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Nessuna grossa sorpresa dal lunghissimo CDA di Telecom Italia, protrattosi ieri per 7 ore e in cui si è comunque deliberato l’atteso mandato al management “…di verificare le condizioni per un’eventuale partecipazione della Cassa Depositi e Prestiti al capitale di una società da costituire per la gestione della rete d’accesso”.
Certo, la decisione non era scontata e non è detto che i negoziati portino effettivamente allo scorporo della rete fissa, visto che i nodi da sciogliere – in primis la valutazione dell’asset e, quindi, la governance della newco – restano tutti. La Borsa ha accolto bene la notizia e il titolo è salito in mattinata del 2% per poi chiudere in leggero calo.
Soddisfatti anche i piccoli azionisti di Asati, che auspicano che emerga presto dalla nuova organizzazione “la volontà definitiva di questa operazione strategica nell’interesse della Società e del Paese”.
Gli occhi ora sono puntati sul nuovo piano industriale della società, che dovrebbe essere presentato al prossimo cda del 7 febbraio e che – ha anticipato il presidente Franco Bernabè a novembre – comporterà un più aggressivo taglio dei costi, alla luce del previsto peggioramento della situazione macroeconomica.
La società, insomma, ha preso ancora tempo e la situazione è ancora tutta da definire alla luce anche delle recenti dichiarazioni del Commissario Agcom Maurizio Dècina che ha ‘aperto’ alla possibilità di passare da un modello orientato ai costi a uno orientato alla Rab (Regulatory Asset Base). Un modello innovativo, in cui il regolatore condivide il business plan con il gestore della rete assicurando il ritorno degli investimenti e decide i prezzi minimizzando i rischi di chi investe.
Un’ipotesi che è piaciuta anche al presidente della Cassa Depositi e Prestiti Franco Bassanini, secondo cui questo modello ha funzionato benissimo per le reti energetiche.
Tra le altre decisioni prese dal consiglio, il no – questo più scontato -all’offerta del magnate egiziano Naguib Sawiris, che si era offerto per una ricapitalizzazione da 3 miliardi di euro ma ai prezzi correnti (0,70 euro), ritenuta poco interessante dagli azionisti.
Nulla è invece emerso sul dossier GVT, la controllata brasiliana del conglomerato francese Vivendi, preda appetibile in funzioni delle mire di espansione Telecom nel paese sudamericano ma messa in vendita a un prezzo giudicato troppo alto (7 miliardi di euro).
Riguardo infine Telecom Italia Media, il consiglio ha confermato la volontà di proseguire sulla strada della cessione e analizzate le due offerte sul tavolo – quelle di Cairo Communications e del fondo Clessidra-Equinox – ha dato mandato al management di negoziare delle condizioni migliorative.