Maurizio Dècina, ‘da scorporo rete fissa leva per gli investimenti’. E Asati gioca al rialzo: ‘La rete vale 20 miliardi’

di Alessandra Talarico |

Secondo il commissario Agcom lo spin-off favorirebbe lo sviluppo del Paese. Intanto Asati auspica l’intervento della CDP, senza il quale si assisterebbe a una rovinosa ‘guerra tra poveri’. Franco Bassanini: ‘’Serve ministro per l’Agenda Digitale’.

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Incrementare la concorrenza nel settore della rete fissa portandola ai livelli di quella conseguita nel settore mobile e al contempo aumentare gli investimenti nelle reti ultraveloci. Sono questi i due principali obiettivi che potrebbero essere conseguiti con lo scorporo della rete fissa di Telecom Italia secondo il commissario Agcom, Maurizio Dècina.

“Questi obiettivi  lo scorporo li ottiene simultaneamente, dando inoltre fiducia agli investitori che potrebbero investire in una newco”, ha spiegato Dècina, sottolineando che un simile “cambio di passo” potrebbe “favorire lo sviluppo del Paese”.

 

Scendendo nei dettagli di quello che potrebbe essere il ruolo dell’Agcom una volta completato il progetto, Dècina ha affermato che “…se ci fosse una rete unica di accesso il regolatore potrebbe pensare di far evolvere la regolazione da un sistema orientato ai costi, come quello attuale, a uno orientato alla Rab (Regulatory Asset Base)”. Si tratta, ha aggiunto, di un modello innovativo “in cui il regolatore condivide il business plan con il gestore della rete assicurando il ritorno degli investimenti e decide i prezzi minimizzando i rischi di chi investe”.

 

E a proposito di ‘business plan’, sul tema dello scorporo è intervenuta anche l’Associazione piccoli azionisti Telecom Italia (Asati) che ha condotto una valutazione indipendente in cui vengono evidenziati i vantaggi dell’eventuale creazione di una newco della rete e del contestuale intervento finanziario della Cassa depositi e Prestiti. Asati ha inoltre realizzato un business plan in base al quale il valore della rete fissa si attesta a 15 miliardi di euro seguendo un’ottica puramente finanziaria e a 20 miliardi utilizzando invece un’ottica economica.

Sulla base di questa e altre valutazioni Asati propone quindi di cedere il 20% delle quote della newco alla CDP in cambio di non meno di 3 miliardi. Cifra che potrebbe essere reinvestita nelle operazioni di cablaggio (300/400 milioni per 5 anni) e nella riduzione del debito, con effetti benefici sull’autonomia finanziaria dell’azienda.

 

Tra i benefici che potrebbero derivare da questo progetto: aumento del volume degli investimenti annui di circa 350 milioni l’anno; creazione di nuovi posti di lavoro nell’ordine di 30 mila unità nei 5 anni successivi allo scorporo; attenuazione del digital divide tramite una adeguata attenzione alle zone a  “fallimento” di mercato; miglioramento della qualità del servizio da parte degli operatori; aumento delle risorse  per la ricerca, l’innovazione da parte degli operatori e in particolare di Telecom Italia.

Tali benefici – a cui si aggiungono quelli sociali, pari a 5 mld di euro derivanti dalla fruibilità di servizi quali la telemedicina, il telelavoro, la domotica, l’eGov e così via – dipendono ovviamente da diverse variabili, tra cui il perimetro e la valutazione delle infrastrutture di rete scorporate da Telecom Italia, l’apporto della CDP, il programma di investimento della newco e il relativo livello di autofinanziamento, dipendente dai ricavi ipotizzati e dai costi.

 

In vista del cda di domani, Asati ha inviato una lettera al premier Mario Monti per sottolineare la particolare situazione in cui versano le telecomunicazioni italiane che finora hanno fronteggiato “discontinuità operative e finanziarie” e contribuito “al contenimento dell’inflazione  unico settore con prezzi in continuo calo e attenuato il calo occupazionale”.

“Tuttavia – spiega Asati – la congiuntura in atto, che ha eroso il mercato e il livello di indebitamento non consentono di realizzare volumi di investimenti adeguati alle esigenze infrastrutturali del Paese e capaci anche di dare maggiori occasioni di lavoro”.

 

“Dopo l’investimento della CDP, grazie alle operazioni di cablaggio e riduzione del debito, l’azienda sarebbe più appetibile sul mercato. E le previsioni sulla risalita del titolo sarebbero tali da richiamare nuove risorse attraverso aumenti di capitale”, stima l’Associazione che chiede di scongiurare la guerra tra poveri che nascerebbe senza l’intervento della CDP.

Una competizione deleteria soprattutto per le aree più povere del Paese e che restituirebbe – conclude Asati –  “un’Italia a due, tre, quattro velocità”.

 

Il presidente della CDP, Franco Bassanini, dal canto suo ha fatto di nuovo presente la disponibilità dell’istituzione finanziaria a investire nelle reti tlc, per le quali, ha detto, “servono investitori di lungo termine, che sono sempre più rari, ma CDP è uno di questi”.

Bassanini ha ricordato che “le banche non sono in grado di investire, sia per le condizioni in cui si trovano che per i vincoli di Basilea 3” ed è quindi necessario attirare l’interesse di soggetti stranieri, come i fondi pensione, “per creare le condizioni di una sinergia virtuosa, di una collaborazione tra i pochi investitori a lungo termine” in modo da “unire le forze con gli attuali operatori per finanziare l’investimento”.

Positivo il giudizio del presidente della CDP sulla proposta avanzata da Maurizio Dècina sulla possibilità che in futuro il Garante si muova verso un sistema di regolazione tariffaria non orientato solo ai costi ma alla remunerazione degli investimenti che, ha affermato, per le reti energetiche “ha funzionato benissimo”.

 

Bassanini, d’accordo con il Capo del dipartimento Comunicazioni del Mise Roberto Sambuco ha infine lanciato la proposta di nominare un ministro ad hoc per l’attuazione dell’Agenda digitale: “Ci vuole nel Governo un responsabile, un coordinatore dotato di poteri – ha affermato il presidente CDP – Si potrebbe benissimo istituire un ministro senza portafoglio, così come esiste nella Commissione europea”.

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