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La RIAA (Recording Industry Association of America), l’associazione americana che rappresenta l’industria discografica, punta ancora una volta il dito contro Google, accusata di non fare abbastanza per evitare che nei risultati del suo motore di ricerca compaiono i link ai siti pirata.
Nonostante l’impegno preso lo scorso agosto, quando la società di Mountain View disse che avrebbe modificato le query, tenedo conto delle notifiche di rimozione dei link a piattaforme illegali, per favorire i servizi rispettosi del copyright, a oggi niente risulta cambiato.
La RIAA sostiene che a distanza di sei mesi BigG non sia intervenuta in alcun modo sul proprio motore e non abbia rispettato i propri impegni per aiutare gli utenti a rintracciare facilmente le offerte legali di musica sul web, come quelle offerte da Hulu o Spotify.
Nessuna declassamento, quindi, delle piattaforme pirata, anzi, dice la RIAA, “questi siti compiano costantemente in cima ai risultati di ricerca di Google per canzoni famose o artisti.
In questi sei mesi, la RIAA informa d’aver inviato decine di milioni di richieste di rimozione di siti che violano i diritti d’autore. Richieste che non sono state prese in considerazione, tant’è che (questi siti) continuano a presentarsi in cima ai primi 10 risultati di ricerca.
Diversi interessanti studi, ricorda la RIAA, ci dicono che il 94% degli utenti non va mai oltre la prima pagina delle query.
Le piattaforme legali, come iTunes, Amazon ed eMusic, risultano penalizzati nelle ricerche su Google rispetto a quelle illegali per i quali Google ha ricevuto migliaia di notifiche di rimozione dei link.
I cambiamiti apportati da BigG, conclude la RIAA, non sembrano funzionare.
Per maggiori approfondimenti:
Six Months Later – A Report Card on Google’s Demotion of Pirate Sites