milano. “Sappiamo che il business immobiliare sta vivendo un momento difficile, ma il nostro complesso di via san Marco è molto attraente e per questo stiamo analizzando i potenziali investitori interessati”.

 

A fine 2015, i ricavi sono attesi sostanzialmente in linea con quelli del 2012 (1,5 miliardi), ma con un impatto molto più significativo per quelli legati al digitale – da 142 a 310 milioni – che determineranno anche un aumento dell’Ebitda da 49 a 150 milioni.

Secondo le stime, infatti, l’apporto delle attività digitali passerà dall’attuale 9% al 21% del 2015. Allo stesso modo, la raccolta pubblicitaria digitale crescerà del 20% rispetto ai 100 milioni attuali (con un impatto che crescerà dal 17% al 33%), mentre quella sui mezzi tradizionali calerà del 10% rispetto agli attuali 490 milioni.

I ricavi dell’editoria digitale previsti in crescita del 40% a 60 milioni di euro da qui al 2015, quindi, colmeranno ampiamente il calo dei prodotti editoriali tradizionali, il cui giro d’affari decrescerà del 3% rispetto agli 885 milioni registrati l’anno scorso.

 

 

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