Italia
L’Italia scende ancora nella classifica mondiale stilata annualmente dal World Economic Forum per misurare la propensione dei Paesi a sfruttare le opportunità offerte dalle tecnologie ICT: dal 48esimo posto del 2012 siamo infatti scivolati al 50esimo.
Il Global Information Technology Report si basa sul Networked Readiness Index, un indice elaborato a partire da 54 parametri mediante cui si esaminano i singoli paesi in rapporto all’uso delle ICT sotto 4 aspetti: infrastrutture ICT, accesso e disponibilità delle competenze necessarie per l’utilizzo ottimale; diffusione e l’utilizzo delle ICT da parte di individui, imprese e pubblica amministrazione; contesto imprenditoriale e innovativo, quadro politico e normativo; impatto economico e sociale delle ICT.
Al primo posto quest’anno sale la Finlandia, che era terza lo scorso anno, con un indice pari a 5,98. A seguire ci sono Singapore (5,91) e la Svezia, e completano la top ten nell’ordine Olanda, Norvegia, Svizzera, Gran Bretagna, Danimarca, Usa e Taiwan. L’Italia, con un indice di 4,18 si piazza tra la Polonia (che ci ha superato rispetto allo scorso anno) e la Croazia.
Ancora peggio se si va a guardare la classifica nei singoli parametri che compongono il punteggio finale: l’Italia – all’83esimo posto nel sottoindice ‘Environment’ – risulta infatti al 95esimo posto per quanto riguarda il contesto politico e normativo e al 69 per quanto riguarda imprenditoria e innovazione.
Un risultato ancora più negativo è quello realizzato per quanto riguarda l’utilizzo dell’ICT da parte della pubblica amministrazione: l’Italia si colloca in questo caso alla posizione 108 con un punteggio di 3,6, a fronte del 5,5 della Finlandia. Un po’, meglio, invece, per quanto concerne l’uso da parte degli individui (34) e delle aziende (46).
Altra pecca, quella relativa all’impatto ‘sociale’ dell’ICT, parametro che vede l’Italia in 80esima posizione. Siamo invece al 37esimo posto in termini di impatto ‘economico’.
Il rapporto evidenzia se ancora ce ne fosse bisogno, la profonda scollatura tra il nord e il sud dell’Europa: una divisione definita ‘preoccupante’, e che evidenzia l’incapacità di alcuni Paesi, tra cui evidentemente c’è anche l’Italia, di “creare migliori condizioni per le imprese e l’innovazione”.
“La digitalizzazione ha generato 6 milioni di posti di lavoro e aumentato il Pil mondiale di 193 miliardi di dollari negli ultimi due anni”, ha affermato Bahjat El-Darwiche, della società di consulenza globale Booz & Co, che ha redatto il rapporto insieme alla Business School Insead.
Dal report emerge che malgrado gli sforzi intrapresi nel corso del passato decennio per migliorare le infrastrutture necessarie per la diffusione dell’ICT nei paesi in via di sviluppo, esiste una nuova frattura digitale che riguarda la maniera in cui i paesi sfruttano l’ICT per migliorare la competitività e la prosperità.
“Il rapporto – ha sottolineato Robert Pepper di Cisco – dimostra che i paesi che tardano a mettere in piedi una vasta strategia nazionale per i servizi a banda larga rischiano di accumulare un gap in termini di competitività a livello mondiale e di non cogliere i vantaggi sociali dell’ICT”.