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Editori vs Google, proseguono le trattative nonostante la scadenza della deadline fissata dal governo francese

Francia


Proseguono le trattative tra Google e gli editori francesi che chiedono al gruppo americano il pagamento dei ‘diritti vicini’. Stando a una fonte, nonostante la deadline al 31 gennaio fissata dal presidente francese François Hollande, i negoziati sarebbero ancora in corso.

Stamani una fonte avrebbe dichiarato alla stampa che questa mattina le due parti si sarebbero nuovamente incontrate senza, però, dare alcun dettaglio sullo stadio delle discussioni né sui contenuti.

 

Dall’inizio di dicembre, gli editori e i rappresentanti del motore di ricerca si sono incontri più volte alla settimana con il mediatore nominato dal governo, Marc Schwartz, della società di consulting Mazars.

La stampa chiede a Google il pagamento delle royalties per i titoli che vengono indicizzati dal motore di ricerca e sui quali la società americana incassa lauti guadagni dalla pubblicità.

 

Hollande, che a fine ottobre ha anche ricevuto il presidente esecutivo di Google, Eric Schmidt, all’Eliseo, ha ribadito più volte che in caso di fallimento delle trattative il governo avrebbe presentato una legge per ‘costringere’ i motori di ricerca a pagare una tassa, per finanziare l’informazione da cui traggono profitto (Leggi Articolo Key4biz).

 

La prima scadenza era stata fissata a dicembre e l’esecutivo ha poi accordato un mese aggiuntivo a questa difficile e spinosa trattativa (Leggi Articolo Key4biz) anche perché Google, in una lettera resa pubblica dall’Afp lo scorso ottobre, aveva minacciato di levare i link ai giornali degli editori se fosse stata approvata questa tassa (Leggi Articolo Key4biz).

 

Lo scorso 18 gennaio, Le Monde scriveva che la compagnia di Mountain View aveva proposto un canone annuale di 50 milioni di euro agli editori francesi per chiudere il contenzioso, sotto forma di acquisti di spazi pubblicitari sui giornali cartacei e digitali oppure di una collaborazione commerciale. Un’informazione, però, smentita ‘ufficialmente’ da Schwartz e dagli editori (Leggi Articolo Key4biz).

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