Mondo
Una conferenza stampa all’aeroporto di Pechino per rispondere ai cronisti sul viaggio a Pyongyang. Così Eric Schmidt, presidente esecutivo di Google, ha raccontato d’essere stato in Corea del Nord – ufficialmente per la liberazione di un cittadino americano, Kenneth Bae, arrestato nella capitale coreana il mese scorso (con il quale però lui e il suo accompagnatore, l’ex governatore del New Mexico Bill Richardson, non sono riusciti a parlare, ndr) per promuovere la propria campagna Free and Open Web (Leggi Articolo Key4biz).
Un viaggio nella dittatura comunista più feroce del mondo per promuovere la libertà della rete? I capi di Mountain View vogliono farci credere questo? Il tutto mentre si genuflettono al governo cinese rimuovendo dal motore di ricerca i filtri anticensura?
Scusatemi, ma qualcosa non torna.
Allora, ricapitoliamo: Schmidt vola in Corea del Nord lunedì scorso, in missione privata, ma annunciata dalla stampa locale come visita ufficiale al Paese della delegazione americana di Google Corp; in questo viaggio, il presidente della compagnia americana dice d’aver sollecitato il regime ad aprire internet a renderlo accessibile a tutti.
“Il mondo diventa sempre più interconnesso – ha detto Schmidt – la loro decisione di rimanere virtualmente isolati è destinata ad avere conseguenze sul loro mondo e sulla loro economia”.
“Abbiamo vivamente incoraggiato il governo nord-coreano – ha aggiunto Richardson ai giornalisti – a diffondere l’uso di internet“.
Propositi auspicabili da tutto il mondo e che potremmo credere veritieri, se non fosse che a Pechino, sempre Google, sempre la stessa azienda che dice d’essere paladino del Free and Open Web, decide di capitolare dopo un annoso braccio di ferro alle richieste del governo e leva i filtri anticensura.
Cosa c’è dietro?
Forse in realtà l’azienda sta pensando ad espandersi sul mercato cinese, molto ricco, per assicurarsi anche qui la leadership nella ricerca online scalzando Baidu (74%)? Per questo, quindi, ha bisogno di avere relazioni pacifiche con la Cina?
Forse che in Corea del Nord ha propositi meno nobili della Liberta del Web, che magari hanno a che fare con un mercato ancora inesplorato e quasi vergine dal punto di vista tecnologico, visto che su 24 milioni di abitanti solo un migliaio possono accedere a internet e il resto deve accontentarsi di un’intranet?
Il web vero è, infatti, riservato una ristretta cerchia di persone vicine al regime e i cellulari solo per pochissimi e senza chiamate all’estero, per evitare effetti destabilizzanti per il potere. Google sta forse pensando che potrebbe fare interessanti affari in Corea del Nord, come ha già fatto l’egiziana Orascom?