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Investire nelle nuove tecnologie – dal mobile al cloud computing – aiuta la competitività delle aziende, ma gli investimenti da soli non garantiscono il salto di qualità.
È quanto emerge da una ricerca condotta dalla business school INSEAD in collaborazione con AT&T, secondo cui chi investe molto in nuove tecnologie può raddoppiare – dal 35% al 74% – le possibilità di superare i concorrenti, purché l’azienda possa contare su solide basi di digitalizzazione.
Lo studio – condotto sulla base delle risposte rese dai dirigenti di 225 aziende in Europa, Asia-Pacifico e Nord America – mostra infatti chiaramente che gli investimenti da soli non bastano: l’aumento della competitività è strettamente legato alla presenza in azienda di piattaforme digitali ‘mature’.
Un fattore che INSEAD definisce ‘cruciale’ per la competizione a livello globale: le aziende europee, ad esempio, stanno spendendo meno di quelle dell’Asia-Pacifico in nuove tecnologie, ma possono contare sull’effetto moltiplicatore degli investimenti fatti in passato.
Le aziende situate nell’Asia-Pacifico, invece, stanno spendendo in nuove tecnologie una percentuale molto maggiore del loro budget ICT e contano di aumentare gli investimenti più rapidamente delle altre regioni: devono però fare attenzione a non eccedere nell’adozione delle nuove tecnologie e assicurarsi che le loro piattaforme siano pronte a integrarne l’utilizzo.
Fatto sta che, però, le aziende asiatiche hanno manifestato l’intenzione di accelerare sull’adozione delle nuove tecnologie: entro il 2015 devolveranno alle tecnologie mobili il 30% de budget ICT (dal 12% del 2010), al cloud il 31% delle risorse (dal 17%) e agli strumenti di collaborazione online il 26% (dal 18%). Le aziende europee, invece, segneranno una progressione più ridotta, con gli investimenti nel mobile che passeranno dal 12% al 20%, nel cloud dal 12 al 23% e negli strumenti di collaboration dal 16% al 17%.
L’analisi contiene anche un chiaro messaggio per i regolatori e i decisori politici europei, che dovrebbero promuovere la realizzazione di un ambiente regolamentare che aiuti le aziende a perfezionare le loro piattaforme digitali facilitando la stabilità e la sicurezza di processi quali l’archiviazione e il flusso dei dati. Uno sforzo importante dovrebbe quindi andare verso la definizione e la promozione delle competenze, coordinando industria e università per assicurare che le aziende possano contare su un bacino di talenti adeguato alle loro esigenze.
La mancanza di lavoratori specializzati in ICT non affligge solo l’Europa – dove si stima che nei prossimi anni ne mancheranno circa 700 mila – ma anche gli Usa dove questo deficit sta assumendo le dimensioni di una vera e propria ‘crisi’.
Commentando i risultati dello studio, il Commissario Ue responsabile dell’Agenda digitale, Neelie Kroes, ha affermato che“per uscire dalla crisi, aziende e governi devono capire come incrementare la produttività attraverso le tecnologie e come l’Europa può essere più competitiva sul mercato globale. Dobbiamo capire – ha affermato Kreos – quello che le tecnologie emergenti significano per la performance e garantire che la spesa in nuove tecnologie produca un ritorno adeguato. che si tratti di investimenti pubblici o privati. Bisogna pertanto non solo prendere decisioni assennate, ma anche realizzare un ambiente in cui gli investimenti abbiano la massima possibilità di successo”.
L’aumento della produttività delle aziende è, insomma, una delle principali sfide che le aziende europee devono affrontare ma, appunto, non basta spendere in nuove tecnologie se in aziende non si hanno le piattaforme e le competenze per sfruttarle al massimo.
“Le nuove tecnologie devono poggiare su piattaforme mature e standardizzate. Essere agili e competitivi non vuol dire essere i più veloci, ma avere le capacità per essere veloci”, ha spiegato Andrew Edison, Regional Vice President EMEA di AT&T, sottolineando ancora che “il segreto sta nel disporre di una piattaforma matura e nell’evitare di affrettarsi ad adottare gli ultimissimi strumenti”.