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Rai: priorità al riassetto dell’offerta digitale. Missione a Giorgio Gori?

Italia


Il riassetto dei canali digitali rientra tra le priorità del piano industriale della Rai 2013-2015, approvato lo scorso 9 aprile.

Il piano, illustrato dal DG Luigi Gubitosi, ha identificato dodici aree di intervento: pubblicità, ricavi commerciali, ottimizzazione palinsesto, sviluppo all news, rilancio radio,  sviluppo web, modello e assetto produttivo, digitalizzazione, revisione processi, risorse umane, assetto immobiliare, efficacia ed efficienza acquisti.

Uno dei primi target di Gubitosi, scrive il quotidiano Italia Oggi, sarà tuttavia l’elaborazione urgente di una strategia unitaria sul digitale terrestre, sia in termini di target che di offerta. Intervento che potrebbe essere affidato, secondo alcune indiscrezioni, a Giorgio Gori, fondatore della casa di produzione Magnolia ed ex direttore di Canale 5.

 

L’offerta digitale della Tv pubblica italiana è sicuramente abbondante: consta di 15 canali (inclusi Rai 1, 2, 3 ed Euronews), ed è molto più ampia rispetto a quella di altri broadcaster pubblici europei: in Inghilterra sono otto, in Francia cinque, in Germania 12, in Spagna 7.

Il punto è, però: visto che riempire di contenuti questi canali costa e che il 2012 si è chiuso con un rosso da 230 milioni di euro, la Rai può permettersi le spese per sostenere tale offerta, a fronte dei bassi risultati in termini di audience e fatturati e del continuo calo della raccolta pubblicitaria che nel 2012 è scesa del 23%?

Italia Oggi fornisce qualche dato sull’audience per spiegare il perchè di questo interrogativo: gli 11 canali non generalisti (eliminando, quindi, Euronews e Rai 1,2 e 3) hanno registrato tra marzo 2012 e marzo 2013 uno share complessivo nelle 24 ore pari al 6,28% e 670.947 spettatori, ovvero, “85 mila in meno di rai 2, il meno visto dei tre canali storici della Rai”

Se canali del DTT sono sotto lo 0,5% di share e solo 4 dei canali non generalisti superano lo 0,8%. Cinque fanno, insieme, l’ascolto di rai Premium (1,29%), che è il più visto dell’offerta”.

Alla luce di questi dati, è dunque evidente che Gubitosi deve capire se la Tv pubblica può continuare a permettersi un’offerta tanto ampia.

A pesare sui conti, oltre che sull’immagine del servizio pubblico, anche l molti sprechi che hanno caratterizzato la precedente gestione e che sono diventati oggetto di un corposo dossier che il Codacons ha depositato alla Corte dei Conti (Leggi articolo Key4biz).

 

Sul fronte dei costi, il piano industriale continuerà a concentrarsi su azioni di efficientamento che porteranno a un progressivo contenimento dei costi esterni, prevede già dal 2014 un ammontare di ricavi complessivi sostanzialmente in linea con i livelli registrati nel 2012. 

Un obiettivo che si cercherà di raggiungere ottimizzando l’utilizzo dei quattro centri di produzione, con l’internalizzazione delle attività e con un forte controllo sui costi volto alla razionalizzazione della spesa.

 

Cinema e fiction continueranno a rappresentare una componente importante del palinsesto: sarà pertanto mantenuto il forte impegno finanziario in questi settori.

Il piano prevede infine anche importanti investimenti finanziari volti a colmare il gap tecnologico che la Rai ha accumulato nei confronti dei principali operatori europei e che restituiranno, da qui al 2015, una Tv pubblica completamente digitalizzata.

 

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