Corea del Sud
Ci sarebbe l’esercito della Corea del Nord dietro il vasto e potente cyber-attacco sferrato il mese scorso contro le reti informatiche di diversi canali televisivi e banche sudcoreane (Leggi Articolo Keybiz).
Lo hanno dichiarato stamani le autorità di Seul, spiegando che l’analisi dei codici d’accesso e dei malware non lascia dubbi circa la provenienza che porta dritto agli uffici di intelligence di Pyongyang.
“S’è trattato di un attacco premeditato e pianificato con grande precisione“, ha commentato l’Agenzia sudcoreana KISA, organismo pubblico per la sicurezza informatica.
“Abbiamo raccolto diverse elementi che provano” la provenienza di questo attacco per il quale sono stati necessari almeno otto mesi di preparativi.
Gli esperti sudcoreani sono risaliti ad almeno sei computer situati in Corea del Nord all’origine del cyber-attack del 20 marzo scorso.
Nel mirino degli hacker sono finite tre emittenti Tv (KBS, MBC e YTN), due compagnie assicurative e cinque banche (Shinhan Bank, Nonghyup Bank et jeju Bank), stando a quanto riferito dall’agenzia di stampa Yonhap. A essere colpite sono sempre state le reti informatiche di amministrazioni pubbliche e istituti finanziari. In uno specifico caso, milioni di clienti di una banca non hanno potuto usare le loro carte di credito o prelevare denaro dagli sportelli automatici per una settimana.
Pyongyang ha rimbalzato le accuse a Washington, ma in realtà da quando il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha votato nuove sanzioni contro il regime nordcoreano, sono aumentate le minacce contro altri Paesi. In particolare, la Corea del Nord è sospettata d’aver ordinato due cyber-attacchi di grossa entità contro la Corea del Sud nel 2009 e nel 2011.
Secondo le stime dell’intelligence sudcoreana, la Corea del Nord ha mobilitato circa 3 mila esperti informatici per la cyber-war.
Il tutto avviene in un quadro di forti tensioni. La Corea del Nord minaccia una guerra nucleare, Corea del Sud e Giappone sono in allerta. A Tokyo sono stati installati missili patriot nel centro e nei dintorni della capitale per far fronte a un possibile attacco missilistico.