Data protection, Viviane Reding contro le lobby Usa: ‘In Europa, rispettare le regole europee’

di Alessandra Talarico |

Il Commissario Ue alla Giustizia, ha ribadito che - contrariamente a quanto preteso dagli OTT - la riforma non prevede una ‘esenzione’ per i paesi extra-europei, perchè vorrebbe dire applicare un doppio standard.

Europa


Luigi Gambardella e Viviane Reding

La Commissione europea è determinata a contrastare tenacemente le pressioni delle lobby americane, volte ad ‘annacquare’ la proposta di Direttiva sulla privacy, ritenuta dalle web company d’oltreoceano troppo stringente e pericolosa per il loro business.

 

In seguito a un incontro tenutosi stamani a Bruxelles, il Commissario alla Giustizia Viviane Reding e il presidente del board di ETNO, Luigi Gambardella hanno chiesto congiuntamente al Parlamento europeo e al Consiglio di mantenere inalterate le parti della proposta di riforma volte ad assicurare parità di condizioni tra le aziende europee e quelle extra-Ue che operano sui mercati del Vecchio Continente, così da garantire una concorrenza leale oltre che una “coerente e robusta protezione dei dati dei consumatori”.

 

Ribadendo che non c’è più spazio per asimmetrie regolamentari tra la Ue e gli Usa e che in Europa la privacy è un diritto fondamentale, chiaramente sancito dalla Carta dei diritti fondamentali, la Reding ha affermato con chiarezza che le compagnie che vogliono sfruttare il mercato europeo, devono rispettare le norme europee.

 

“L’obiettivo della nostra proposta di riforma – ha affermato Reding – è di garantire parità di condizioni: le società non europee che offrono servizi ai consumatori europei, dovranno applicare le stesse regole e rispettare gli stessi livelli di protezione dei dati personali”.

 

“Il ragionamento è semplice: se le aziende extra-Ue vogliono operare sul mercato europeo allora devono giocare secondo le regole europee. Abbiamo anche bisogno di una parità di condizioni tra i vari settori: ad esempio, per la notifica di violazione dei dati ha senso applicare le stesse regole sia agli operatori regolamentati ai sensi della direttiva ePrivacy che agli operatori disciplinati ai sensi delle norme sulla protezione dei dati”, ha aggiunto Reding, sottolineando altresì che per le aziende, conformarsi alle nuove regole Ue sarà più semplice che mai.

 

Contrariamente a quanto preteso dai vari Google, Facebook, Amazon e altri – insomma, la riforma non prevede nel modo più assoluto una ‘esenzione’ per i paesi extra-europei, perchè vorrebbe dire applicare un doppio standard.

 

L’importanza di un contesto regolamentare equilibrato, che garantisca parità di condizioni e consenta alle aziende che lo fanno responsabilmente di sfruttare il potenziale dei dati personali per offrire ai consumatori servizi innovativi, è stata espressa anche da Gambardella, secondo cui tutti gli operatori attivi sul mercato europeo devono sottostare alle medesime regole.

“Per affrontare le sfide legate alla protezione dei dati e accelerare la creazione di un mercato unico digitale, bisogna porre fine alla frammentazione regolamentare e all’applicazione incoerente delle regole. Introdurre un meccanismo coerente per la data protection, come quello previsto dalla proposta di direttiva della Commissione, è quindi cruciale per assicurare che la Commissione possa intervenire quando i regolatori non riescono a concordare su una linea comune”, ha affermato il presidente del board dell’associazione degli operatori tlc europei.

 

“I consumatori – ha aggiunto – devono poter beneficiare degli innovativi servizi basati su un uso intelligente ed efficace dei dati. Le nuove regole sono state concepite proprio per realizzare il potenziale del mercato interno dei contenuti e dei servizi digitali e per migliorare la competitività dell’industria europea, incoraggiando al contempo l’adozione della banda larga, in linea con gli obiettivi dell’Agenda digitale”.

 

Già da diverso tempo, le aziende americane attive sul web hanno innescato una forte azione di lobbying per tentare di convincere Bruxelles a ‘esentarle’ da alcuni degli obblighi previsti dalla riforma, quali la necessità del consenso degli utenti prima che le informazioni possano essere utilizzate e l’obbligo di comunicare alle autorità i casi di grave violazione dei dati. Una pressione, dicono, dettata dalla preoccupazione che i nuovi standard – che prevedono anche sanzioni economiche fino al 2% del fatturato per chi non le rispetta – possano ostacolare l’innovazione o, peggio ancora, innescare una guerra commerciale tra Europa e Stati Uniti.

 

Secondo la Industry Coalition for Data Protection, la proposta europea non solo non proteggerebbe in modo efficace la privacy, ma penalizzerebbe in maniera sproporzionata soprattutto le piccole e medie imprese. Dovrebbe, quindi, essere più equilibrata e progressiva sia per l’industria che per i consumatori.

 

Lungi dal voler penalizzare la competitività, come paventato dalle aziende americane, la riforma intende invece superare la frammentazione delle attuali regole sulla protezione dei dati personali: “un’incoerenza dannosa per l’economia europea soprattutto in un settore in crescita come quello dei servizi digitali”, ha sottolineato ancora Reding, ricordando che secondo i calcoli della Commissione, l’armonizzazione a livello europeo delle norme sulla protezione dei dati potrebbe trainare lo sviluppo dell’economia digitale, generando una crescita del PIL del 4% da qui al 2020, nonché risparmi stimabili in 2,3 miliardi di euro l’anno per ogni singolo Stato dell’Unione, con benefici non trascurabili anche per l’occupazione.

 

“Il mercato unico ha bisogno di una nuova spinta: dobbiamo creare il giusto quadro giuridico per stimolare gli investimenti transfrontalieri nel settore delle telecomunicazioni e incoraggiare gli operatori a collaborare a livello internazionale”, ha concluso Reding.

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