Italia
Alla base della spending review per le Pubbliche amministrazioni è “rimuovere la ‘maledizione’, con noi da quasi 60 anni, che vede il settore pubblico italiano condannato a una scarsa efficienza tecnologica strutturale, rispetto al sistema produttivo privato“.
E’ ciò che pensa il Ministro per i Rapporti con Parlamento, Piero Giarda, che ha evidenziato, intervenendo oggi a Roma a un convegno sull’efficienza energetica della PA, l’importanza degli interventi volti a rendere più efficienti le attività produttive pubbliche, e quindi abbattere i costi fiscali legati alla scarsa produttività.
Per Giarda, “L’innovazione serve per ridurre i costi“, per questa ragione ben vengano tutte le iniziative, anche quelle per l’efficienza energetica, volte a ridurre il peso di questi costi.
La spesa pubblica, ha poi spiegato il Ministro, al netto degli interessi è di circa 730 miliardi di euro, più 70-80 d’interessi sul debito. Una parte consistente delle tasse, 330 miliardi circa, vanno a finanziare pensioni e interessi. L’altra metà della spesa è diretta all’acquisto di beni e servizi che hanno un impatto diretto sull’economia, vale a dire investimenti, acquisto di merci, energia e redditi da lavoro.
Giarda ha ricordato che la spesa per consumi pubblici è una categoria da sempre con un tasso di crescita dei costi di produzione più alto di quello per i beni privati.
“C’è dunque – ha indicato il Ministro – un’arretratezza tecnologica. E’ un settore i cui costi aumentano di più delle alternative, e cioè i costi di produzione privati”.
Giarda ha quindi indicato i settori produttivi dello Stato: “Il più grosso è la scuola, il secondo è la sanità, il terzo la sicurezza. Poi ci sono i servizi degli enti locali e la difesa. Nei processi produttivi di tutti questi comparti il fattore lavoro è prevalente e c’è un tasso di progresso tecnologico molto basso”.
Per il ministro, non è una sorpresa “che con questa struttura di produzione, la dinamica dei costi sia ‘tirata’ da quella salariale”. In Italia, ha precisato, i salari pubblici sono simili a quelli del settore privato, dove, però, c’è molta più intensità di capitale e di tecnologia.
A conferma delle dichiarazioni di Giarda, Assinform evidenzia come gli investimenti in ICT da parte della PA siano in calo, con una flessione media annua del 3,2% tra il 2008 e il 2011, dovuta a disinvestimenti sia nel comparto IT che in quello TLC.
Nel IV Rapporto I-Com, presentato oggi a Roma, si stima in oltre 4,6 miliardi di euro i risparmi potenziali stimati della digitalizzazione di alcuni servizi, ipotizzando che tutti gli utenti siano dotati di accesso alla rete, e in 2,8 miliardi, tenendo conto solo di quelli che al 2011 potevano usufruire della connessione.
In tutto questo, si attende che entro il prossimo 18 dicembre sia convertito in legge il Decreto Crescita 2.0, che dovrebbe dotare anche l’Italia della sua Agenda digitale. Questa settima il testo dovrebbe ottenere il voto del Senato, anche se, per quanto riguarda la digitalizzazione della PA, sono già tante le critiche per gli eccessivi rinvii ai decreti attuativi mentre ancora il CAD aspetta le regole tecniche per poter effettivamente funzionare.
Intanto arriva il credito d’imposta per le reti Ngn. La Commissione Industria del Senato ha approvato un emendamento al Decreto crescita che concede l’agevolazione fiscale anche per i progetti di sviluppo per la rete a banda ultralarga.
Il credito d’imposta, secondo la modifica del Pd, sarà riconosciuto “a soggetti privati che partecipano, anche in associazione con altri soggetti privati, alla realizzazione di progetti finalizzati allo sviluppo delle reti Ngn sul territorio nazionale, d’importo inferiore a 500 milioni, predisposti da un’apposita società di capitali costituita a tal fine dalla Cdp“, entro quattro mesi dall’entrata in vigore del decreto.