Cyberbullismo? Peggio di droga e pedofilia. I rischi di un fenomeno spesso sottovalutato

di Alessandra Talarico |

Secondo Save The Children, i social network sono la modalità d’attacco preferita dal cyberbullo che di solito colpisce la vittima diffondendo foto e immagini denigratorie o creando gruppi ‘contro’. Ma c’è anche il furto e la pubblicazione di email o sms.

Italia


Cyberbullismo

Il cyberbullismo è una minaccia che i ragazzi italiani percepiscono come più pericolosa della droga o delle molestie sessuali e che provoca serie ripercussioni sull’andamento scolastico e sulla vita sociale, compromettendo il desiderio vitale di aggregazione e portando in molti casi anche alla depressione. Lo rivela “I ragazzi e il cyber bullismo” realizzata da Ipsos per Save the Children e presentata oggi in vista della quinta edizione dello “European Safer Internet Day”, che ricorre domani 5 febbraio.

 

Il bullo online colpisce soprattutto sui social network e non fa sconti: molti i casi recenti di ragazzi che sulla scia di questi attacchi meschini – volti a colpire chi viene percepito come diverso (per aspetto fisico, per orientamento sessuale o perché stranieri) o anche solo più fortunato (si pensi alla ragazza che ha ricevuto centinaia di insulti su Twitter per aver vinto un biglietto di un concerto) – arrivano a suicidarsi o a pensare di farlo, lasciando nello sgomento gli adulti, molti dei quali sottovalutano l’impatto di tanta aggressività sulla vita di ragazzini e adolescenti.

 

La colpa è ovviamente attribuita al web, che azzera le distanze e permette di agire nell’anonimato, ma internet non è che il ‘non-luogo’ che permette a questa socialità aggressiva, denigratoria, discriminatoria e purtroppo spesso violenta di attecchire e fare danni.

La maggior parte dei ragazzi naviga senza controllo degli adulti, grazie allo smartphone che portano sempre con sé o al computer in cameretta: docenti e genitori non hanno spesso i mezzi per comprendere quello che accade e che prende forma per lo più tra i banchi di scuola per poi essere amplificato in rete dove, dicono i ragazzi che hanno partecipato alla ricerca, gli episodi di bullismo sono molto più dolorosi perché non ci sono limiti a quello che si può dire e fare (73%), possono avvenire continuamente e in ogni ora del giorno e della notte (57%) o non finire mai (55%).

La pericolosità del web inoltre deriva dal fatto che chiunque può avere accesso (32%), e i contenuti o le affermazioni fatte da altri sono più facilmente strumentalizzabili (34%).

 

Secondo la ricerca, infatti, i social network sono la modalità d’attacco preferita dal cyber bullo (61%), che di solito colpisce la vittima attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie (59%) o tramite la creazione di gruppi “contro” (57%). Ma tra le modalità di attacco c’è anche il furto di e-mail, profili, o messaggi privati per poi renderli pubblici (48%), l’invio di sms/mms/e-mail aggressivi e minacciosi (52%, lo fanno soprattutto le femmine preadolescenti, la cui percentuale raggiunge il 61%).

Chi subisce queste aggressioni non vuole più andare a scuola o fare sport, non vuole più uscire o vedere gli amici, non si confida più.

 

I genitori cominciano ad attrezzarsi: 46 su 100 conoscono la password del profilo del figlio, nota al 36% dei papà ma, afferma Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia, “…i nativi digitali sono attori di un mondo complesso che scuola e famiglia non possono affrontare da soli, hanno bisogno del sostegno delle istituzioni e di tutte le parti coinvolte nella sfera virtuale dei più giovani”.

 

“Bisogna mettere a disposizione dei ragazzi sistemi semplici e diretti che permettano loro di segnalare situazioni a rischio o addirittura di pericolo. Unendo le forze di aziende, istituzioni scolastiche e governative, e contando sul ruolo chiave della famiglia, si può lavorare assieme con l’obiettivo di sviluppare nei ragazzi e nelle ragazze le competenze emotive necessarie per costruire relazioni significative con gli altri”, ha affermato ancora Neri.

 

E vanno in questo senso le diverse iniziative di Microsoft e Polizia Postale, come ‘Web in Cattedra’, che in Lombardia, tra marzo e aprile, si arricchirà di 8 ulteriori tappe per coinvolgere il personale attraverso la partecipazione a corsi, completamente gratuiti che daranno la possibilità di acquisire le competenze adeguate per insegnare un uso corretto del mezzo informatico e della Rete, prevenendo i fenomeni legati all’adescamento online e a tutti i rischi correlati all’utilizzo dei social network.

 

“L’evoluzione del sistema educativo italiano nel segno dell’innovazione e della digitalizzazione rappresenta uno dei tasselli fondamentali per la crescita e lo sviluppo del nostro Paese. L’impegno di Microsoft è, da un lato, quello di continuare a far evolvere la tecnologia, dall’altro, quello di garantire a tutti ed ai giovani in particolare gli strumenti per un utilizzo sempre più sicuro della Rete”,  ha dichiarato Roberta Cocco, Direttore Responsabilità Sociale di Microsoft Italia. “Sono davvero orgogliosa della risposta dei volontari di Microsoft Italia, che ogni anno si recano nelle scuole dei figli e dei nipoti per sensibilizzare i ragazzi sul tema della sicurezza in Rete e che hanno stimolato i dipendenti di alcuni nostri partner a fare altrettanto”, ha concluso Cocco.

 

 

 

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