Italia
Con 127 voti favorevoli, 17 contrari e 23 astensioni, passa in Senato il Decreto Sviluppo bis. Accolto, quindi, il maxiemendamento interamente sostitutivo del ddl n. 3533 di conversione del decreto-legge n. 179, (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), in scadenza il 18 dicembre, sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia. Il testo attende adesso il via libera dalla Camera, ma se questi sono i presupposti, la strada si presenta già in salita.
Il Pdl ha, infatti, deciso di non partecipare al voto, pur garantendo il numero legale, “per esprimere nelle forme regolamentari consentite il passaggio del nostro gruppo a una posizione di astensione nei confronti del Governo“. Lo ha detto in Aula il capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri. In precedenza, alcuni senatori del Pdl erano intervenuti, motivando l’astensione con il disappunto nei confronti delle parole del Ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, che ha criticato l’ipotesi che Silvio Berlusconi si candidi alle politiche del prossimo anno.
Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd in Senato, ha stigmatizzato la “irresponsabilità” del Pdl, sottolineando il “problema politico di una evidenza senza limiti” derivante proprio dalla decisione di non partecipare alla fiducia.
“Il Pdl esce dalla ‘strana’ maggioranza – ha detto la Finocchiaro – e il governo non ha più la fiducia della maggioranza delle Aule parlamentari. Credo che Monti debba recarsi al Quirinale”. La capogruppo ha poi accusato il Popolo della libertà di essere “un coacervo di odi e rancori interni“, sottolineando che la decisione presa oggi “affossa la possibilità di avere un governo che accompagni la fine della Legislatura e pesa sul destino dell’Italia in un momento delicatissimo”.
Quello che doveva essere il decreto di rilancio dell’Italia nell’era digitale, fortemente chiesto anche dalla Ue che per voce del Commissario Neelie Kroes ha più volte ribadito che le misure per l’innovazione, volano della digital economy, non possono restare impigliate nelle reti delle beghe politiche, rischia di arenarsi.
Non solo il provvedimento appariva monco fin dalla sua nascita, dall’eCommerce ai troppi rinvii ai decreti attuativi per una serie di disposizioni riguardanti smart city o startup, ma è stato svuotato nel corso del suo iter di approvazione, per finire adesso intrappolato in una discussione meramente politica che non ha nulla a che vedere con l’avvio della digitalizzazione del Paese, dalla PA alla sanità, alla giustizia alla scuola, alla reti NGN e alle misure per colmare il digital divide.
Tutti i partiti avevano plaudito all’Agenda digitale, avevano detto che avrebbero contribuito al suo miglioramento e che il decreto doveva essere approvato prima della scadenza del mandato del governo Monti, perché urgente per l’Italia. E adesso?
Il testo, non solo risulta incompleto in tante parti, ma potrebbe addirittura saltare, essere rinviato a dopo le elezioni politiche, e a perderci, ancora una volta saranno le industrie del settore, che aspettavano come una manna dal cielo, queste misure legislative.
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha già incontrato i capigruppo di Camera e Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro nella sede del partito per discutere della tenuta del governo dopo la decisione del Pdl di astenersi sulla fiducia al Senato.
“Pensiamo che Napolitano con la sua saggezza troverà il modo per condurre la vicenda in modo ordinato“, ha detto Pierluigi Bersani, aggiungendo che comunque il Pd “non ha paura delle elezioni”.
Stasera è stato convocato un vertice alla Camera tra il segretario del Pd e il leader Udc Pierferdinando Casini, per discutere dell’astensione dal voto del Pdl.
A Palazzo Grazioli, invece, Berlusconi ha incontrato i suoi: il segretario Angelino Alfano, Ignazio La Russa, Denis Verdini, Maurizio Gasparri, Fabrizio Cicchitto, Altero Matteoli e Gianni Letta. Presente anche Guido Crosetto.